Eccoci di nuovo insieme, Europa!
Siamo alla cinquantanovesima edizione dello European Focus!
Sono Viktória Serdült, la caporedattrice di questa settimana, e ti scrivo da Budapest.
Sono nata e cresciuta nella capitale ungherese, e provengo da una famiglia di lavoratori agricoli. Ogni estate trascorrevo settimane a casa dei miei nonni nell’Ungheria orientale, meravigliandomi alla vista dei trattori che aravano, lavoravano il terreno e piantavano.
Riesco ancora a sentire le parole di mia nonna risuonare nelle mie orecchie: «Vedi? È da qui che viene il nostro cibo».
Non potevo immaginare che qualche decennio dopo i trattori avrebbero simboleggiato qualcosa di completamente diverso in tutto il continente: il malcontento.
Dalla Francia alla Romania, gli agricoltori bloccano le strade per protestare contro le proprie condizioni di vita e di lavoro, e contro le minacce che individuano nella politica agricola comune dell’Unione europea. In previsione delle prossime elezioni per il Parlamento europeo, i partiti politici si stanno mobilitando per sostenerli.

Mentre gli agricoltori affrontano difficoltà simili in ogni paese, la vera forza trainante dietro alle loro proteste può essere diversa di caso in caso.
Si tratta solo di malcontento nei confronti dell’Ue? Di uno scontro con il proprio governo? Di disuguaglianze di mercato? O di tutto ciò messo insieme?
Questo è esattamente ciò che i miei colleghi provenienti da diversi angoli del continente spiegano nella newsletter di questa settimana.
Viktória Serdült, caporedattrice di questa settimana


L'ESTREMA DESTRA TEDESCA SALTA SUL TRATTORE

L’attuale ondata di proteste degli agricoltori mescola delle genuine rimostranze al radicalismo politico. Foto dal profilo Pixabay di doosenwacker

BERLINO - Gli avvenimenti si sono sviluppati in modo piuttosto caotico: all’inizio di gennaio, i manifestanti hanno ostacolato Robert Habeck, il ministro dell'Economia e delle Politiche per il clima, al suo rientro in traghetto dall’isola di Hooge, al largo della costa settentrionale del paese, impedendogli di sbarcare. Centinaia di persone si sono presentate per esprimere le proprie rimostranze; sebbene la situazione non sia degenerata, ha creato le premesse per un mese di intense proteste.
Gli agricoltori in tutta la Germania sono furiosi per i piani del governo di tagliare le loro agevolazioni fiscali, in particolare quelle sul gasolio e sulle immatricolazioni dei veicoli.
Ma mentre la maggior parte delle proteste, iniziate a dicembre, sono state pacifiche, alcune sono andate troppo oltre.
In città quali Kassel, Stoccarda e Berlino, a una forca è stato appeso un semaforo, simbolo della coalizione dei tre partiti al governo.
Ad accomunare questi episodi c’è un gruppo noto come Landvolk, un movimento in origine fondato negli anni Venti nel nord della Germania in risposta alla crisi agricola del tempo. La sua attività andava dal boicottaggio fiscale al piazzare di esplosivi, e ha contribuito a spianare la strada ai nazisti.
Oggi Landvolk è tornato di moda in alcuni ambienti. La sua bandiera è stata sventolata in diversi luoghi durante le sempre più numerose proteste agricole.
I partiti di estrema destra, come AfD, stanno cercando di trarre profitto dal malcontento degli agricoltori. Si uniscono alle proteste ed esprimono solidarietà.
Nel frattempo, l’Associazione tedesca degli agricoltori ha preso le distanze da questi «idioti che sognano di rovesciare il governo».
Per ora, esperti e autorità non vedono segni di radicalizzazione nei movimenti degli agricoltori. Ma se anche gli estremisti rimanessero ai margini, la situazione sembra più preoccupante in alcune parti della Germania orientale.
Negli ultimi anni, diversi villaggi sono stati occupati dai cosiddetti “coloni etnici” che, con il pretesto dell’agricoltura biologica e della salvaguardia dell’ambiente, diffondono il messaggio della superiorità della razza tedesca, ripudiando al contempo la società democratica.
Dal momento che quest’anno in tre stati federali della Germania orientale si terranno le elezioni, è di fondamentale importanza rimanere vigili.
Alexander Kloss è un reporter del Tagesspiegel


