Sahra Wagenknecht ha già fatto deflagrare la sinistra in Germania, dando il via alla scissione della Linke, e adesso pregusta di poter fare altrettanto in Europa, scomponendo il gruppo della sinistra europea (The Left). L’esito paradossale è che proprio l’unica fra i leader anti destra che aveva predicato la costruzione di un fronte unito progressista alle europee – ovvero la melenchoniana Manon Aubry che della sinistra è capogruppo – potrebbe ritrovarsi coi frantumi in mano.

Anche se i Cinque Stelle di stanza a Bruxelles si descrivono come osservatori «passivi» di queste mutazioni, nonché privi di qualsiasi intenzione di spaccare alcunché, lo stesso fatto che non escludano di entrare in futuro nel gruppo di Wagenknecht trasforma Giuseppe Conte e gli eletti stellati di giugno in attori strategici per il piano di decomposizione della sinistra europea concepito a Berlino. «Noi siamo un po’ alla finestra», dicono. «È dopo le elezioni europee che inizieremo i dialoghi per capire in quale gruppo dell’Europarlamento entreremo. Sulla base di come si evolverà dialogo e di cosa farà Wagenknecht, decideremo. Ma è importante che ci siano tante forze pacifiste come la nostra».

Quest’ultimo passaggio contiene già in sé una apertura chiave nei confronti della esponente tedesca, la cui offerta politica è caratterizzata anche dalla contrarietà all’invio di armi all’Ucraina.

Rompere la sinistra

All’inizio del 2024, Sahra Wagenknecht ha messo a battesimo la sua nuova creatura politica, la Bündnis Sahra Wagenknecht (l’«alleanza Sahra Wagenknecht», BSW), la cui irruzione nella scena politica ha innescato la scissione nella sinistra tedesca (Die Linke) dalla quale la leader proveniva.

La ragione per cui alcuni osservatori sperano che BSW possa sottrarre consensi all’estrema destra di Alternative für Deutschland sta anche nel fatto che Wagenknecht per certi versi ne ruba gli argomenti: il suo atteggiamento a dir poco critico verso l’accoglienza dei rifugiati, verso le politiche ambientali, verso «il wokismo» e dintorni, oltre che verso il supporto a Kiev, possono suonare come una eco di argomenti utilizzati anche a destra. Non a caso c’è chi colloca la leader tra “i rossobruni”.

Per le elezioni di giugno, la stella populista ha scelto il suo fedele compagno di avventure politiche Fabio De Masi – che ha già esperienza all’Europarlamento – come capolista. Ed è proprio De Masi ad averne svelato i piani europei. Già a inizio anno aveva ventilato un nuovo gruppo: «Non so neppure se dopo le europee ci sarà ancora una fazione di sinistra all’Europarlamento. Noi vogliamo operare con partner che, anche se un po’ diversi a livello europeo, possono trovare in noi un corridoio politico di riferimento per una convergenza. Ciò potrà complicare le cose al gruppo attuale della sinistra, ma noi proveremo qualcosa di nuovo».

Più di recente, De Masi è arrivato a dare il piano per fatto, facendo intendere di aver ottenuto il sostegno di un numero di partiti sufficiente a dar vita a una nuova formazione.

Il ruolo di Conte

Ma se davvero i wagenknechtiani avranno i numeri per un nuovo gruppo dopo il voto di giugno, ciò implica anche che sarà quasi impossibile per il gruppo attuale avere numeri tali da sopravvivere a tutto questo. Aubry, che sul modello della Nupes francese voleva modernizzare la sinistra europea in nome dell’ecologismo e dell’unione, si troverebbe con un pugno di vetri rotti in mano.

«Conosco bene Wagenknecht e De Masi, ci ho lavorato tanti anni a stretto contatto», dice a Domani una fonte della sinistra tedesca. «È chiaro che vogliono rompere il gruppo della sinistra europea; la loro è una vendetta». Nei corridoi di Bruxelles si vocifera già su chi ci starebbe, tra i vari pezzetti di sinistra. I cechi, per esempio.

E poi c’è la variabile Conte: tra il 2021 e il 2022 è saltato l’ingresso nei socialisti, più di recente è finito ibernato l’ingresso nei Verdi. Un nuovo gruppo «pacifista», come lo chiamano i 5 Stelle, è un’opzione considerata. O sconsiderata, in base ai punti di osservazione.

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