Ha settant’anni e fuori dal suo Lussemburgo è conosciuto solo dagli europeisti incalliti che ne ricordano la direttiva sul salario minimo o che hanno presente l’organigramma della Commissione europea: Nicolas Schmit è tuttora in carica come commissario al Lavoro.

Come mai allora oggi, alla Nuvola di Roma, con una sfilza di leader sul palco – dal cancelliere tedesco Olaf Scholz al premier spagnolo Pedro Sánchez, e con la segretaria Pd Elly Schlein – i socialisti europei riuniti in congresso consacreranno proprio Schmit come il loro spitzenkandidat, e cioè come il loro candidato alla presidenza della Commissione europea?

È perfetto perché a doppio strato: da fuori, è l’illusione di un mondo che sta sbiadendo; è l’eco dei partiti operai, dell’Europa sociale e dell’antifascismo. Da dentro, è la concretezza del compromesso: abituato ai corridoi ministeriali da quarant’anni, in Lussemburgo era abituato a cooperare con l’altro campo – più volte ministro, ha avuto la delega al Lavoro con Jean-Claude Juncker premier – e poi a Bruxelles ha convissuto con von der Leyen presidente. Della quale tuttora difende la presidenza.

Perché intraprendere una sfida data per persa?

Perché penso che la Commissione guidata da von der Leyen abbia fatto un buon lavoro, ma che possiamo fare meglio, e non mollare sui temi a noi cari.

Intanto von der Leyen viene spesso in Italia al traino di Giorgia Meloni. E se i popolari vi chiedessero di digerire Fratelli d’Italia? Nel 2019 la presidente è stata votata da Fidesz e Pis…

Non concepisco un’alleanza con l’estrema destra, con Conservatori o Identità e democrazia. Fare un compromesso stabile o concessioni non è possibile per noi.

Neppure solo con Fratelli d’Italia?

Su questo punto bisogna vedere anche come va avanti il dialogo in Consiglio europeo. Ma perché bisognerebbe considerare Meloni in modo diverso dal resto del suo gruppo? L’estrema destra è incompatibile con i nostri valori sociali e democratici.

Perché una ragazza, magari un’attivista climatica, dovrebbe scegliere i socialisti e lei come leader che ha già un passato politico almeno ventennale?

Perché difendiamo il Green Deal, proteggiamo la democrazia, o vogliono un regime autoritario come in Ungheria?

Non è un po’ troppo sulla difensiva questo piano? Perché non un fronte progressista con uno stile più aggressivo?

Prometto che non sarò sulla difensiva.

Con l’ipotesi di un secondo mandato von der Leyen qual è la vostra priorità negoziale?

Non mettere in discussione ciò che abbiamo fatto, continuare con un’Europa sociale e combinare Green Deal e sviluppo industriale.

Von der Leyen in campagna elettorale è sempre più a favore delle corporation e propone più fondi all’industria militare. E lei che parla di Europa sociale che ne pensa?

Pure io sono per la difesa comune, e quanto all’Europa sociale, anch’io incontro spesso l’industria, penso si debba trovare il giusto equilibrio.

La direttiva per i lavoratori delle piattaforme, da lei proposta, è stata bloccata anche dal governo tedesco, il cui cancelliere è qui a Roma al congresso…

Il cancelliere è socialista, ma guida una coalizione… Le cose sono più complesse.

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