IL NUMERO DELLA SETTIMANA: 55

PARIGI - Gli agricoltori francesi lavorano circa 55 ore a settimana, rispetto alle 37 ore del lavoratore medio. In nessun’altra professione le persone lavorano così duramente.
Le loro condizioni di lavoro e di vita si sono deteriorate negli ultimi anni. Si trovano di fronte a un calo dei redditi, a debiti elevati, alla crescita dei costi di produzione, alla chiusura delle aziende agricole e alla mancanza di tempo libero.
Nel tentativo di ottenere qualche concessione dal governo, da lunedì gli agricoltori hanno bloccato diverse strade intorno a Parigi.
Tra le misure per le quali fanno pressione, c'è la speranza in una legge che proibisca l’acquisto di prodotti agricoli a prezzi inferiori al costo di produzione.
Ma bloccando le strade, gli agricoltori rischiano anche di dilapidare il sostegno dell'opinione pubblica francese.
Léa Masseguin fa parte della redazione Esteri di Libération


TRA KIEV E GLI AGRICOLTORI UE QUESTO È SOLO L'INIZIO

Il blocco di un incrocio in Polonia, febbraio 2023. Foto Oszukana Wieś/Facebook

KIEV - Per quasi un anno, i valichi della frontiera occidentale dell’Ucraina non hanno consentito un passaggio verso l'Ue sempre fluido, perché spesso venivano occupati da manifestanti.
La prima volta, a farlo sono stati gli agricoltori polacchi: lo scorso aprile, hanno bloccato i punti di controllo tra i due paesi.
A novembre, i camionisti in Polonia hanno realizzato un blocco stradale che è diventato sempre più lungo ed esteso:in seguito, a loro si sono uniti gli agricoltori.
Per settimane hanno permesso solamente il passaggio di aiuti umanitari e di un numero limitato di camion commerciali verso l’Ucraina, causando notevoli ritardi nelle forniture per l’esercito ucraino. Ciò ha comportato perdite da circa un miliardo e mezzo di dollari per l’economia ucraina solo nel periodo di novembre e dicembre.
Sia gli agricoltori che i camionisti hanno richiesto una regolamentazione più severa nei confronti delle loro controparti ucraine, che quando è iniziata l'invasione russa su vasta scala godevano di fatto degli stessi diritti dei camionisti dell'Ue. I vicini dell'Ucraina hanno accusato pesantemente il colpo.
I polacchi temevano il dumping dei prezzi dei beni e dei servizi. I cereali e la logistica a basso costo hanno sconvolto i loro mercati. Ad esempio, a causa dell’afflusso di cereali ucraini, in una delle borse agricole polacche nel 2023 il grano è stato venduto a metà prezzo rispetto al 2021.
Le emozioni degli agricoltori polacchi sono descritte nel modo migliore dal nome del loro gruppo di iniziativa: Campagne Ingannate. Sentimenti simili sono stati espressi dai loro colleghi romeni, slovacchi e ungheresi. Negli ultimi tre mesi, tutti i valichi di frontiera tra questi paesi e l’Ucraina sono stati bloccati per ore, o anche settimane.
Questo è solo l’inizio della storia. Dal momento che Kiev ha già avviato con Bruxelles i negoziati per l'adesione all'Unione europea, un giorno il mercato ucraino si fonderà con quello dell'Ue. E l’Ucraina è una potenza agricola. Il grano è solo uno dei suoi prodotti.
Il paese è anche uno dei principali esportatori mondiali di mais, orzo e colza. L'Ucraina è anche produttrice di pomodori, miele e pollame. Dunque, gli agricoltori dell’Ue hanno validi motivi per essere preoccupati.
È necessario un complesso processo di allineamento delle due economie. Altrimenti ci saranno altre proteste, forse anche più rumorose.
Anton Semyzhenko si occupa della sezione in lingua inglese di Babel.ua


