L’ultima cosa in cui Andrej Babis è arrivato primo è il vaccino contro il Covid-19: il 27 dicembre, a Praga, ha voluto per sé la prima dose distribuita nella Repubblica Ceca. Il premier ceco possiede già quasi tutto: secondo la classifica di Forbes è la seconda persona più ricca del paese, con quasi 5 miliardi. Ciò che la classifica non dice, e che neppure la Commissione europea vuole rendere pubblico, è quanti di quei soldi arrivano dall’Europa. Infatti, come emerge sia da inchieste giornalistiche che da report istituzionali dell’Unione europea, il premier-magnate dirotta i fondi dell’Unione verso le sue aziende. Le stime parlano di decine di milioni all’anno. Insomma se Babis può apparire un euroscettico per il posizionamento nel gruppo di Visegrád, in realtà è un euro-opportunista. Non a caso non ha seguito Polonia e Ungheria nella mossa di porre il veto sui fondi Ue.

A modo suo Babis è autore di un capolavoro della realpolitik. Ha in mano l’impero agroalimentare del suo paese, controlla un colosso dei media, eppure ha sfondato in politica usando la retorica anticorruzione. Concerta coi leader europei le sorti dei fondi comuni, poi ne attira su di sé milioni. Un enorme conflitto di interessi che rimane perlopiù impunito. «Babis mi ricorda Berlusconi» dice Martin Ehl del quotidiano economico Hospodarske noviny. «A Praga siamo rassegnati: sappiamo che il premier ha un conflitto di interessi, ma che se la cava sempre. Nel 2021 ci saranno nuove elezioni e l’opposizione, se si coalizza, può batterlo».

Controllare un paese

Babis viene dall’élite slovacca, il padre era negoziatore nel commercio internazionale, la sua istruzione inizia in una scuola privata svizzera. A Bratislava torna per laurearsi, si specializza in commercio internazionale, entra nel partito comunista. La sua carriera inizia in un’azienda chimica, Petrimex, di cui diventa presto rappresentante in Marocco. Gli archivi della polizia segreta comunista lo indicano tra i propri agenti. Lui si difende: «A mia insaputa». Quando negli anni Novanta torna in patria la sua ascesa è fulminante. Nel 1992 è già a capo di una divisione di Petrimex. Poi Repubblica Ceca e Slovacchia si dividono e Babis assume le redini dell’ala ceca, Agrofert. Come sia arrivato ad averne il controllo è tuttora in parte un mistero. Lui dà il merito a «vecchi compagni di scuola svizzeri». In realtà pare si tratti di fondi stranieri opachi e di entrature politiche.

Oggi Agrofert è un conglomerato da 900 compagnie, con rami dalla Germania alla Russia. Sette anni fa Babis ha acquisito anche Mafra, colosso dei media: controlla due noti quotidiani, alcune tv e radio. Il Centro per il pluralismo dei media Ue dice che oggi la concentrazione di mercato è eccessiva e «il fatto che i proprietari siano politici come Babis mette a rischio l’indipendenza editoriale». Con il controllo su economia e media arriva l’ascesa in politica, anch’essa rapida: nel 2011 fonda Ano, “azione dei cittadini scontenti”, movimento populista centrista (in Ue è nel gruppo liberale) che basa il proprio consenso sulla rabbia verso la corruzione. Nel 2014 diventa ministro delle Finanze. Dal 2017, con Ano al 30 per cento, è premier.

Conflitto d’interessi europeo

Nei giorni scorsi è emerso da una fuga di documenti che la Commissione Ue accusa il premier di conflitto di interessi. Lui si difende dicendo che nel 2017 ha trasferito le aziende a due fondi fiduciari. Ma i revisori Ue mostrano che ne rimane l’unico beneficiario e ne ha il controllo diretto. Babis, sia al governo che a capo del Consiglio nazionale dei fondi strutturali, da anni influenza le decisioni sulla distribuzione dei fondi Ue. Dirottandoli verso il suo impero. Ad aprile 2019, l’allora commissario al Bilancio Günther Oettinger ha ammesso che il problema era stato segnalato già da un anno, ma era rimasto a lungo inaffrontato. Da allora sono stati redatti una serie di audit, rapporti sull’uso di vari fondi Ue (sviluppo rurale, sociale, coesione, solidarietà). «Ma la Commissione non li rende pubblici», dice Michèle Rivasi, che siede, per i Verdi, nella commissione Controllo bilancio dell’Europarlamento.

Il dialogo tra Ue e autorità ceche è in corso. Sappiamo che Bruxelles ha chiesto all’azienda di Babis di restituire 11 milioni per frode sui fondi di coesione del 2018. L’anno prima una delle società, Stork Nest, ha dovuto restituire 2 milioni. Al colosso dell’agricoltura fanno gola pure i fondi Ue per la politica agricola, e il New York Times ha stimato che nel 2019 almeno 42 milioni di sussidi sono andati a un’azienda del premier. «Non basta che Bruxelles chieda indietro 11 milioni. Pure i nuovi tipi di fondi “per la giusta transizione” finiranno a Agrofert. La Commissione risolva il problema alla radice» dice Rivasi. La questione, si direbbe, riguarda lo stato di diritto. La vicepresidente della Commissione Ue, Vera Jourova, che ha la delega allo stato di diritto, è stata vicepresidente di Ano.

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