Il futuro cancelliere supera i molti mal di pancia e porta a casa con una netta maggioranza la modifica costituzionale con l’apertura epocale all’indebitamento. Vittoria (anche morale) dei Verdi che incassano inediti investimenti green. AfD e Wagenknecht all’attacco: «Golpe finanziario»
Tutto è bene quel che finisce bene. Come da previsioni, il Bundestag ha approvato la modifica costituzionale per allentare il freno al debito, la famigerata Schuldenbremse che per anni è stata il feticcio del partito di Angela Merkel. Il capo della Cdu però oggi è Friedrich Merz, e la differenza si sente.
La modifica permetterà la sospensione del freno per spese militari oltre l’1 per cento del Pil (circa 44 miliardi di euro) e garantirà anche maggiore spazio di manovra ai Land, che potranno indebitarsi fino allo 0,35 per cento del proprio Pil.
La proposta di Merz è passata (al Bundestag della vecchia legislatura, un’astuzia parlamentare necessaria per raggiungere con maggiore facilità la maggioranza qualificata dei due terzi necessari per intervenire sul Grundgesetz) con 513 voti favorevoli. Parecchi di più dei 489 necessari per superare la soglia critica, qualcuno di meno dei 520 che i tre gruppi parlamentari di Cdu/Csu, Spd e Verdi, che alla fine hanno concesso la loro collaborazione, avrebbero dovuto fornire complessivamente. Alla vigilia del voto i franchi tiratori già messi in conto erano 3-4, alla fine sono stati qualcuno in più.
Sfida interna
I mal di pancia sono stati parecchi soprattutto dentro il partito di Merz: disattendere le promesse della campagna elettorale e lanciarsi immediatamente nella sottoscrizione di nuovo debito, per altro con una consultazione del partito che qualcuno ha giudicato più che superficiale, non è piaciuto.
Di conseguenza, negli ultimi giorni precedenti al voto veniva sottolineato da più parti il fatto che Merz non abbia mai avuto nessuna esperienza di amministrazione: la prova sarebbe nei passi falsi di Merz, come quando il futuro cancelliere per proporre un compromesso ai Verdi non ha saputo trovare nessuno strumento più adatto di un messaggio registrato sulla segreteria telefonica di una delle due capogruppo ecologiste.
La notizia è stata ragione di gomitate e sorrisi ironici per tutta la scorsa settimana, con una certa impressione che Merz non fosse del tutto all’altezza del compito che lo aspetta. Ed è vero, dopo un’inversione a U in termini economici, le aspettative ora si alzano sugli altri temi cari alla Cdu, a partire proprio da sicurezza, attenzione alle imprese e questioni migratorie. Merz ne è ben consapevole e si è giocato bene la portata storica della sua prima mossa da cancelliere.
Primo passo
«Vogliamo costruire passo dopo passo un sistema di difesa europeo. Ecco perché voglio provare a contestualizzare il voto di oggi che non è niente di meno che il primo grande passo verso una nuova comunità di difesa europea» ha detto ai parlamentari. A fine giornata, il primo ostacolo è superato, ma a che costo.
L’iniziativa di Merz, che crea un precedente che verosimilmente sbloccherà anche gli investimenti degli altri paesi in termini di difesa, espone infatti la Cdu agli attacchi dei liberali – il nuovo leader Christian Dürr ha profetizzato al futuro cancelliere che il suo governo resterà nella memoria collettiva per «tanti soldi e nessuna riforma» – e a quelle decisamente più pericolose di AfD, che parla già di «golpe finanziario».
Anche Sahra Wagenknecht, nel suo ultimo intervento al Bundestag, attacca ad alzo zero, accusando i partiti di centro di portare progressivamente AfD verso la maggioranza assoluta, i Verdi di essere «pazzi per la guerra» e, utilizzando un paragone improprio, la Spd di aver votato i “crediti di guerra” come quelli che nel 1914 permisero alla Germania di intraprendere la guerra d’aggressione.
Nonostante tutto, Merz ha portato a casa un voto epocale spalleggiato più dalla Spd che dai suoi, evitando i ricorsi depositati da AfD e Linke in Corte costituzionale per evitare il voto all’ultimo, ma mettendo in sicurezza anche il voto al Bundesrat, la seconda Camera federale dove il provvedimento rischiava di affondare, ironia della sorte, per la mancanza dei voti bavaresi.
Per fortuna di Merz, il dominus della Csu (il partito gemello regionale della Cdu) Markus Söder ha saputo convincere, più con le cattive che con le buone, i suoi alleati a Monaco, i liberali Freie Wähler, che rischiavano di mettersi di traverso di fronte a un nuovo indebitamento. Ma anche i Verdi escono vittoriosi dalla trattativa: hanno ceduto in fretta alle richieste di Merz, negoziando però in maniera eccelsa.
Alla fine, Cdu e Spd mettono infatti a disposizione i fondi più generosi che si siano mai visti per iniziative green nella storia tedesca, compresi i periodi in cui erano in carica governi sostenuti dagli ecologisti. Anche sul pacchetto difesa, i Verdi hanno incontrato una disponibilità pressoché totale sulle loro priorità: hanno ottenuto per esempio il potenziamento dei servizi segreti e della protezione civile, oltre che della cybersicurezza, 100 miliardi di disponibilità per progetti di transizione energetica e aiuti economici per paesi aggrediti come l’Ucraina.
Il primo atto del governo Merz è compiuto, ora gli serve soltanto, per modo di dire, un esecutivo. Le trattative procedono con lentezza. Ma il futuro cancelliere avrà gli occhi addosso: l’AfD lo bersaglierà da destra, i Verdi hanno aderito alla sua iniziativa, ma hanno fatto pesare la loro disponibilità e hanno promesso che lo terranno d’occhio.
Effettivamente, la strada della tolleranza verso il debito è sempre stato un loro cavallo di battaglia e insieme al cancelliere socialdemocratico uscente Olaf Scholz che ha seguito il dibattito per l’ultima volta dal suo posto sui banchi di governo si sono scontrati a più riprese con la rigidità estrema della Fdp su questo punto. Insomma, i Verdi portano a casa anche una vittoria morale, dimostrando alla Cdu e al paese che alla fine anche i cristianodemocratici hanno dovuto riconoscere la superiorità della loro strategia.
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