Migranti lasciati morire in mare, spari sui barconi, violenze, ma la Camera si accinge a dare il via libera alla proroga e all’incremento delle risorse a vantaggio della Guardia costiera libica, artefice di tutto questo. Nella relazione che hanno preparato i due relatori Gennaro Migliore, di Italia viva, e Roberto Paolo Ferrari, della Lega, si legge che la Camera dà il via libera senza alcuna modifica alle missioni di supporto alla guardia costiera libica, che includono addestramento ed equipaggiamenti. Erasmo Palazzotto, deputato di Liberi e Uguali, e Laura Boldrini, del Pd, hanno depositato degli emendamenti al documento per cambiare le intenzioni dell’esecutivo. Il voto alle modifiche è previsto per mercoledì pomeriggio, mentre il testo definitivo arriverà in Aula giovedì.

Nessuna mediazione

Il dibattito in commissione non promette bene. Alla vigilia del voto, riferiscono fonti parlamentari, il segretario del Pd, Enrico Letta ha tentanto di trovare una mediazione chiedendo al governo di sospendere a partire dal prossimo anno la missione di supporto alla Guardia Costiera libica spostando di fatto le sue funzioni sulle altre missioni italiane in Libia (Mare Sicuro e Miasit) e sulla Missione Eunav For Med - Irini, e la deputata del Pd Lia Quartapelle ha presentato un emendamento in questo senso, ma finora non pare aver sortito alcun effetto.

La posizione del governo è chiara da settimane. Lo scorso giugno il governo ha varato il decreto missioni che proroga e incrementa i finanziamenti alla Guardia costiera libica, con l’aumento da 10 a 10,5 milioni dei finanziamenti diretti alla cooperazione con la Guardia costiera, e di pari passo anche i finanziamenti per le missioni Irini e Mare Sicuro, che prevedono non solo il controllo del Mediterraneo ma ancora una volta la cooperazione con la guardia costiera, con un aumento rispettivamente di circa 15 e 17 milioni rispetto al 2020.

Gli emendamenti

Gli emendamenti che verranno discussi domani chiedono di sospendere la missione di supporto alla guardia costiera libica a partire dall’anno in corso e di cancellare tutte le attività addestrative di supporto alla stessa guardia costiera libica da parte delle altre missioni in fase di approvazione. Inoltre di avviare i corridoi umanitari, un argomento di cui il presidente del Consiglio Mario Draghi ha parlato anche in contesto internazionale, ma senza di fatto arrivare ad alcun accordo.

«Le responsabilità della cosiddetta Guardia Costiera libica sulle sistematiche violazioni dei diritti umani ai danni dei migranti e dei rifugiati – ha ribadito Palazzotto – sono ormai sotto gli occhi di tutti, far finta di non vedere la brutalità delle violenze esercitate su uomini donne e bambini continuando a supportare le operazioni di respingimento verso luoghi di tortura equivale ad assumersene una parte di responsabilità. Un costo che non possiamo permetterci nè sul piano politico, nè meno che mai dal punti di vista etico e morale».

Il deputato ha deciso di fare una diretta su Facebook: «Quello con la Libia è un accordo di esternalizzazione delle frontiere. Le convenzioni ci vietano di respingere i migranti, ma se ci accordiamo con la Guardia costiera libica loro lo possono fare senza rispettare alcuna convenzione. Questo è quello che succede». 

L’appello delle Ong

Fino all’ultimo c’è chi ancora spera. Le Ong hanno avviato da giorni il conto alla rovescia fino al voto della Camera. La richiesta è non solo di bloccare i finanziamenti alla operazioni ma anche di revisionare i patti con la Libia.

 

Da Open Arms a Medici Senza Frontiere, con l’appoggio dell’associazione che tutela i diritti umani, Amnesty International, hanno organizzato per mercoledì pomeriggio un sit-in davanti a Montecitorio. I manifestanti si benderanno gli occhi in segno di protesta.

Nell’appello si legge:

«NO al rinnovo della missione in Libia e alla prosecuzione della cooperazione con le autorità libiche senza garanzie concrete sulla protezione dei diritti umani di persone migranti e rifugiate;
NO al sostegno e alla collaborazione con la "Guardia costiera libica" finalizzato al respingimento forzato in Libia delle persone intercettate in mare;
SI all'evacuazione immediata delle persone rinchiuse nei centri di detenzione libici e all’estensione dei canali di ingresso regolari per persone migranti e rifugiate;
SI al ripristino di un sistema istituzionale di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e al riconoscimento del ruolo essenziale svolto dalle ONG per la salvaguardia della vita in mare.

Non chiudiamo gli occhi di fronte alle barbarie».

Medici senza frontiere, ha ricordato che «intanto in Libia migranti e rifugiati continuano ad essere sistematicamente esposti al rischio di detenzione arbitraria e ad altri gravi abusi dei loro diritti». Di recente la Ong ha dovuto lasciare Tripoli: «Nei centri di detenzione, in cui vengono trattenuti illegalmente e a tempo indeterminato immediatamente dopo l’intercettazione in mare e lo sbarco in Libia, le condizioni di vita continuano ad essere disumane. Il numero delle persone detenute è cresciuto significativamente negli ultimi mesi, mentre continuano a venire documentati casi di torture, violenze sessuali e sfruttamento».

Alla base di tutto questo, gli accordi con la Libia del 2017. Per loro vanno cambiati subito: «A partire dalla firma del Memorandum d’Intesa siglato con l’allora Governo di Accordo Nazionale nel febbraio 2017, l’Italia ha svolto un ruolo chiave nell’ideazione e nell’attuazione delle politiche di contenimento dei flussi migratori».

L’Italia, concludono, non è innocente: «Si è resa corresponsabile per le violazioni e gli abusi commessi in Libia. In una memoria firmata anche da Human Rights Watch e trasmessa a Deputati e Senatori membri delle commissioni interessate, le organizzazioni hanno ribadito l’urgenza di modificare i termini della cooperazione con la Libia».

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