QUI NIENTE FLIRT, LA DESTRA ESTREMA È AVVERTITA

BUCAREST - La senatrice di estrema destra Diana Șoșoacă - uno dei personaggi che più fanno scandalo in Romania - è stata lasciata sola nella piazza della Costituzione di Bucarest dopo aver organizzato una manifestazione in sostegno degli agricoltori del paese.
Gli agricoltori romeni stanno protestando in tutto il paese dal dieci gennaio, chiedendo il controllo del transito del cereali ucraini attraverso la Romania.
Inoltre, hanno chiesto al governo di mantenere la riduzione delle accise sul gasolio utilizzato in agricoltura. Hanno anche protestato contro il rafforzamento da parte delle autorità degli standard di salvaguardia dell’ambiente nel settore agricolo.
I partiti di estrema destra AUR e SOS Ro, quest’ultimo di Diana Șoșoacă, volevano unirsi ai manifestanti.
Tuttavia, gli agricoltori hanno preso le distanze da entrambi.
Nonostante il partito di Diana Șoșoacă abbia ricevuto il permesso di portare a manifestare nella capitale cinquemila persone, cento trattori e cento autoarticolati, è stato tutto inutile.
Gli agricoltori hanno preferito manifestare nei sobborghi di Bucarest per evitare di essere associati all’estrema destra rumena.
La didascalia accanto al post in alto prende ironicamente in giro la situazione: “Decine di migliaia di patrioti hanno protestato oggi a fianco degli agricoltori e della leader di SOS, Diana Șoșoacă, in piazza della Costituzione”.
Boróka Parászka è una reporter e commentatrice di HVG


LE CONTRADDIZIONI INTERNE ALL'ESTREMA DESTRA

L'intervistato

MADRID - Gli agricoltori stanno protestando in tutta Europa, e l’estrema destra si erge a loro campionessa. In realtà la narrazione protezionista dei manifestanti si scontra con le agende economiche neoliberiste di alcuni esponenti dell’estrema destra. Questa contraddizione viene messa in luce da Guillermo Fernández-Vázquez, l'autore di "Cosa fare con l’estrema destra in Europa. Il caso del Fronte Nazionale".
Stiamo assistendo a proteste diffuse da parte degli agricoltori in tutta Europa. In che modo vengono sfruttate dall’estrema destra?
Quasi tutti i gruppi europei di estrema destra stanno proponendo quella che loro definiscono “protezione” dei settori dell’economia che considerano strategici da un punto di vista nazionale o puramente elettorale. Lamentano che l’Ue imponga troppi controlli, rendendo il settore primario poco competitivo nei confronti dei paesi terzi.
Qual è la situazione in Spagna?
Piuttosto sorprendente: il partito di estrema destra Vox, nel suo tentativo di diventare il partito degli agricoltori, è quello che mette in evidenza in maniera più esplicita le richieste del settore agricolo, che lamenta la concorrenza del Nord Africa.
Alle ultime elezioni, sui manifesti elettorali di Vox oltre allo slogan generale “Vota per quello che conta”, ce n’era un altro che recitava “Vota Vox, vota campo” (“Vota Vox, vota per le campagne”).
È palese che Vox volesse essere identificato come un partito che rappresenta gli agricoltori. Il problema è che questa narrazione protezionista stride con le misure neoliberiste che la stessa Vox ha nel suo programma.
In che modo questa dualità tra protezionismo e misure economiche liberiste diventa conflittuale?
La destra radicale europea (ad eccezione della Francia) ha preferito porre l'accento sull'identità culturale piuttosto che sull'economia, la quale è stata vista semplicemente come un pretesto per tornare a parlare del solito tormentone: l'immigrazione. Tuttora va così.
Per esempio, in Castiglia e León, dove Vox detiene la vicepresidenza, da un lato questo partito divulga un discorso protezionista, ma allo stesso tempo se si guarda alla sua attività nel parlamentino locale si vede che vota per misure tipicamente neoliberiste; lo si è visto ad esempio sul tema dell’eliminazione dei sussidi ai datori di lavoro e ai sindacati.
In realtà, questo progetto politico rivela ancora tutte le sue incoerenze sul versante economico. Queste contraddizioni producono peraltro problemi tra l'ala più nettamente liberista e altri tipi di narrazioni che talvolta diventano prevalenti.
Alicia Alamillos si occupa di politica internazionale a El Confidencial


Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva info@europeanfocus.eu se vuoi mandarcela in inglese, oppure a francesca.debenedetti@editorialedomani.it
Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti


(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti)

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