Negli ultimi trent’anni sono stati distrutti in Croazia più di tremila monumenti. Sono finiti nel mirino i monumenti dedicati a coloro che durante la Seconda guerra mondiale avevano combattuto per la libertà del popolo croato, contro l’occupazione. La storia della rimozione dei monumenti in Croazia è ben diversa da quella dei movimenti emersi di recente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Belgio, dove persone indignate hanno distrutto le statue di generali e politici associati al passato coloniale e razzista, di schiavisti, conquistatori, colonizzatori, o di personaggi che avevano perpetrato il genocidio sulle popolazioni indigene. 

Il ruolo dell’Europa

Dal 2019, da quando cioè il parlamento europeo ha adottato la risoluzione sull’Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa, questo memoricidio avviene pure con i soldi europei. Nella risoluzione, che condanna ogni totalitarismo, si equiparano nazismo e comunismo. I nazionalisti croati hanno tradotto questo come un beneplacito delle loro azioni, e con i fondi europei hanno continuato a distruggere o trasformare i memoriali dedicati agli antifascisti e alle vittime del nazifascismo.

Dopo che a dicembre 2020 Branko Dukić, il sindaco di Zara, membro del partito nazionalista Unione democratica croata (Hdz), ha deciso di rimuovere un’installazione antifascista dalle mura della città, che sono sotto la protezione dell’Unesco, i veterani antifascisti hanno chiesto aiuto a Bruxelles.

In loro nome l’eurodeputato socialdemocratico Predrag Matić ha chiesto un’azione rapida «contro la devastazione culturale in atto nella Croazia e i tentativi delle autorità locali di rimuovere monumenti storici dalle città e quindi dalla nostra memoria».

Storia di rimozioni

Stjepan Filipović poco prima dell'impiccagione

Il primo a finire abbattuto è stato il monumento all’eroe popolare Stjepan Filipović, a Opuzen, sua città natale. Nel 1992, appena due mesi dopo la proclamazione dell’indipendenza della Croazia dalla Jugoslavia, la sua statua è stata fatta saltare con una forte carica di esplosivo.

Stjepan Filipović, antifascista, fu impiccato dai nazisti tedeschi nel 1942. Con il cappio intorno al collo, le braccia alzate in segno di sfida, prima di morire gridò: «Smrt fašizmu, sloboda narodu! Morte al fascismo, libertà al popolo!». La fotografia di Filipović, scattata un minuto prima della morte, è tuttora un forte simbolo della lotta per la libertà. Una copia è esposta nell’aula del palazzo delle Nazioni Unite a New York e una è nel museo dell’Olocausto a Washington.

Dopo la distruzione del monumento a Filipović si è continuato a rimuovere con martelli, ruspe e dinamite i monumenti che ricordavano il passato della Croazia quando faceva parte della Jugoslavia, ma soprattutto il passato antifascista.

Secondo la storica dell’arte Sanja Horvatinčić, dietro la devastazione di migliaia di monumenti dedicati agli antifascisti e alle vittime del fascismo in Croazia ci sono il revisionismo storico e il negazionismo. «La profanazione di questi monumenti è inaccettabile. Questi luoghi sono storicamente importanti e fanno parte della memoria collettiva», dice Horvatinčić.

Abbattere la storia

Negli ultimi tre decenni sono state demolite targhe, busti, sculture, parchi e cimiteri commemorativi dell’antifascismo. Tra questi anche parecchi monumenti ispirati al modernismo e all’arte astratta, di notevole valore artistico. Le sculture in questione, in pietra o in acciaio inossidabile, spesso di forme futuristiche e giganti, erano opere di scultori di fama internazionale come Dušan Džamonja, Vojin Bakić, Antun Augustinčić, Edo Mutrić, Bogdan Bogdanović.

Lo storico dell’arte Zlatko Uzelac ricorda che i membri dell’esercito croato si erano vantati del loro duro lavoro e della grande quantità di dinamite che era servita per distruggere a Kamensko nel 1992 il Monumento del popolo-eroe della Slavonia, opera del rinomato scultore croato Vojin Bakić.

