Lo scorso primo febbraio, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto al Quirinale il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. Con lui una delegazione di Sport e salute, la società pubblica che, come recita il suo sito, si occupa della «promozione dello sport e dei corretti stili di vita» ed è anche «incaricata di distribuire i contributi pubblici agli organismi sportivi». Della delegazione facevano parte, oltre al presidente e amministratore delegato della società, Vito Cozzoli, i campioni olimpici Manuela Di Centa e Jury Chechi, il capo di gabinetto del ministro, Massimiliano Atelli, e il capo del Dipartimento per lo sport, Flavio Siniscalchi.

Un incontro come tanti nell’economia dei buoni rapporti tra il capo dello stato e i ministri del governo di Giorgia Meloni. Le foto scattate mostrano una piccolissima curiosità. Sul bavero della giacca di Siniscalchi è infatti appuntata, in bella vista, la spilletta del Coni.

Niente di grave, per carità, il Coni è pur sempre un organismo vigilato dal Dipartimento per lo sport. Ma più di qualcuno, ha ovviamente notato questa particolare “sintonia” tra il controllore che si fa testimonial del controllato.

Una sintonia attorno alla quale, proprio in queste settimane, si sta giocando la partita per la gestione del futuro (e dei soldi) dello sport italiano.

Amici per sempre

Non è un segreto che tra Abodi e il presidente del Coni Giovanni Malagò ci sia un rapporto di lunga data. I due non condividono la squadra del cuore, il primo è un laziale doc il secondo un romanista sfegatato ma, secondo i ben informati, condividono molto di più.

A cominciare dal circolo canottieri Aniene, regno indiscusso di Malagò, dove il ministro è di casa al punto che, lo scorso anno, si è anche tolto la soddisfazione di vincere il torneo sociale di calcio a 5 con il team Abodi/Picciotti in cui giocava il ct della Nazionale, Roberto Mancini.

A Roma, si sa, contano più certi “salotti buoni” che le sale riunioni dei ministeri e così Repubblica raccontava, lo scorso ottobre, tracciando un ritratto del ministro, che è stato proprio Malagò, nel 2017, a suggerire il nome di Abodi come presidente dell’Istituto per il credito sportivo.

Se lo abbia sussurrato anche all’orecchio di Meloni non è dato saperlo, ma di certo il legame tra il ministro e il presidente del Coni è solido e qualcuno, malignamente, sostiene che sia proprio Malagò il vero titolare del ministero.

Di certo c’è che i due hanno festeggiato insieme la nomina di Abodi con una cena a casa del numero uno dello sport italiano. Inoltre sembra che si incontrino quasi tutte le domeniche mattina all’Aniene per fare colazione. Un segreto che, però, viene ben custodito grazie alla nota riservatezza del circolo.

C’è anche chi dice che in realtà i due, soprattutto dopo la nascita del governo, mantengano un rapporto di «cordiale distanza». Ma fin qui il ministro non ha certo deluso il suo vecchio amico.

In e out  

Una delle prime nomine di Abodi, infatti, è stata proprio quella di Siniscalchi. Che è diventato responsabile del Dipartimento per lo sport al posto di Michele Sciscioli.

Sciscioli viene descritto con un uomo di fiducia di fidato Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia che, in questi anni, è diventato uno dei principali nemici di Malagò.

È stato Giorgetti, infatti, che nel 2018 ha favorito la nascita di Sport e salute (trasformazione della ex Coni servizi) che è diventata la vera “cassaforte” dello sport italiano. Per capirsi, dei 410 milioni che ogni anno vengono destinati al mondo dello sport, 45 vanno al Coni mentre i restanti 360 alla società guidata da Cozzoli.

Ancora lo scorso gennaio Malagò lamentava il fatto che, dei soldi del Pnrr stanziati per lo sport, circa 700 milioni, «il Coni non ha avuto nemmeno un euro». E qualche giorno dopo, parlando di Sport e salute, attaccava: «Noi siamo rimasti a galla solo perché c’è un organismo internazionale che ci tutela e ci permette di avere autonomia e indipendenza. Lo sport di base è lo sport di vertice, non possono slegarsi. Ma qualche scienziato della politica dice che il Coni si occupa dello sport di vertice e gli altri dello sport di base. Non è accettabile».

