Un accordo sul Patto di stabilità ha preso forma, a sorpresa, dopo le premesse tutt’altro che positive della mattinata. «Abbiamo lavorato molto con i nostri amici italiani, in particolare con il ministro dell’Economia, Giorgetti», ha annunciato il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, descrivendo l’intesa raggiunta alla vigilia dell’Ecofin straordinario. «Penso che siamo esattamente sulla stessa linea ed è anche un’ottima notizia che la Francia, la Germania e l’Italia siano finalmente allineate con questa nuova regola del patto di stabilità e crescita», ha sottolineato.

E il ministro dell’Economia tedesco, Christian Lindner, ha confermato. L’intesa prescrive degli impegni precisi su debito e deficit in cambio di una «landing zone», quindi dei margini, su investimenti e riforme. Ma, appunto, in cambio di paletti precisi. Una soluzione che garantisce un’opzione win-win per il governo italiano e per la premier, Giorgia Meloni. Dal ministero dell’Economia però arriva un messaggio di estrema cautela: «La trattativa non è chiusa». L’attesa per celebrare il successo proseguirà almeno fino all’Ecofin di oggi.

Rinvio Mes

Intanto, però, la fortuna è già stata compagna di strada della premier su vari dossier. Sul Mes c’è un mix di arte dilatoria e di calendario ingolfato in Parlamento, che facilita il rinvio del dibattito, da cui la premier non sa come cavarsela. Dovrebbe approvarlo per dare una risposta all’Unione europea, bloccata dal niet italiano, ma ha fatto troppa propaganda ostile per uscirne con una piroetta. Il risultato? Affidarsi alle contingenze, ma anche a qualche strategia. Proprio ieri, in commissione bilancio alla Camera, è stato praticato un estremo tatticismo per rimandare la discussione. La maggioranza ha chiesto 24 ore di tempo per approfondire eventuali conseguenze finanziarie della ratifica del nuovo fondo salva-Stati.

Una mossa che ha visto l’asse della deputata di Fratelli d’Italia, Ylenia Lucaselli, e del sottosegretario all’Economia, il leghista Federico Freni, che nelle ultime ore è diventato il vero stratega del governo per scongiurare incidenti parlamentari: sui punti caldi è il messaggero del ministro Giorgetti in Transatlantico. Lo slittamento ha provocato la reazione furiosa delle opposizioni. «Noi abbiamo già un parere del Mef dato a giugno che esclude qualsiasi effetto: è una pagliacciata», ha sbottato la solitamente mite deputata del Pd, Cecilia Guerra. Poco male. La maggioranza ha portato a casa il risultato: prendere un altro tempo e fuggire dal confronto. Che sarebbe arrivato in aula in settimana, proprio a ridosso del Natale, rovinando il brindisi. La questione, di fatto, è rimandata al prossimo anno.

Manovra tattica

E proprio sulla Legge di bilancio, l’equilibrismo di Meloni tra fortuna e tattica – in particolare la tecnica della distrazione di massa - ha funzionato alla grande, soprattutto su un punto: si è parlato poco del provvedimento, giudicato deludente da più parti. Alla fine il governo sta portando a casa una finanziaria, oggi ancora al Senato, che avrebbe potuto scatenare ben altre reazioni: si è limitata a subire la mobilitazione dei medici, penalizzati sulle pensioni, neutralizzando in parte gli effetti mediatici dello sciopero generale di Cgil e Uil. Meloni può tirare un sospiro di sollievo. Sul Pnrr, invece, il ministro Raffaele Fitto ha apparecchiato tutto per l’autocelebrazione di fine anno: nella cabina di regia a Palazzo Chigi ha certificato il raggiungimento dei 52 obiettivi, appositamente tagliati rispetto ai 69 iniziali proprio per ottenere il risultato. Così è pronto a chiedere la quinta rata, ovviamente diminuita dopo la revisione, anche se Roma attende tuttora la quarta, attesa «ad horas» si apprende da fonti governative. Più che la fortuna poté la propaganda.

Lo stellone nella sua purezza si è palesato su altri nodi potenziali, sciolti per incanto. La discesa dei prezzi dell’energia, che hanno avuto un impatto sulla frenata dell’inflazione, è stata casuale: da Palazzo Chigi non c’è stata alcuna iniziativa per innescare la dinamica. Anzi, una delle azioni poste in essere è stata la cancellazione degli sconti. E così pure il costo della benzina scende per eventi esterni. I cartelli per l’esposizione dei prezzi-medi sono stati inutili, hanno innescato un pasticcio con la sospensione, poi revocata, della misura da parte del Tar. E le iniziative contro il carovita, per esempio la trovata del trimestre anti-inflazione? Buone per la propaganda. Il rallentamento dei rincari è favorito da fattori esterni.

Addirittura, le guerre, in Ucraina e a Gaza, non hanno prodotto effetti nefasti sui mercati. Sospiro di sollievo bis per la premier. Tanto che lo spread si aggira intorno ai 160 punti base, sotto la soglia di allarme di 200, sfondata poche settimane fa. E il btp ha visto calare il rendimento del 5 per cento di un paio di mesi fa al 3,6 per cento degli ultimi giorni. Un miracolo meloniano? Non proprio. Piuttosto l’attesa che gli eventi prendessero una piega positiva. E, tra una lamentela e un’altra di Meloni, così è stato.

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