Questa scultura monumentale, in acciaio inossidabile, era alta 30 metri e raffigurava due ali spiegate. All’epoca era il più grande monumento astratto modernista del mondo e, per la forma e il materiale utilizzato, ha anticipato il celebre museo Guggenheim a Bilbao in Spagna.

«Era un monumento alla bellezza», aveva detto un altro eccellente storico dell’arte croato Tonko Marojević.

A Petrova Gora si trova un altro monumento dello stesso autore: un’opera architettonico-plastica in cemento armato rivestita con pannelli di acciaio inossidabile in memoria dell’insurrezione del popolo di Kordun e Banija contro gli ustascia. La costruzione, durante la guerra degli anni Novanta, fu danneggiata e poi abbandonata, lasciata alla mercé dei vandali, saccheggiata e demolita.

Lo stesso destino l’hanno avuto il mosaico murale a Čazma in memoria dei combattenti caduti nella lotta popolare per la liberazione, dell’autore Edo Murtić, l’opera scultorea di Antun Augustinčićsull’isola di Vis e moltissimi altri monumenti.

Riabilitazioni allarmanti

Dopo l’ennesimo caso, il noto storico croato Dragan Markovina ha scritto che «si tratta di puro revisionismo, ideologia radicale di destra e infine di azione anti-croata in cui non c’è posto per la vera tradizione, le vittime, i monumenti e i grandi artisti».

Parallelamente alla distruzione dei monumenti antifascisti vengono riabilitati sia l’iconografia che i personaggi legati allo Stato Indipendente di Croazia (Ndh) che rappresenta un passaggio buio e vergognoso della storia croata. Lo Ndh (1941-1945) era guidato dal movimento ustascia, aveva adottato le leggi razziali e aveva costruito a Jasenovac un campo di sterminio dove furono deportati e uccisi almeno centomila ebrei, serbi, zingari e antifascisti.

Nella Croazia odierna si erigono monumenti a personaggi di spicco del movimento ustascia come Jure Francetić, si intitolano strade a famigerati ustascia, si saluta con il motto “za dom spremni!” (per la patria, pronti!), che corrisponde al saluto nazista siegheil. E la politica ufficiale difende questo saluto con la menzogna che si tratta di «un’antica tradizione popolare».

Le responsabilità della politica

«Nella Croazia di oggi emergono idee che sono, per molti versi, simili alle idee dello NDH e suscitano preoccupazione. Questa tendenza si sta intensificando dopo l’adesione della Croazia all’Unione europea», dice Zoran Pusić, uno dei fondatori del Comitato civico per i diritti umani in Croazia.

Eppure la Croazia sorta dopo la dissoluzione della Jugoslavia ha introdotto l’antifascismo nella sua Costituzione come uno dei principi fondanti dello stato.

«Sfortunatamente, queste si sono rivelate solo parole vuote. Il suo scopo principale era presentare una certa immagine della Croazia all’estero», dice il professor Dean Duda dell’Università di Zagabria.

Più esplicito è il presidente dell’Alleanza dei combattenti antifascisti e degli antifascisti croati (Saba) Franjo Habulin che dice: «Il virus del fascismo, il flirtare con lo Stato fascista NDH e la diffamazione dell’antifascismo sono ormai una componente permanente della scena politica e pubblica croata e minacciano sempre più la democrazia croata».

I colpevoli della distruzione dei monumenti antifascisti non sono mai stati trovati né condannati e lo stato non si è mai pronunciato a riguardo. Per ironia della sorte, molti di questi monumenti demoliti sono tuttora sull’elenco del patrimonio protetto della Croazia, ovviamente solo sulla carta.

Recentemente alcune sculture commemorative sono state riparate o recuperate dalla discarica grazie all’impegno di persone comuni che credono ancora nei valori e nell’importanza dell’antifascismo. È iniziata un’azione per riparare, ricomporre i pezzi e innalzare di nuovo il monumento a Stjepan Filipović in Croazia.

«È importante che l’eroe antifascista Stjepan Filipović sollevi di nuovo in alto i pugni in Croazia, in segno di resistenza e fiducia nella vittoria. Perché ogni monumento europeo relativo alla seconda guerra mondiale è un messaggio che l’Europa si basa fermamente sui valori antifascisti di tolleranza, pace e comprensione», ha scritto il giornalista croato Ladislav Tomičić.

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