Olaf Scholz ha portato a casa la legalizzazione della cannabis. Da aprile infatti, è legale – entro certi limiti – consumare cannabis in Germania. «Bubatz bald legal» – «erba legale a breve» – aveva scritto a fine marzo sul suo profilo X il ministro delle Finanze Christian Lindner, sfuggendo al suo aplomb da falco dell’austerità per il tempo di un tweet accompagnato dall’emoji del cavolfiore, alter ego della Marijuana in gergo social. In quei giorni, il Bundesrat stava superando gli ultimi ostacoli al via libera alla proposta di legge che era già presente nel contratto di coalizione firmato a fine 2021 per comporre la complicata maggioranza Semaforo.

Da allora Spd, Verdi e Fdp non hanno praticamente più smesso di litigare, ma alla fine la legalizzazione è arrivata. 

Continua a esserci chi non è d’accordo: la Cdu è contraria, come anche la AfD. Temono che la parziale legalizzazione faciliti l’approccio con le droghe leggere e di conseguenza il passaggio alle droghe pesanti. Il capo della Cdu Friedrich Merz nei giorni scorsi si è limitato a definire la decisione «sbagliata», poi ha confessato in un’intervista di aver fatto un tiro da giovane che però sarebbe stato «terrificante».

Ma anche il capo dei cristianodemocratici era ben consapevole che la legge non si poteva più rallentare: per bloccarla al Bundesrat, la seconda camera federale del parlamento tedesco, sarebbe stata necessaria una maggioranza di Land che attivamente si schierasse contro il testo già approvato al Bundestag, un tentativo che hanno lanciato alcune delle regioni governate dalla destra ma che è fallito clamorosamente. 

E così, da aprile per i maggiorenni è possibile detenere 25 grammi di cannabis per uso ricreativo personale, coltivare tre piante a testa nella propria abitazione e tenervi fino a 50 grammi di prodotto. Dal primo luglio, poi, sarà possibile entrare a far parte dei club di coltivatori – autorizzati da un permesso rinnovabile – che permettono l’acquisto di fino a 25 grammi al giorno e fino a 50 al mese tra i membri. 

Compromesso

Tutto facile, apparentemente. A parte il fatto che si tratta di un testo che è il risultato di un compromesso, visto che il piano originario era quello di permettere una legalizzazione completa.

A criticare questa possibilità è stata stata una parte della comunità scientifica. Non hanno apprezzato la prima versione della legge né quella che alla fine è entrata in vigore neanche le amministrazioni regionali, che vedono problemi rilevanti per quanto riguarda la possibilità di farla rispettare.

La legge prevede infatti anche che il consumo avvenga a distanza di sicurezza da scuole e impianti sportivi, una norma che richiederebbe controlli costanti difficili da organizzare. Anche se, obiettano i sostenitori della legalizzazione, i controlli ci sono sempre stati, anzi erano (o sarebbero dovuti essere) più stringenti.

La protezione delle fasce più giovani della popolazione – che comunque non possono acquistare la cannabis legalmente – è una pietra angolare del nuovo provvedimento e torna più volte anche anche nel policy paper firmato dall’Istituto per la ricerca su droghe e dipendenze (Isd) che accompagna il provvedimento.

Il documento indica esplicitamente che la legalizzazione parziale in altri paesi non ha portato automaticamente a un aumento del consumo giovanile, ma che invece c’è stata una riduzione del mercato illegale. I consumatori – che comunque nel 2021 erano 4,5 milioni – scelgono dove procurarsi il prodotto in base a prezzo, qualità, fiducia nel rivenditore e comodità: se si offre loro un’alternativa – è il ragionamento – che è superiore a quella illegale in tutte queste categorie, è improbabile che si continuino a rivolgere agli spacciatori illegali. 

È proprio la lotta allo spaccio l’altra gamba su cui poggia il provvedimento, insieme con la tutela della salute di chi fa uso di cannabis, visto che la qualità del prodotto sarà controllata periodicamente dalle autorità.

La ricerca dell’Isd dimostra anche che i ricoveri d’urgenza dopo la legalizzazione aumentano soltanto in maniera limitata e non c’è evidenza per una aumento delle diagnosi psicotiche. 

Ci dovrebbero essere ricadute normative anche per quanto riguarda il codice della strada: al ministero dei Trasporti stanno già elaborando una norma per fissare  il valore di Thc – la sostanza psicotropa contenuta nella cannabis – concesso per chi è alla guida, un po’ come funziona per il limite al tasso alcolemico.

Ai giuristi interessano anche le conseguenze della legalizzazione sulla legislazione europea, visto che è considerato verosimile che la decisione del governo possa attirare del turismo transfrontaliero delle sostanze, una circostanza che potrebbe mettere in discussione anche l’atteggiamento proibizionista dei paesi confinanti. 

A portare a casa il progetto è stato soprattutto il ministro della Salute Karl Lauterbach. Medico e responsabile salute della Spd, Lauterbach si è guadagnato gran parte della sua credibilità durante la pandemia, ma l’ha mantenuta anche su questo tema nonostante abbia letteralmente capovolto la sua opinione.

Da oppositore della legalizzazione è passato a essere il più convinto difensore di questa scelta, che gli è stata rinfacciata da molti intervistatori.

La risposta che il ministro propone a tutti è sempre la stessa, cioè che sono cambiate le circostanze: «È aumentata la concentrazione di tossine contenute nel prodotto che viene commercializzato sul mercato illegale, che dobbiamo prosciugare. La via migliore per farlo è attraverso una legalizzazione controllata, con un’attenzione particolare per bambini e adolescenti». 

Per misurare l’efficacia del provvedimento (ed eventuali effetti collaterali) sono previste diverse valutazioni, a diciotto mesi dal via libera, dopo due anni e poi dopo quattro. Di sicuro, non farà male alla popolarità del governo Scholz. 

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