Imponeva ai lavoratori dei trasporti di dichiarare «preventivamente la propria intenzione di aderire e di comunicarlo in maniera irrevocabile e «in forma scritta entro sette giorni dalla data prevista per l’astensione dal lavoro»
Ritirato l’emendamento in Manovra di Bilancio firmato da Fratelli d’Italia che imponeva ai lavoratori dei trasporti di dichiarare «preventivamente la propria intenzione di aderire allo sciopero». E di comunicarlo in maniera irrevocabile e «in forma scritta (…) entro sette giorni dalla data prevista per l’astensione dal lavoro». A comunicarlo, dopo le polemiche scatenate dall’opposizione e dai sindacati, per cui si sarebbero, di fatto, create delle «liste di scioperanti», è il senatore Matteo Gelmetti.
«Oggi il solo annuncio di uno sciopero», scrive in una nota il politico di Fratelli d’Italia, «anche da parte di una sigla sindacale minore, comporta che le aziende di trasporto siano costrette a ridurre del 50 per cento il servizio, qualunque sia il reale livello di adesione. Così capita che ad adesioni irrisorie corrispondano enormi disagi per gli utenti. Occorre introdurre un meccanismo che garantisca un equilibrio tra la riduzione del servizio e la reale adesione allo sciopero».
Secondo Gelmetti: «Si tratta di un tema complesso e di grande rilevanza e nella legge di Bilancio non ci sono le condizioni per una discussione approfondita. Per questo ritengo opportuno ritirare l’emendamento, ripromettendomi di presentare un disegno di legge più articolato».
Il ritiro arriva però dopo giorni di fortissime polemiche. Al centro delle contestazioni c’era soprattutto una delle previsioni più discusse del testo: l’obbligo per i lavoratori di comunicare per iscritto e con almeno sette giorni di anticipo la propria adesione allo sciopero. Una misura che, secondo Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti avrebbe rischiato di «snaturare il diritto di sciopero previsto dalla Costituzione». Per le organizzazioni sindacali, il meccanismo proposto non avrebbe garantito maggiore trasparenza, ma avrebbe piuttosto «compromesso la libertà individuale dei lavoratori» e reso più complessa, se non impraticabile, la mobilitazione in un settore già fortemente regolato.
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