Esiste una concordanza generale tra gli esperti nel ritenere che le prossime elezioni politiche saranno decise dal risultato nei collegi uninominali. Si tratta del 37 per cento dei seggi, 222 tra Camera e Senato. E poiché le destre sono apparentate, mentre il variegato mondo che si colloca fuori da quel perimetro si presenta incredibilmente diviso, frammentato e rissoso, e incapace di realizzare accordi, l’esito delle elezioni appare già segnato. Il centrosinistra, almeno in partenza, sembra destinato a dover scegliere tra una sconfitta e una disfatta.

Uscire dalla logica del maggioritario

Sarebbe possibile cambiare questo stato di cose? In teoria sì, se si uscisse dalla logica del maggioritario per cui qualsiasi accordo che viene stipulato ha inevitabilmente una valenza politica e programmatica in vista di un futuro governo, e si ragionasse lucidamente (e cinicamente) su quali sono le poste in gioco. L’unica cosa che unisce tutte le componenti che si oppongono alla destra è la preoccupazione che una sua affermazione eccessiva determinata non dai voti ma dal sistema elettorale possa provocare uno squilibrio di seggi in Parlamento tale da rendere impotente l'opposizione e determinare un vantaggio esorbitante per i vincitori.

Solamente un campo larghissimo può evitare la vittoria delle destre

Stando così le cose, esiste una sola soluzione possibile sul piano tecnico, e cioè riconoscere che, data la legge elettorale attuale, e dato l'impossibilità oggettiva o comunque la difficoltà di realizzare accordi politici credibili ed accettabili dagli elettori, l'unica soluzione possibile è quella di realizzare un accordo puramente tecnico tra tutti i gruppi politici che non desiderano un esito elettorale che potrebbe ridurli all'impotenza politica, e quindi accordarsi per presentare in tutti i collegi uninominali un solo candidato comune con l'unica funzione di non disperdere voti ai fini della attribuzione dei seggi. Tale accordo, proprio perché riguarderebbe tutti, da Calenda  a Renzi, a Di Maio. al Pd, ai 5S, a Fratoianni, ai verdi, ecc., non comporterebbe nessuna convergenza politica, neppure parziale, in quanto ogni elettore voterebbe per il proprio partito e la propria lista e relativi programmi, ma i voti così espressi non si disperderebbero, ma convergerebbero sul candidato comune del collegio. I candidati nel collegio dovrebbero essere scelti non in base alla loro rappresentatività politica o prestigio, bensì mediante un qualsiasi criterio che tenga conto delle dimensioni ipotetiche dei diversi gruppi (sondaggi) o delle realtà territoriali.

In questo modo lo strapotere delle destre nei collegi verrebbe validamente contrastato, anzi probabilmente eliminato, anche perché i collegi in cui l'alleanza di destra è molto forte e i voti molto concentrati sono più numerosi di quelli in cui tale situazione si verifica per gli altri gruppi politici, e tutti i gruppi avrebbero qualche deputato o senatore in più.

Foto Cecilia Fabiano /LaPresse

In sostanza si tratterebbe di un consapevole uso strumentale ed opportunistico delle incongruenze della legge elettorale che esclude la possibilità di desistenze, esattamente come fanno le destre, molto divise sul piano politico, ma blindate sull'accordo elettorale. La differenza sarebbe che mentre le destre sono tenute a proporre un qualche programma comune ai fini del governo futuro, i gruppi del centrosinistra non sarebbero tenuti a farlo e resterebbero completamente liberi  non solo di battersi per il proprio programma e anche contro quello delle altre liste con cui hanno stipulato l'accordo tecnico, ma anche di decidere su eventuali accordi di governo dopo le elezioni e non prima. Il rosatellum così sarebbe sterilizzato e diventerebbe quasi un legge elettorale proporzionale.

La sindrome di Tafazzi

Se non vogliono correre il rischio di essere spazzati via in sede elettorale i leader dovrebbero valutare seriamente tale opportunità che risolverebbe anche i problemi che adesso gli assillano. Se l'accordo è puramente tecnico, e non coinvolge nessun apparentamento politico, Calenda non dovrebbe preoccuparsi di fare o meno un accordo col PD, i verdi e gli elettori del PD e degli altri gruppi ambientalisti non dovrebbero preoccuparsi delle posizioni a favore del nucleare di Calenda, e così via.

Si noti ancora che senza questa soluzione tecnica, i Cinque stelle non solo non prenderebbero seggi nell'uninominale, ma sottrarrebbero voti ai candidati del centrosinistra indebolendoli ulteriormente nel maggioritario.

Sono consapevole che questa proposta, del tutto simile a quella adombrata da Emanuele Felice su questo giornale, ha scarse possibilità di essere accolta dato il clima di faziosità, intolleranza ed inconcludenza oggi prevalente. Ma i leader del centrosinistra dovrebbero essere consapevoli che nel caso di un risultato elettorale molto negativo, essi sarebbero comunque chiamati a rispondere di ogni atteggiamento e scelta "tafazzista". e farebbero bene a rileggere il magistrale libretto di Carlo M. Cipolla sulla stupidità umana.

Naturalmente in campagna elettorale tutto è possibile, e non si può escludere che gli "occhi di tigre" di Letta possano funzionare, nel frattempo, però, non sarebbe male procurarsi una solida assicurazione contro esiti catastrofici.

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