Se c’è una cosa su cui gli attivisti come i Fridays for Future e Greenpeace sono in sintonia con le grandi banche di investimento, tra le quali Goldman Sachs e JP Morgan, è che considerare «verdi» gas e nucleare è un passo falso. La Commissione europea in fondo lo sa, e infatti oggi a ufficializzare quel passo, in conferenza stampa, non si è presentata Ursula von der Leyen; il vice Valdis Dombrovskis all’ultimo si è dato malato. Ma comunque il passo è stato fatto: dopo un collegio dei commissari turbolento, e con voti contrari e astensioni dentro la Commissione stessa, l’irlandese Mairead McGuinness, che ha la delega ai servizi finanziari, ha presentato la versione ufficiale della tassonomia. Questo atto delegato classifica quali sono le attività economiche sostenibili per il clima, è fatto per orientare gli investimenti. Nelle intenzioni originarie doveva fare dell’Ue la leader del clima; è diventato un simbolo di greenwashing e della resa di Bruxelles a governi e lobby.

Il passo falso di Bruxelles

La tassonomia nasce per orientare gli investimenti verso attività economiche verdi. «La cosa stomachevole – dice il verde olandese Bas Eickhout, relatore per l’Europarlamento sulla tassonomia – è che la Commissione doveva seguire orientamenti scientifici e invece ha fatto tutt’altro: ha ignorato il parere contrario degli esperti e si è piegata al compromesso politico con Emmanuel Macron e altri leader». Il presidente francese ha congegnato una alleanza tra paesi pro nucleare, come il suo, e pro gas, come Italia, Visegrad, Germania.

La pressione dei governi si è sommata a quella delle lobby di gas e nucleare, che hanno intensificato gli incontri coi funzionari Ue e le spese in attività lobbistica per influenzare Bruxelles. La notte di Capodanno, la bozza di von der Leyen è filtrata, e così è emerso il piano: dare l’etichetta verde a gas e nucleare, proprio come i governi hanno chiesto a gran voce nel Consiglio di ottobre. La Piattaforma sulla finanza sostenibile, che affianca la Commissione con il suo parere, e che ha tra i componenti tanto esperti di ambiente quanto la Banca europea degli investimenti, si è espressa con durezza sulla bozza di Capodanno.

Ma Bruxelles non ha tenuto conto delle contrarietà degli esperti, e nemmeno dei voti contrari nel collegio dei commissari (è filtrato il no di Johannes Hahn, Elisa Ferreira e Josep Borrell, pare si siano astenuti Frans Timmermans, Margrethe Vestager, Nicolas Schmit e Virginijus Sinkevicius): oggi ha confermato i suoi piani. Una «soluzione imperfetta» per ammissione di McGuinness, che la difende sulla base della crisi energetica in corso e della «necessità di energie di transizione» dal carbone alle rinnovabili: «La tassonomia lascia liberi gli stati di scegliere il mix energetico, è uno strumento per i mercati, non una politica».

Old Generation Eu

Ma anche in un paese che non investe sul nucleare, «un pensionato che si affida a una banca per un fondo pensionistico green rischia di trovarsi in mano investimenti che sono ben poco verdi», fa l’esempio Ariadna Rodrigo di Greenpeace, che accusa Macron e la Commissione di «greenwashing». E l’impatto della bussola europea per gli investimenti è ampio. «La discussione in corso sul patto di stabilità e crescita, sul debito, sarà influenzata dal dibattito sulla tassonomia», dice Bas Eickhout: se l’Ue punta sempre più sulla spesa verde, è indicativo cosa Bruxelles ritiene verde. Non a caso Paul Tang, il socialdemocratico che segue il tema dei green bond all’Europarlamento, ha parlato della «necessità di innalzare gli standard». Il mercato è persino più avanti della Commissione: il gruppo istituzionale degli investitori sul cambiamento climatico, che comprende Goldman Sachs e JP Morgan, dice che questa tassonomia «mina le ambizioni climatiche dell’Ue». Difficile che sia il Consiglio a bloccarla però: troppi governi sono a favore. Il parere del nostro ministero di Economia e finanza è che questa tassonomia non solo è buona, ma per il gas si poteva essere più flessibili con le emissioni. Solo pochi sono nettamente contro, come Austria e Lussemburgo che paventano azioni legali contro la Commissione. La scommessa ora è trovare in Europarlamento una maggioranza per affossarla: sinistra e verdi ci stanno, tra i socialdemocratici il consenso si trova, il resto è da vedere. Consiglio e Parlamento Ue hanno quattro mesi, più altri eventuali due, per obiettare all’atto di Bruxelles.

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