Pietrangelo Buttafuoco, intellettuale di destra ed ex firma de Il Foglio e de Il Giornale, è la scelta della destra per la presidenza della Biennale di Venezia. La notizia è stata diffusa in mattinata, trovando conferme ufficiali, anche se fonti del ministero della Cultura hanno specificato che «l’attuale presidente, Roberto Cicutto, resterà in carica fino al termine del mandato, marzo 2024, al fine di garantire la necessaria continuità istituzionale e un graduale e ordinato passaggio di consegne­». Insomma, fanno sapere dal Mic di Gennaro Sangiuliano «la proposta di nomina di Buttafuoco rappresenta solo l’inizio di un percorso il cui primo passo è il parere consultivo delle commissioni cultura di Camera e Senato». L’ennesima forzatura, dunque.

Il passaggio di consegne, in ogni caso, ci sarà: è solo questione di mesi. L’annuncio ha provocato le reazioni entusiastiche, soprattutto all’interno di Fratelli d’Italia: «Una figura di alto profilo che di certo condurrà al meglio il suo lavoro. Con questa designazione da parte del ministro Sangiuliano si apre una nuova era», ha commentato Paolo Marcheschi, capogruppo di Fdi in commissione cultura al Senato. Mentre per Raffaele Speranzon, vicecapogruppo del partito di Giorgia Meloni a Palazzo Madama, con questa nomina ­«è stato infranto un altro tetto di cristallo».

Insulti volati tra Buttafuoco e Meloni

Un entusiasmo a piene mani che sembra aver cancellato le ruggini e gli insulti del passato tra Buttafuoco e Meloni, all’epoca solo leader di una forza di opposizione. A ricordarlo è il deputato del Pd, Matteo Orfini, con un post su X (ex Twitter): nel 2015 Buttafuoco era un nome papabile tra i candidati alla regione Sicilia del centrodestra, spinto soprattutto dal leader della Lega, Matteo Salvini.

«In estrema sincerità non credo sia una buona idea candidare alla guida della Sicilia una personalità che ha deciso di convertirsi all’Islam», scrisse Meloni in una nota, bocciando l’idea avanzata dal segretario leghista. Lo scrittore replicò duramente, lasciando comunque intendere di non volersi battere per la presidenza della sua regione: «Non sono adatto al mercato elettorale dove la pur formidabile Meloni è poi costretta ad argomentare da pezzente per salvaguardare il proprio orticello, ancora a proposito della Meloni, una cosa». Con un’aggiunta altrettanto velenosa: ­«Le regalerò Il Canzoniere di Ibn Hamdis, il più potente canone poetico della letteratura italiana in lingua araba (ebbene sì)». Certo, da allora sono trascorsi otto anni. «Suppongo abbiano fatto pace», ha ironizzato Orfini. 

Dai dem, comunque, sono arrivati altri messaggi preoccupati, nel metodo e nel merito: «La destra ha fatto un ulteriore passo in avanti nella concezione dello Stato come cosa di proprietà. Un senatore ha anticipato la nomina di Pietrangelo Buttafuoco come presidente della Biennale di Venezia. A poco servono le sconfessioni via fonti del Mic: il danno è fatto», ha commentato la deputata del Pd, Irene Manzi. «Ricordo al governo e alla sua maggioranza – aggiunge la parlamentare della minoranza – he c'è un presidente in carica fino al 2024 che sta ben lavorando. È davvero preoccupante l'assalto della destra alle istituzioni culturali del Paese».

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