Da una parte ci sono i Verdi e i liberali della Fdp che trattano per capitalizzare la loro influenza; dall’altra i partiti popolari, Cdu e Spd, che fanno anticamera. Un altro modo di descrivere la scena è che da una parte i giovani guidano il processo per formare una coalizione, mentre gli anziani per una volta sono costretti a saltare un turno. Ad Armin Laschet, il grande sconfitto della Cdu, in questi giorni i suoi sessant’anni devono pesare parecchio. Anche perché a differenza di Olaf Scholz, che pure ne ha sessantatré, non porta al Bundestag un gruppo parlamentare giovane come quello della Spd. La Cdu è il partito che è stato più punito dal voto dei giovani. I risultati delle elezioni in Germania sono l’immagine del grande divario generazionale. Se si guarda poi a come stanno evolvendo le trattative, con i partiti più votati dai giovani che hanno preso in mano il primo giro di consultazioni sfilando il giocattolo ai partiti popolari, si vede quanto il loro voto stia pesando nella definizione della direzione della politica nei prossimi anni.

Lanciando la coalizione “semaforo” (Spd-Verdi-Fpd) Scholz ha ripetuto il ritornello del governo zukunftsorientiert, orientato al futuro. I risultati elettorali non incoronano la Spd come partito particolarmente attento al futuro, ma con la componente verde e liberale che Scholz sapientemente corteggia le cose potrebbero cambiare.

I numeri

Gli elettori sotto i 25 anni che hanno votato per Spd e Cdu sono rispettivamente il 15 e il 10 per cento. Sono numeri in netto calo rispetto al 2017: i partiti hanno perso il 5 e il 14 per cento. Il risultato complessivo (26 e 24 per cento) dice che i due partiti storici tedeschi parlano sempre meno alle nuove generazioni. La conferma definitiva arriva dai risultati del voto degli over 70: in quella fetta di popolazione i socialdemocratici hanno portato a casa il 35 per cento delle preferenze, i conservatori il 38.

Le Volksparteien sono arrivate appena a un quarto delle preferenze tra i più giovani, mentre Verdi e liberali hanno fatto il pieno: il 23 per cento degli elettori sotto i 25 anni ha votato i Grüne, il 21 per cento la Fdp. Nel voto si riflette la contrapposizione tra Fdp e Grüne, dualismo moderno tra destra e sinistra. Hanno contribuito anche i dati anagrafici dei maggiorenti del partito. I Verdi hanno una segreteria doppia: oltre alla quarantenne candidata cancelliera Annalena Baerbock, il volto più noto del partito è Robert Habeck, 52 anni. Stesso discorso per i liberali, che hanno un leader di 42 anni, con tre vice, di cui una di 51 anni e uno di 39.

Ma l’attrazione che queste formazioni esercitano sui giovani non si esaurisce in una contrapposizione di sistemi valoriali e questioni d’immagine. Quello che ha pagato sono state le posizioni su temi che i giovani non hanno visto adeguatamente affrontati dai partiti tradizionali. L’esempio più evidente è la lotta al cambiamento climatico, che solo la Spd ha saputo integrare in maniera credibile nel proprio programma elettorale. Il grande successo della Fdp era meno prevedibile. I liberali tradizionalmente non sono associati a un elettorato giovane, soprattutto in tempi in cui semplicisticamente i ragazzi vengono associati alle manifestazioni dei Fridays for Future.

A fare la differenza per il partito liberale sono state le proposte per rilanciare la ripresa post Covid-19. Un altro punto sensibile è la pianificazione della digitalizzazione del paese (su cui i Verdi sono percepiti come più ambigui). Sembra un tema secondario, ma sullo sviluppo delle infrastrutture digitali la Germania è inaspettatamente indietro e, nonostante annunci altisonanti, la grande coalizione non è riuscita a combinare molto. Ha giocato un ruolo importante anche la tutela della libertà individuale, questione estramente sensibile in tempi di lockdown e limitazioni pandemiche. L’unico partito a criticare il governo su questo punto, a parte l’estrema destra di AfD, è stata la Fdp.

Il problema dei volti

Ai giovani sono parsi lontanissimi anche i candidati dei partiti tradizionali. Vale per Laschet e Scholz ma anche per chi è stato presentato nei collegi. La Spd è riuscita a recuperare in parte schierando negli scontri diretti candidati più giovani, mentre il problema si è posto soprattutto per la Cdu. Nel partito di Angela Merkel milita anche qualche volto meno anziano, ma questi candidati, spesso molto polarizzanti, sono stati per lo più sconfitti.

Il caso di scuola è Philipp Amthor, che con la sua presenza mediatica ingombrante era diventato la govane speranza dei conservatori più duri. Amthor aveva vinto il suo collegio nel Meclemburgo-Pomerania anteriore la prima volta a 24 anni nel 2017: stavolta il seggio, da sempre in mano alla Cdu, è andato per la prima volta a un candidato socialdemocratico. Amthor entrerà lo stesso in parlamento grazie a un listino bloccato, ma la sconfitta brucia. Nelle ultime settimane la Cdu ha disperatamente cercato di recuperare terreno anche sulle tematiche più care all’elettorato giovane, senza successo.

La Spd ha avuto più successo nell’intercettare i temi importanti per i giovani. I socialdemocratici appaiono ancora come la forza più affidabile per la gestione delle questioni come il cambiamento climatico e possono contare sulla fiducia dell’elettorato nella capacità di affrontare le crisi. Il tentativo di rivolgersi in maniera più convincente anche ai giovani si vede nelle caratteristiche del nuovo gruppo parlamentare socialdemocratico.

Il 56 per cento dei 206 deputati che rappresenteranno la Spd al Bundestag ha meno di 40 anni, il 25 per cento meno di 30 anni e l’età media è di 45: gli elettori giovani pesano sul nuovo governo.

Nella lista del nuovo gruppo parlamentare conservatore i giovani sono pochi. La Cdu non ha convinto gli elettori del campo conservatore, ma non stupisce che, ad esempio, l’associazione giovanile dei Verdi si sia già opposta a una coalizione “Giamaica” con la Cdu. La Fdp per il momento tende ancora una mano ai conservatori, ma i tentennamenti della Cdu su quando fissare le consultazioni e la responsabilità nei confronti dell’elettorato giovane che ha messo i liberali nella condizione di trattare da una posizione di favore non dovrebbero lasciare Christian Lindner indifferente.

Ma i giovani hanno consegnato ai partiti che hanno scelto anche una responsabilità: Verdi e liberali erano a un passo dall’ingresso nel governo già nel 2017, quando Lindner si tirò fuori dalle trattative all’ultimo spiegando che preferiva «non governare che governare male». Una mossa che all’epoca gli fece guadagnare molto rispetto, ma che è difficilmente replicabile una seconda volta. Con il “semaforo” o la “Giamaica”, i giovani tedeschi vogliono contare e governare.

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