Non è difficile credere che l’estate fosse la stagione preferita di Daniela Santanchè. La si può immaginare in abiti freschi a godersi il mare di Forte dei Marmi, circondata da amici, politici, sportivi, vip vari, per poi chiudere la giornata contando i ricchi incassi del suo Twiga.

L’estate 2023 però non deve essere stata tra le più felici per la ministra del Turismo. E non solo perché le quote del Twiga le ha dovute passare al marito “principe” per evitare polemiche e conflitti d’interesse.

Gli scoop di Domani, che ha svelato la sua iscrizione nel registro degli indagati per bancarotta e falso in bilancio del suo gruppo Visibilia, le inchieste di Report che hanno raccontato come alcuni dipendenti venissero pagati con la cassa integrazione nonostante lavorassero, infine le polemiche per le bugie dette in Senato durante un’informativa parlamentare: insomma, la stagione per la ministra è cominciata male. E chissà come finirà.

Perché il suo nome è il primo che Giorgia Meloni potrebbe far saltare in caso di rimpasto. Ma soprattutto perché sul ministero del Turismo, che gestisce un settore che vale il 6 per cento del Pil), è in corso una duplice guerra intestina.

Una tra la corrente milanese e la corrente romana di Fratelli d’Italia, che vede contrapposte le truppe della ministra e del suo grande elettore, il presidente del Senato Ignazio La Russa, a quelle del “cognato d’Italia” Francesco Lollobrigida. E poi una seconda tra i partiti di governo, con Lega e Forza Italia che vogliono incidere di più sulla gestione di fondi e future assunzioni del ministero di Santanchè. Che negli ultimi mesi è stata più impegnata a difendersi dalle critiche che a far crescere il turismo in Italia.

La Venere e la premier

La ministra è stata “tradita” nel giro di pochi mesi da due donne. La prima è una delle più belle italiane della storia dell’arte, la Venere di Botticelli, utilizzata per la discussa campagna pubblicitaria di Armando Testa.

Costata 9 milioni di euro, “Open to Meraviglia” sembrava rivolta ai turisti stranieri, ha fatto parlare soprattutto in Italia: non solo per la Venere riprodotta in giro per il Belpaese come una novella influencer, ma anche per il sito che presentava attrazioni in lingue straniere le cui traduzioni erano generate da qualche programma automatico, o per i due profili social fermi a 25 post dal 22 aprile e 27 giugno.

Se Venere si è fermata, non l’ha fatto l’altra “traditrice” della ministra. Sì, perché il più grande spot al turismo della prima estate del governo Meloni è stata proprio la premier a farlo. Ma non a qualche località italiana, all’Albania.

I pochi giorni a cavallo di Ferragosto passati dalla presidente del Consiglio ospite di Edi Rama nel paese al di là dell’Adriatico hanno fatto storcere il naso a più di qualcuno all’interno del ministero. «Uno dei principali obiettivi è incentivare il turismo di prossimità, far rimanere i nostri vacanzieri in Italia», ha raccontato a Domani più di un funzionario del ministero. «E la premier che fa: va a ricercare tranquillità in Albania. È stato un regalo gratuito a un nostro competitor».

Se si prova a controbattere che Meloni ha passato la gran parte delle vacanze in Puglia, la risposta è che «questa verrà ricordata come l’estate albanese della presidente del Consiglio». Nei giorni scorsi anche Santanchè è dovuta intervenire: «Dal punto di vista culturale e paesaggistico non c’è paragone con l’Italia».

Proprio lei che è stata il primo ministro a recarsi in viaggio in Albania, lo scorso 3 agosto, per «promuovere il modello Italia e rilanciare le sinergie». Anche qui, i maligni del ministero dicono che «non sono state prodotte che foto e uno striminzito comunicato: ci si aspettava di più da una trasferta con volo di Stato».

Un ministero nel pallone

Se l’Albania non sembra portare bene a Santanchè, anche le altre iniziative prese dalla ministra non sembrano andare meglio. Il ministero ha proposto un sistema di mappatura digitale delle concessioni balneari, parallelo al censimento del ministero delle Infrastrutture, con un decreto legislativo che doveva essere approvato lo scorso inverno ma che invece ha visto la luce a fine luglio.

