C’era una volta una piccola portineria di comunità. Ci sarà presto – a Torino – anche un centro europeo per l’innovazione sociale. Dall’alto della Mole Antonelliana, l’orizzonte possibile dei fondi di coesione europei si osserva particolarmente bene. La città ha utilizzato le risorse provenienti dall’Unione europea per sperimentare nuovi modelli sul territorio; ci è riuscita a tal punto che adesso potrà ingrandirsi e trasmetterli ad altri, non solo in Italia ma a livello europeo.

Esportare innovazione

Partiamo dal finale. Proprio nel capoluogo piemontese nascerà a breve il nodo italiano di una più ampia infrastruttura europea per l’innovazione sociale. Va immaginata come una rete: c’è un punto di raccordo, che avrà sede in Lituania, e poi ci sono vari nodi nazionali, ma che sono stati pensati e organizzati in forma cooperativa.

La città di Torino ha fatto da capofila di svariate realtà e paesi europei: per l’Italia, hanno lavorato al progetto realtà accademiche, come i politecnici di Milano e Torino e l’università di Bologna, istituti e fondazioni. Ma la cordata era più ampia: ci si coordinava con Grecia, Romania, Slovenia, e si è aggiunta anche la Croazia.

A giugno si potrà partire e l’orizzonte concreto è quello di un “competence center” che si trova a Torino, è un avamposto a livello nazionale, ma lavora in un’ottica europea. L’obiettivo è quello di scambiarsi competenze – e sperimentazioni – nell’ambito dell’innovazione sociale.

La coesione che fa crescere

«Nel contesto torinese, la presenza del terzo settore, di associazionismo e volontariato, è forte e vivace in tutti i quartieri», spiega l’assessora torinese Carlotta Salerno, che ha la delega alla Rigenerazione urbana. «Da ormai decenni, mantenendo una visione di lungo raggio che resiste ai cambi di colore politico, la città di Torino ha utilizzato i fondi europei come strumento di sperimentazione.

L’idea chiave è che la rigenerazione urbana funziona se c’è un forte legame con le realtà presenti sul territorio: invece di calare dall’alto cattedrali nel deserto, si punta su partecipazione e condivisione». Quest’aspetto viene tenuto in considerazione sin dalla costruzione dei bandi, e i progetti diventano un’occasione per congegnare governance sperimentali.

Portinerie europee

«Un anno chiave è il 2018, quando i fondi di coesione vengono rivolti alle città perché si dedichino all’innovazione sociale», spiega Fabrizio Barbiero del dipartimento Fondi Europei e Pnrr del Comune di Torino.

Cosa significa fare innovazione sociale? «Vuol dire anche portare il terzo settore verso una logica di sostenibilità economica. Ci siamo interrogati su come aiutare il fervido ecosistema locale ad avere una sua tenuta». Per la pubblica amministrazione il valore aggiunto è «che i servizi vengono erogati in modo prossimo alla collettività, invece che calato dall’alto», e che c’è «una spinta creativa».

Esemplare è la Torino Social Factory, contenitore di progetti come la “portineria di comunità”, che è diventata ormai un vero e proprio brand.

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