Manon Aubry è la leader della sinistra all’Europarlamento. Per il suo partito, che è la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, ha partecipato ai negoziati con gli altri partiti – verdi, socialisti e formazioni di sinistra – per la costituzione di un’unione di sinistra ecologista, la Nupes (Nouvelle Union populaire écologique et sociale). L’unione ha funzionato alle elezioni legislative in Francia. Ora Aubry punta a esportare il modello su scala europea, in vista del voto del 2024.

Tra i socialisti francesi c’è ancora chi non si rassegna all’unione a sinistra. Immagino che lei conosca bene queste resistenze, visto che era a negoziare con loro notte e giorno l’accordo che ha portato alla nascita della Nupes. L’unione reggerà?

In Francia sentivo dire sin dalle scorse europee – da quando sono entrata in politica insomma – che la sinistra avrebbe fatto la stessa fine di quella italiana: sarebbe scomparsa o si sarebbe sgretolata. Alle scorse presidenziali abbiamo invece dimostrato che c’è una speranza: affrontando insieme crisi sociale e climatica è possibile dare una risposta radicale alternativa al macronismo. Per un soffio Mélenchon non è passato al secondo turno, e a quel punto come France Insoumise avevamo una grande responsabilità: i socialisti erano collassati sotto il 2 per cento. Era il momento di aprire le porte e creare un accordo storico: tutti dicevano che era impossibile e invece, lavorando notte e giorno, ci siamo accordati non solo su candidati e collegi, ma anche su un programma e centinaia di proposte. Il prossimo passo è andare al potere e rimpiazzare Macron: se non lo facciamo noi, lo farà l’estrema destra. Bisogna stare uniti. A chi, all’interno dei partiti, dice «basta Nupes» rispondo: come, scusate? Allora non avete imparato nulla?

Nella nostra intervista di giugno lei auspicava un’estensione del modello Nupes su scala europea. Non pare che i socialisti siano dell’idea, c’è anzi una percezione di competizione interna coi verdi. Intanto la destra è sempre più aggressiva, i popolari flirtano coi meloniani. Lei sta lavorando attivamente a un’unione per le europee 2024?

C’è chi non esita a buttar giù barriere, quelle tra destra e destra estrema: Weber, il leader del Ppe, guarda a Meloni. In Francia la destra si avvicina a Le Pen, in Svezia governa con il supporto dell’estrema destra. Se non ci uniamo prevarrà la destra estrema. I socialisti sono ancora persuasi di poter governare assieme al Ppe, ma io li avverto che i tempi stanno cambiando: Ppe e socialisti da soli non reggono una maggioranza, a destra non vale più il cordone sanitario, e soprattutto io vedo un valore aggiunto nell’unire le forze. Abbiamo sperimentato più volte, ultimamente all’Europarlamento, che se facciamo blocco riusciamo a orientare le scelte. Di recente la sinistra ha ottenuto risultati quando ha proposto una risoluzione a tema industriale senza il supporto della destra: i liberali di Renew hanno percepito la pressione, hanno dovuto scegliere se stare con noi o no. Io penso che i socialisti, specialmente dopo lo scandalo Qatar, dovrebbero avere un po’ di umiltà, pensare anzitutto a fare pulizia nella loro casa politica, e dare spazio a verdi e sinistra per avviare le giuste riforme etiche. Sul tema della corruzione, i socialisti sono stati troppo permissivi prima, e sono poco proattivi ora. Devono essere chiari sul fatto che la nostra democrazia non è in vendita. Dopodiché stiamo lavorando per avere un più forte blocco di sinistra.

Ne ha parlato con la capogruppo socialista?

Sì, ho detto a Iratxe García Pérez che se mantiene le vecchie abitudini, se continua a negoziare anzitutto col Ppe, e poi coi liberali di Renew, il risultato saranno provvedimenti più di destra. Le ho fatto presente che se invece costruisce un blocco con verdi e sinistra, anche se di per sé non ha la maggioranza, può fare pressione e spostare l’aula verso scelte più di sinistra. Esiste una maggioranza possibile senza il Ppe: dovremmo smettere di concedergli tutto.

Che lettura dà delle primarie del Pd?

Non voglio interferire troppo con la politica italiana, ma so per certo che il Pd ha rappresentato un buon esempio di un partito socialista che perde la bussola. La stessa cosa è accaduta in Francia: nel 2012 c’era molta speranza verso Hollande, ma quell’esperienza è stata così spiazzante che cinque anni dopo i socialisti erano debolissimi. In Italia il Pd ha supportato l’aumento dell’età pensionabile, mentre non ho visto un gran sostegno ai servizi pubblici contro la loro privatizzazione, per esempio. Il Pd sta perdendo la rotta a sinistra. Spero che le primarie lo aiutino a trovare la sua direzione: se non ci sarà chiarezza, finirà come i socialisti francesi, che alle ultime presidenziali erano sotto il 2 per cento, e cioè collasserà.

Esiste un Mélenchon italiano? Conte pare voler replicare la stessa operazione, ma ha cambiato giacca più volte. Le sue mosse politiche la convincono?

Non può esistere un altro Mélenchon, ma è positivo che sia d’ispirazione; alle ultime elezioni italiane Unione popolare ha tentato un copincolla della Nupes. Sui Cinque stelle dico: è chiaro che oggi scontano il fatto di aver governato con la destra, ma ho trovato interessante la loro ultima campagna elettorale perché hanno riempito il vuoto lasciato a sinistra dal Pd, che intanto è diventato un partito liberal; e si sono mostrati anche attenti al tema climatico. Esiste in Italia un potenziale per la sinistra, purché le promesse corrispondano poi ai fatti e non si prendano derive neoliberiste.

Per ricostruire la sinistra punterebbe più sul segretario del Pd o su Conte?

Forse su entrambi, e su tutte le componenti di sinistra: serve più di un uomo – o meglio ancora una donna – perché serve un collettivo e soprattutto un programma chiaro. Questa è la lezione che traggo dalla mia esperienza in Francia.

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