I popolari europei continuano a prendersela con le ong e a fiaccare i progressi dell’Ue contro le lobby. Ieri la presidente dell’Europarlamento ha radunato i capigruppo per tirare le fila sulla riforma etica promessa a dicembre. Ma ora che la Tangentopoli europea fa meno rumore, è più semplice per gli oppositori sabotare i piani. Il Ppe, che già prima dello scandalo Qatar aveva fatto ostruzionismo sull’organo etico indipendente, sta indebolendo anche il processo in corso. Per dirne una, si è opposto a una commissione di inchiesta ad hoc: tutto si risolverà col rinnovo del mandato alla commissione Interferenze straniere. La strategia del Ppe è costante negli anni: indebolire le riforme etiche e bersagliare la società civile. La lista di proposte arrivata ieri dai popolari in conferenza dei presidenti è su questa linea: il Ppe ha avanzato emendamenti aggiuntivi per la pubblicità di informazioni sulle ong, ma lavora di sottrazione su quelle relative agli eurodeputati. L’atteggiamento può risultare paradossale se si pensa che il principale gruppo politico toccato dallo scandalo è quello socialista. Ma la bufera ha lambito anche figure della destra: esponenti del Ppe e del Pis polacco alleato di Meloni.

Margaritis Schinas

«Il Qatar ha fatto le riforme e merita un successo globale», dichiarava Margaritis Schinas, il commissario Ue, quando lo scandalo non era esploso e il Qatar ospitava i Mondiali. Mentre non ha mai espresso disapprovazione per le violazioni dei diritti, il commissario ha spesso elogiato il Qatar, da lui definito in un’intervista del 2021 «un polo di potere, di influenza e di ispirazione». I viaggi di Schinas nei paesi del Golfo sono stati frequenti e in condizioni lussuose. A Dubai ha partecipato all’Expo, e la Commissione stessa ha riconosciuto che «gli Emirati hanno offerto alloggio ai vip presenti». Quando Ursula von der Leyen ha distribuito le deleghe, al commissario greco ha dato la European way of life. Uno «stile di vita europeo» che Schinas interpreta a modo suo. È uno dei più aggressivi sostenitori di un’Europa fortezza; incarna la linea del suo partito, lo stesso del premier Kyriakos Mitsotakis, sponda amica di Meloni nel Ppe. Nea Demokratia è anche la forza politica dove stava per trasmigrare Eva Kaili prima di essere beccata con le mazzette. Dopo le polemiche su Schinas e il Qatar, la Commissione ha coperto le spalle al commissario: è Bruxelles ad averlo spedito lì. «Dal Qatar ho ricevuto solo un pallone e cioccolatini», dice lui.

Dimitris Avramopoulos

(Avramopoulos. Foto AP)

C’è un altro commissario – ormai ex – che si occupava di migrazioni e proviene da Nea Demokratia. Si chiama Dimitri Avramopoulos, era a palazzo Berlaymont con Jean-Claude Juncker presidente, ed è finito nelle cronache nostrane soprattutto per la contesa con Luigi Di Maio. Dopo essere stato ministro del Turismo, di Salute, Esteri e Difesa in Grecia, e poi commissario in Ue, Avramopoulos ambiva a diventare l’inviato Ue nel Golfo, incarico per il quale circolava anche il nome di Di Maio. Pare che l’ex commissario sia stato a libro paga di Fight Impunity, l’organizzazione di Antonio Panzeri, dalla quale ha percepito 60mila euro per le sue prestazioni tra febbraio 2021 e 2022. Avramopoulos figurava nel board, e sostiene di aver ottenuto il via libera della Commissione Ue. I commissari sono tenuti a rispettare un periodo di raffreddamento durante il quale le loro attività sono sottoposte a scrutinio, e in generale devono sempre rispettare integrità e discrezione. Avramopoulos non avrebbe potuto utilizzare l’esperienza accumulata da commissario per cercare di condizionare le attività dei nuovi commissari, ma già prima che i due anni di cooling-off fossero terminati, ha incontrato l’attuale Commissione; non vi è certezza dei temi trattati con ben nove commissari. Quando la notizia è circolata, Avramopoulos ha gridato al complotto italiano per favorire Di Maio. Ma dopo qualche settimana è emerso l’opposto: dalle carte dell’inchiesta belga si trae l’idea che fosse Panzeri a premere per avere una persona a lui vicina nel ruolo di inviato Ue.

Tomasz Piotr Poręba

Quando i conservatori flirtavano con i sovranisti per costruire un gruppo comune, poi naufragato, l’eurodeputato polacco Tomasz Piotr Poręba era una delle figure del Pis da seguire per essere aggiornati in tempo reale. Non un soldato semplice, ma un vero megafono del partito di governo ultraconservatore polacco, questo europarlamentare è oggi oggetto di polemiche per un viaggio non dichiarato in Azerbaigian. Poręba risulta anche membro del friendship group Qatar-Europarlamento.

© Riproduzione riservata