«Ma la vogliono proprio chiudere la Rai?». Domenica in al 13 per cento di share, staccata di dieci punti da Amici su Canale 5, il sabato sera vinto dal Biscione con il successo di Tu si que vales su un altro programma-istituzione come Ballando con le stelle. A via Asiago i dirigenti sono chiusi in una riunione dopo l’altra per arginare la nuova, aggressiva Mediaset che sta mettendo in grossa difficoltà anche le trasmissioni storiche dell’intrattenimento del servizio pubblico.

Per il momento, però, la governance è in alto mare, sia per contenuti che per organizzazione dei palinsesti: anche le grandi sicurezze della tv pubblica come il tridente De Martino-Carlucci-Venier sono rimaste al di sotto delle aspettative. Sottotono anche i nuovi innesti della domenica Enzo Miccio, Teo Mammucari e il nuovo cantore della destra Tommaso Cerno. Dai problemi agostani, quando Canale 5 ha allungato il passo accendendo l’estate con la Ruota della fortuna di Gerry Scotti, il distacco nei confronti della Rai si sta facendo sempre più consistente. Un tema che viale Mazzini non sta affrontando nella maniera giusta, dice Stefano Graziano, capogruppo del Pd in commissione Vigilanza Rai. 

La Rai ha appena archiviato un weekend nero: due capisaldi di Rai1 come Ballando con le stelle e Domenica in hanno perso rovinosamente contro Canale 5. Qual è il problema? 

Cos’altro deve accadere per farli smettere di insistere su Telemeloni? Se si posiziona ogni volta il servizio pubblico su una parte politica e non su una logica plurale, il rischio è di distruggere la più grande azienda culturale del paese. 

Oltre all’intrattenimento, a perdere è anche l’informazione, che pure sarebbe un elemento cruciale da garantire ai telespettatori secondo il contratto di servizio. Pochi giorni fa, il Tg1 ha di nuovo perso la gara degli ascolti con il Tg5. 

La Rai non adempie più all’obbligo di fornire informazione. Non c’è più un programma d’approfondimento in prima serata e per la prima volta in trent’anni non c’è più il duopolio, ma addirittura un quadripolio, perché sono in gara anche La7 e il Nove. I tg, in particolare Tg1 e Tg2, promuovono il governo e questo è un problema. Dall’altra parte, la commissione di Vigilanza è bloccata, non possiamo nemmeno più protestare: un fatto di una gravità senza precedenti. 

Mentre parliamo, stanno uscendo i primi risultati sulle elezioni regionali nelle Marche. La7 è in onda con uno speciale dalle 15, su Rai1 c’è il palinsesto normale. 

È grave che nemmeno su fatti importanti come le regionali delle Marche si prevedano trasmissioni ad hoc. Finisce che siano le reti private a fare servizio pubblico.

C’è anche un problema di contenuti? 

Per quanto riguarda l’informazione, il problema sta nella chiusura di programmi che funzionavano e nel fatto che grandi personalità sono state lasciate andare via. Sull’intrattenimento, è evidente che i contenuti vadano modificati. Ma credo che la cosa più grave sia la mancanza di una vision e di risorse da impegnare sul futuro della Rai. Siamo di fronte al rischio che l’azienda diventi una nuova Alitalia e che i cittadini debbano pagare anche la Telemeloni Tax dovuta all’infrazione in cui ci troviamo dall’8 agosto. Stanno ballando sul Titanic, ma quel Titanic viene pagato dagli italiani. 

Sabato sera, Barbara D’Urso ha accennato un “Vaffa” all’indirizzo di Selvaggia Lucarelli durante Ballando. Cosa ne pensa? 

Penso che l’educazione abbia sempre e comunque un valore, in tv ancora di più. 

In estate, Mediaset è riuscita a fare un salto di qualità decidendo di non “spegnere” la sua programmazione. C’è anche un problema di palinsesto? 

Certo, ma il tema di fondo è che non sappiamo che idee abbia la governance dell’azienda. Per la prima volta nella storia repubblicana l’ad in un anno non si è mai presentato in commissione di Vigilanza. A un anno dalle elezioni del cda ancora c’è un presidente facente funzione perché la destra sta imponendo un ricatto politico: se non votate il presidente che vogliamo noi blocchiamo la commissione. 

Di recente sono usciti anche i dati Audiradio che segnalano un numero di ascoltatori più o meno costante per Radio1 anche durante la direzione Pionati. Cosa significano? 

Gli ascoltatori della radio hanno abitudini diverse dai telespettatori. Ma il canone si paga sia per la radio che per la tv, quindi va considerata la qualità di entrambi: che vada un po’ meglio per la radio e malissimo per la tv, bisogna tenere a mente che per i canali video gli ascolti contano anche per la raccolta pubblicitaria. 

Mancano pochi giorni al termine per la presentazione degli emendamenti al testo base della riforma Rai presentata dal centrodestra. Qual è la strategia delle opposizioni? 

Abbiamo fatto un ragionamento di coalizione. Siccome al Senato non si può riproporre un testo unico, lo faremo alla Camera. Nel frattempo presenteremo solo emendamenti condivisi proprio per dare un segnale politico: noi abbiamo un’idea ben precisa di cosa dev’essere il servizio pubblico, sul modello di governance, sulle risorse pubbliche e sui parametri quali-quantitativi per i programmi. Il centrodestra ha altri piani: Fratelli d’Italia vuole occupare la Rai, Forza Italia si occupa solo di limitare la raccolta pubblicitaria e la Lega vorrebbe regionalizzare l’azienda o addirittura venderla. 

Ci sono elementi su cui siete disposti a trattare con la maggioranza? 

Il nostro faro è il Media freedom act, quindi la legge va respinta in toto: bisogna ripartire dai pilastri del servizio pubblico, come il giornalismo d’inchiesta. Ma la destra soffre l’Europa e non vuole farsi controllare, né contestare. 

Avevate proposto di affidare la Rai a una fondazione. Avete messo da parte quest’opzione? 

Era la nostra proposta, ma nell’equilibrio della coalizione abbiamo deciso di lasciare la scelta dei consiglieri in mano al parlamento, fintantoché siano personalità autonome e che i giornalisti possano lavorare in maniera indipendente e libera. 

Torniamo al pluralismo. Alle vostre critiche la Rai oppone spesso dati che mostrerebbero una sostanziale equirappresentazione di tutte le parti politiche. 

Ma c’è modo e modo di costruire un servizio, un blocco, un programma, ed è evidente che c’è un problema di linea editoriale. Si lavora per danneggiare l’informazione sulle opposizioni e si scelgono temi che costruiscono una narrazione, perché non è soltanto un problema di equilibrio nei tempi. Per questo dico che c’è bisogno di parametri qualitativi. Ma siccome i cittadini sono più avanti di quello che pensano la destra Rai e Meloni, dicono la loro con il telecomando e di fronte a una narrazione a senso unico cambiano canale. L’ultimo episodio è quello che ha subito Lucia Goracci (additata come «negazionista» dall’azzurro Maurizio Gasparri su Rai3, ndr), alla quale va tutta la nostra solidarietà. 

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