«Never say never. In politica non devi mai dire “mai”». Così Witold Waszczykowski, ex ministro degli Esteri polacco e oggi presidio del Pis in Ue, risponde alla domanda se gli ultraconservatori alleati di Meloni siano disposti ad allearsi coi fascisti di Konfederacja pur di mantenere il potere. E la questione non è periferica. È il vero punto delle elezioni che si tengono questa domenica in Polonia.

Se Donald Tusk, il leader dell’opposizione, riuscirà a scalzare il Pis, ci sono buone probabilità che il paese torni a sintonizzarsi sullo stato di diritto in Polonia e sull’integrazione politica in Europa. Ma se invece gli ultraconservatori dovessero restare al governo, non ci sarà semplicemente un mantenimento dello status quo, già disastroso in termini di tenuta democratica. No: la Polonia slitterà ancor di più verso l’estrema destra.

E lo farà anche l’Ue, perché sul test elettorale del Pis, che fa parte dei Conservatori europei, si giocano gli equilibri politici e istituzionali in Europa. Queste elezioni sono polacche, ma sono anche e inestricabilmente europee.

La sfida di Donald Tusk

Ha governato la Polonia dal 2007 al 2014, Donald Tusk, e da almeno un paio d’anni lavora per riprendersi il governo. Alle presidenziali dell’estate 2020 il suo partito, Platforma obywatelska, Piattaforma civica, aveva perso la presidenza della Repubblica per un soffio e per due soli punti percentuali al secondo turno: con la sua campagna omofoba, Andrzej Duda l’ha conservata per sé e per il Pis.

L’anno seguente, la «piattaforma civica» che Tusk aveva fondato vent’anni prima si è trovata rasoterra nei consensi, al 12 per cento. Così il volto giovane del partito, il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, che aveva corso – e perso – per la presidenza, ha dovuto digerire il ritorno da Bruxelles del fondatore. Donald Tusk, già presidente del Consiglio europeo fino al 2019, ha lasciato che Manfred Weber lo rimpiazzasse alla presidenza del Ppe per tornare a Varsavia. L’obiettivo: scalzare il Pis.

Dunque nell’autunno 2021, mentre gli ultraconservatori al governo minavano l’ordinamento europeo con “Polexit”, Tusk faceva leva sull’europeismo per chiamare in piazza i polacchi: «Invito tutti coloro che vogliono difendere una Polonia europea a convogliare a piazza del Castello a Varsavia».

Vista dalle piazze, la campagna elettorale di Tusk è un crescendo dalla manifestazione di giugno a quella di ottobre, la «marcia di un milione di cuori».

Tusk unisce, il Pis divide

Per vincere, il centrodestra di Tusk opera con una strategia opposta a quella del Pis: mentre gli ultraconservatori polarizzano, aggrediscono e dividono, Platforma deve riconciliare e ricomporre. Il partito di governo ha scatenato contro l’oppositore le procure e i provvedimenti ad hoc, e accusa Tusk di voler svendere la Polonia a Berlino e Bruxelles, con una campagna elettorale di inedita violenza (e non è che le precedenti fossero tenere).

Tusk invece di dividere deve attrarre, anzitutto chi prima ha votato Pis, quindi l’elettorato di destra, ma pure i giovani e la sinistra. Non a caso nei suoi discorsi è ben presente la parola ojczyzna, la patria: il leader di Platforma intende dire che l’orgoglio nazionale non è prerogativa del Pis.

Al contempo ha costruito alleanze con i movimenti, sia per il diritto all’aborto che per il clima. Nella Koalicja obywatelska (la “Coalizione civica”) con il leader Tusk e con Platforma ci sono tanto i Verdi che i partitini liberali e gli agricoltori. Si va da nomi di Strajk Kobiet, lo “sciopero delle donne”, al populismo agrario di Michał Kołodziejczak, il leader di Agrounia, che prova a strappare al Pis il suo pezzo forte, cioè le campagne.

Per citare le parole di Donald Tusk, «non siamo qui per cercare differenze tra di noi. Dobbiamo prevalere contro il male».

Destre sempre più estreme

Il giurista Adam Bodnar, che era il difensore civico polacco – e che da ombudsman ha difeso i diritti di donne e gay quando Pis li attaccava – adesso è candidato al Senato con la Coalizione. E non ha dubbi sul fatto che «se non vinciamo, lo stato di diritto in Polonia verrà del tutto smantellato».

Farcela non è semplice: anche gli ultimi sondaggi danno Pis sopra la formazione di Tusk. Le energie che l’opposizione sta mobilitando conteranno: per esempio il numero di polacchi che si è registrato per votare dall’estero ha raggiunto un livello record; non a caso, il governo di recente ha fatto passare un provvedimento che lascia solo 24 ore alle commissioni estere per contare i voti, e il ministero degli Esteri dichiara spudoratamente che in alcune situazioni non si farà in tempo.

Farà la differenza il grado di mobilitazione delle nuove generazioni, che nel leader del Pis, Jarosław Kaczyński, non si riconoscono, e invocano uno stato laico. Conterà la capacità delle “fasce esterne” di garantire o meno seggi a Tusk: oltre alla sinistra, Lewica, c’è il terzo polo polacco, con la figura chiave di Szymon Hołownia, leader di Polonia 2050, ex conduttore tv che guarda all’elettorato moderato.

Il punto è che se l’area tuskiana andrà forte, ma non abbastanza, a quel punto il Pis, da partito in sé più votato, per avere una maggioranza di governo userà come stampella la destra ancora più estrema. Già il Pis ha messo nelle sue liste fascisti come Robert Bąkiewicz, amico di Forza Nuova. Poi potrebbe usare seggi di Konfederacja, i neofascisti in ascesa che invocano il liberismo più selvaggio.

Lo scrittore polacco Marcin Kącki, che su di loro ha scritto il libro Chłopcy. Idą po Polskę, è convinto che un accordo tra Pis e Konfederacja sarà plausibile. «Konfederacja vuole distruggere il sistema, ce l’ha con gli ucraini, ha tra i membri nazionalisti, fascisti, fondamentalisti cattolici e ha tra gli amici Roberto Fiore e Forza Nuova», spiega.

Insomma se già il Pis si comporta da destra estrema, da lunedì potrebbe estremizzarsi ancor più; e con Meloni nella stessa famiglia politica europea.

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