Parla il ministro Santanchè, ma il presidente del Senato Ignazio La Russa ha ben altro a cui badare. Mercoledì scorso, seduto sullo scranno più alto di Palazzo Madama, lo stomaco del fondatore di Fratelli d’Italia è stretto in una morsa, il pensiero altrove. Da qualche ora sa che alcuni giornali hanno avuto una notizia che coinvolge uno dei suoi figli. Appena finito il dibattito in aula corre a Milano per parlare con il 19enne Leonardo Apache La Russa. Accusato di violenza sessuale da una ragazza di 22 anni dopo una notte passata insieme.

Serata classica: l’incontro in discoteca, poi salgono a casa sua. Che per inciso è la grande casa di famiglia, quella in cui vive anche il padre Ignazio, seconda carica dello Stato. Quello che succede dopo non è dato sapere: qui si entra nel regno delle indiscrezioni e delle versioni contrapposte, corollario naturale di una vicenda delicata che riguarda la sfera privata, su cui ora indagano il pm Rosaria Stagnaro e il procuratore aggiunto Letizia Mannella della Procura di Milano, che hanno iscritto nel registro degli indagati il figlio terzogenito.

Il presidente, già prima che la notizia uscisse, sapeva che – come nel caso di Ciro Grillo – le conseguenze politiche sarebbero state per lui (e il governo) deflagranti. Per questo corre a casa e si intrattiene a lungo con Leonardo Apache. Lo sottopone al terzo grado, nel quale il rampollo assicura che non hanno assunto droga, che non hanno fatto sesso di gruppo e che la ragazza era consenziente.

Prima i figli

Uscita la notizia sul Corriere della Sera, il presidente del Senato decide di intervenire pubblicamente. Nonostante molti del suo entourage gli raccomandassero prudenza, La Russa decide di svestire i panni istituzionali e trasformarsi nel padre-avvocato difensore. Entrando nel merito dello scandalo e assumendo senza se e senza ma le difese del figlio: «Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante».

E avanzando addirittura, dall’alto della sua carica istituzionale, dubbi sulla credibilità della ragazza che ha sporto denuncia: «Di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni dall'avvocato estensore che occupa questo tempo “per rimettere insieme i fatti”». Non solo. «Lascia molti dubbi il racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Inoltre, incrociata al mattino, sia pur fuggevolmente da me e da mia moglie, la ragazza appariva assolutamente tranquilla».

Ma chi si occupa di violenze sa bene che il processo che porta alla scelta di denunciare è travagliato e complesso, al punto che il legislatore ha deciso di portare a sei mesi il limite di tempo entro cui depositare l’esposto, il doppio di quanto previsto dal codice per tutti gli altri reati. Papà Ignazio si scaglia anche contro «il racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza.

Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua». Parole gravissime, che scatenano la reazione della segretaria del Pd, Elly Schlein: «È disgustoso sentire dalla seconda carica dello Stato parole che ancora una volta vogliono minare la credibilità delle donne che denunciano una violenza sessuale a seconda di quanto tempo ci mettono, o sull'eventuale assunzione di alcol o droghe, come se questo facesse presumere automaticamente il loro consenso».

Un caso personale delicatissimo, a causa di dichiarazioni improvvide, diventa politico. Tanto che La Russa è costretto a rilasciare una seconda nota. «Mi dispiace essere frainteso. Io non accuso nessuno e men che meno la ragazza. Semplicemente, da padre dopo averlo a lungo sentito, credo a mio figlio. Per il resto, sottolineo il mio rispetto per gli inquirenti e il desiderio che facciano chiarezza il più celermente possibile».

La denuncia

La versione della 22enne, assistita dall’avvocato Roberto Benvenuto, è completamente diversa da quella diffusa da La Russa. La riporta ieri per primo il Corriere: è il 18 maggio scorso, una serata qualunque in discoteca con un’amica nel centro di Milano, fino all’incontro avvenuto verso mezzanotte con il figlio di La Russa, suo ex compagno di scuola. Un paio di drink e poi il buio. La ragazza non ricorda più nulla. Assicura di essersi risvegliata il giorno dopo senza vestiti a casa La Russa, nel letto con Leonardo Apache.

Disorientata, al punto che sarebbe stato lui a spiegarle che cosa era successo: l’arrivo a casa con la sua macchina, il rapporto sessuale avuto «sotto l’effetto di sostanze stupefacenti» e persino il particolare, inquietante, che anche un amico che dormiva nella stanza a fianco avrebbe avuto con lei un rapporto «a sua insaputa». Quella sera papà La Russa non c’era. Ma sempre secondo la ragazza, il giorno dopo verso le 12.30 si sarebbe affacciato alla porta, vedendola nel letto, e sarebbe andato via.

Recuperati i vestiti la ragazza esce e chiama la madre, che la convince a farsi visitare alla clinica Mangiagalli, dove le refertano alcune ecchimosi e risulta positiva alla cocaina. «La domanda che mi pongo, da normale cittadino e non da avvocato - dichiara il legale della giovane - è come possa una ragazza aver assunto cocaina e non ricordare nulla fino all’indomani laddove la cocaina è nota essere sostanza eccitante e che non provoca sonnolenza».

Ci sono nodi che solo l’indagine, affidata alla squadra mobile di Milano diretta da Marco Calì, potrà sciogliere. Ma ci vorrà tempo. Intanto, Ignazio La Russa è un presidente debolissimo. Colpito intimamente, dicono gli amici, da una vicenda che nessun padre vorrebbe affrontare. E in bilico tra la volontà di credere al figlio e la necessità, di seconda carica dello Stato, di essere super partes di fronte a vicende di violenza sessuale in cui le vittime rischiano di essere criminalizzate.

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