La novità compariva nell’ultimo pacchetto di emendamenti segnalati. Si smentiva così l’impostazione del decreto sicurezza che equipara i prodotti della cannabis a basso contenuto di Thc agli stupefacenti. Una tesi bocciata dai tribunali ma che ha messo in ginocchio un settore da 20mila addetti. Ma dopo le reazioni, il partito di Meloni ci ripensa
La cannabis light può tornare legale. Anzi no. Il divieto introdotto dal decreto sicurezza, che aveva messo in ginocchio un intero settore e prodotto una valanga di contenziosi, sembrava smentito da un emendamento di FdI alla manovra, firmato dal senatore Matteo Gelmetti. Un emendamento che estendeva la legge quadro sulla canapa industriale del 2016, allargandola anche alle «infiorescenze fresche o essiccate e derivati liquidi» per uso «da fumo o da inalazione» con Thc, cioè il principio attivo psicotropo, fino allo 0,5%. L'emendamento introduceva un'imposta di consumo pari al 40% del prezzo di vendita al pubblico.
FdI dapprima ha sostenuto che l’obiettivo era contrastare «la diffusione e la vendita di prodotti a base di cannabis light, introducendo una super tassazione al 40%». Ma era una spiegazione che scricchiolava moltissimo, dato che il decreto sicurezza aveva equiparato questi prodotti agli stupefacenti, vietandoli. Un divieto che però non regge nei tribunali, ma intanto ha portato alla chiusura delle imprese che avevano investito su questo business.
Le opposizioni hanno puntato il dito sull’incoerenza di maggioranza e governo. Difficile sostenere che la cannabis con meno dello 0,5% di principio attivo, e tuttavia equiparata agli stupefacenti, fosse meno dannosa se tassata del 40%. In serata fonti parlamentari riportano l’intenzione del partito di Meloni di ritirare l’emendamento.
Sulla questione pende un giudizio della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull’articolo del decreto sicurezza che impone il divieto totale sulla cannabis di qualsiasi tipo.
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