Verso le elezioni tedesche

Il riscatto di Olaf Scholz, il gregario che ha scommesso tutto sull’assenza di qualità

  • Scholz è sempre stato l’eterno secondo: negli anni Ottanta numero due degli Jusos, poi segretario generale della Spd, alter ego di Schröder che doveva tenere a bada i compagni critici e affrontare la stampa. Dal 2018 è diventato vice di Merkel.
  • Il candidato socialdemocratico non è mai stato una minaccia per nessuno dei leader al cui fianco ha lavorato. Negli anni, poi, ha perfezionato l’arte di incassare.
  • Oggi, dopo aver imparato come fare «non tutte le cose in maniera diversa, ma tante in maniera migliore» sia dei cristianodemocratici che dei socialdemocratici vecchio stampo, può ambire alla cancelleria.

Sui manifesti della Spd Olaf Scholz è vicinissimo. Ma ancora più vicine sono le sue mani: già grandi per un uomo di un metro e settanta, diventano gigantesche per effetto del grandangolo. «Scholz packt das an», dice lo slogan, «Scholz prende in mano la situazione». Insomma, di lui c’è da fidarsi, sa maneggiare la situazione.  Lui è sempre stato convinto di essere all’altezza. Il suo  problema, nel corso della carriera, è stato convincere gli altri. Quando da ragazzo è entrato negli Jungsozial

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