Non è certo la prima polemica tra il presidente del Coni e la società pubblica, e di certo la sostituzione di un uomo di Giorgetti con chi indossa con orgoglio la spilla del Coni gli avrà fatto piacere.

Siniscalchi ha alle sue spalle una lunga carriera a palazzo Chigi. Dal 2005 ha lavorato per quattordici anni con vari incarichi al dipartimento Protezione civile, per poi passare a guidare, nel 2019, il dipartimento per le Politiche giovanili e il servizio civile universale. Quest’ultimo, dallo scorso dicembre, è guidato proprio da Sciscioli.

Assalto a Cozzoli

Se queste sono le premesse è chiaro che la prossima, decisiva battaglia, si giocherà sul rinnovo o meno di Cozzoli, che è in carica dal 2020 e ha terminato il suo mandato. Il presidente e amministratore delegato, dicono i suoi sostenitori, può vantare ottimi risultati nella gestione della società.

Il “merito” tanto sbandierato da Meloni e dai suoi ministri, sarebbe quindi dalla sua parte. Anche perché, all’interno di Fratelli d’Italia, qualcuno rumoreggia sull’operato di Abodi che, senza motivi apparenti, ha nominato Daniele Frongia, ex grillino e vicesindaco di Virginia Raggi, vicecapo di gabinetto e delegato per le Olimpiadi di Milano-Cortina. Ma la partita che si giocherà nei prossimi giorni è, evidentemente, tutta politica.

Malagò sta sicuramente cercando di portare al vertice di Sport e salute un suo fedelissimo e Abodi è l’uomo giusto per realizzare questo piano. Così come lo è Gianni Letta che, dopo un periodo di “riposo”, è tornato per occuparsi di nomine e siede, per conto di Forza Italia, al tavolo delle trattative.

Anche Cozzoli, però, ha le sue carte da giocare. Ha un ottimo rapporto con il Quirinale e conosce molto bene il segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, con il quale ha lavorato ai tempi in cui era segretario generale della Camera. Inoltri ha ottimi rapporti con il centrodestra, soprattutto Lega e FI.

Oltre a Malagò, però, c’è anche un’altra questione da dirimere: FdI vuole un proprio uomo alla guida della società? La soluzione più accreditata potrebbe essere quella di scindere la due figure di presidente e amministratore delegando. Il che consentirebbe di confermare Cozzoli e affiancargli un’altra figura. Ma la politica è vorace. E due poltrone sono sempre molto appetibili quando si siede a un tavolo delle trattative.

I nomi che circolano in questi giorni come possibili candidati sono quelli di Giuseppe De Mita (gradito a Malagò), Raffaele Pagnozzi (gradito a FdI), Ugo Taucer (gradito al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano) e anche lo stesso Sciscioli. Che però sarebbe più di un pugno in un occhio a Malagò.

Il quale, dopo essersi garantito il terzo mandato alla presidenza del Coni fino al 2024 (ma da mesi sta escogitando un piano per restare in carica fino al termine dei Giochi invernali del 2026 a Milano-Cortina, di cui guida già la Fondazione), sogna ora di riprendersi un po’ del potere perduto.

In particolare quello della gestione degli impianti, su tutti lo stadio Olimpico di Roma. Che una volta era la casa del Coni e, dal 2018, viene gestito da Sport e salute.

Non poter più decidere a chi e come regalare i biglietti omaggio delle partite che si giocano all’Olimpico, sussurrano i maligni, è stato un duro colpo per il presidente del Coni.

In fondo anche la tribuna Monte Mario, oltre all’Aniene e al centrale del tennis del Foro Italico (altro impianto gestito da Sport e salute), è un altro di quei luoghi simbolici dove si disegnano le geometrie del potere.

Da Sport e salute, anonimamente, rispondono che in questi anni i biglietti destinati al Coni sono stati parecchi, molti di più della precedente gestione. Evidentemente non abbastanza per placare le ire di Malagò che, con un amico ministro, spera ora di poter ottenere qualcosa di più.

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