Hanno fatto più discutere la detassazione del lavoro notturno e degli straordinari o la riforma del ministero, che prevede un raddoppio delle poltrone: ci saranno oltre 300 assunzioni, di cui 7 dirigenti di prima fascia e 23 di seconda.

Più confusione sembra invece esserci sull’utilizzo dei fondi Pnrr per il turismo: sui 3 miliardi a disposizione, al momento ne è stato allocato poco più di un terzo.

A sentire chi lavora nel ministero però, il problema non sarebbe solo la distrazione della ministra, che deve dedicare tempo a difendersi da polemiche e agguati: «Ha voluto un ministero al femminile, ma la scelta non sta pagando». Non ci sarebbe infatti una grande simpatia tra chi deve gestire la macchina ministeriale: la segretaria generale Barbara Casagrande e la capa di gabinetto Erika Guerri. Già direttore generale al ministero delle Infrastrutture dal 2018, la nomina di Casagrande è arrivata quattro mesi dopo l’insediamento di Santanchè.

Nemmeno 20 giorni ci sono voluti per la nomina di Guerri, magistrato della Corte dei Conti. A sfruttare a suo vantaggio le farraginosità del ministero c’è invece Gianluca Caramanna: deputato alla seconda legislatura, già manager di catene alberghiere, è il responsabile turismo di Fratelli d’Italia. «È occhi e orecchie di Francesco Lollobrigida», affermano al ministero.

È stato proprio il “cognato d’Italia” a imporre Caramanna come consulente del ministero. E il suo nome è il più accreditato nel caso in cui Santanchè venisse messa alla porta. Caramanna, in via della Scrofa, gestisce la rete di assessori con delega al turismo di Fdi nelle regioni a guida centrodestra e gode di grande appoggio nella corrente romana del partito.

La partita Enit

Lo scontro tra correnti di Fratelli d’Italia, ma anche tra i partiti della maggioranza, si gioca soprattutto su Enit, l’agenzia nazionale del turismo guidata da Ivana Jelinic, voluta da Santanchè come amministratore delegato. La sua nomina è stata uno dei primi atti della ministra, che ha mandato via Roberta Garibaldi, chiamata dal suo predecessore, il leghista Massimo Garavaglia. Jelinic è anche presidente, poltrona vacante da quando a giugno 2022 Giorgio Palmucci ha lasciato l’incarico per diventare consigliere del ministro Garavaglia.

Per il suo ruolo, nei primi mesi di governo, dentro Enit si temeva che la ministra volesse nominare il suo amico Flavio Briatore. Caramanna e Lollobrigida invece avrebbero preferito Sandro Pappalardo, ex militare, ex assessore al turismo in Sicilia, attualmente consigliere d’amministrazione dell’ente.

Sul cda arrivano forti le pressioni dell’ex ministro della Lega, ma anche del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sembra voler mettere le mani sulle competenze delle 26 sedi estere dell’Agenzia nazionale per il turismo. Tutto però è fermo, in attesa che Enit sia liquidato e che nasca Enit Spa, come annunciato lo scorso 6 aprile da Santanchè.

Da allora però sembra tutto fermo. E sulla liquidazione e creazione della nuova società, di cui il Mef sarà azionista di maggioranza, la ministra sta giocando forse la sua partita più importante: i futuri presidenti e ad dovranno infatti fare un’infornata di nomine e assunzioni, il che vuol dire piazzare amici e fedelissimi.

Vuole essere lei a gestire la partita, e un’accelerazione sulla liquidazione del vecchio Enit e nascita del nuovo potrebbe esserci nel caso sentisse che il suo tempo al ministero sta per finire.

«Doveva essere un’operazione rapida, ora si parla di una chiusura entro il 2023», raccontano a Domani fonti dentro l’ente. Tutto dipende dagli umori della ministra, e di come finirà la sua estate nera.

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