L’ultima arrivata è Mara Carfagna, accolta a braccia aperte da Carlo Calenda. Esattamente come ha fatto con l’altra ministra, Mariastella Gelmini, che aveva annunciato la sua decisione con qualche giorno di anticipo rispetto alla collega. Ma la tempistica cambia poco: entrambe hanno trovato le porte spalancate per l’ingresso nella segreteria di Azione e la certezza di una candidatura alle elezioni del 25 settembre.

Lo ha confermato il fondatore durante l’incontro con i giornalisti e per questo è stata convocata una conferenza stampa per presentare le new entry. «Se dieci giorni fa mi avessero detto che mi sarei trovata al fianco di Carlo Calenda e Maria Stella Gelmini, con il simbolo di un partito diverso da quello in cui ho militato per 20 anni, non ci avrei creduto», ha detto Carfagna per caricare di enfasi il passaggio.

La migrazione

Quanto sta accadendo sarà sicuramente «un’enormità», per riprendere proprie le parole di Carfagna, ma il processo di migrazione da Forza Italia ad Azione è iniziato da tempo.

Ha mosso i primi passi con profili meno mediatici rispetto alle ministre del governo Draghi, ma erano comunque provenienti dal partito di Silvio Berlusconi.

Così si è creato il caso di un leader, Calenda, che ha fondato un soggetto politico dopo una scissione nel Pd, portandosi via pezzi dem, fulcro della struttura partitica. Ma che pian piano è diventato una calamita per i vari berlusconiani pentiti. Un partito sempre più azzurro.

«La casa italiana dei moderati, popolari, atlantisti, liberisti», secondo la definizione data, in conferenza stampa, dalle ministre che un tempo usavano le medesime parole per Forza Italia.

Gli altri

E l’esodo potrebbe non essere affatto terminato, perché Carfagna può contare ancora su qualche fedelissima disposta a seguirla, come la deputata campana Rossella Sessa, fresca di abbandono di FI.  Calenda ha parlato poi di una «interlocuzione» con il terzo ministro uscito da FI, Renato Brunetta.

Si incastrano, insomma, altri tasselli del puzzle di ForzAzione, che prende sempre più forma. Un progetto che sembrava essere nella testa di Matteo Renzi fin dal lancio di Italia viva, tanto che si usava la definizione di Forza Italia viva per sottolineare le assonanze. Invece tocca a Calenda intercettare i delusi da Berlusconi. La «parte migliore di Forza Italia», ha detto il leader di Azione «quella più illuminata», in riferimento alle ministre.

Il precursore

Va dato atto, però, che l’apripista del processo è stato il deputato piemontese, Enrico Costa, punta di diamante del garantismo alla camera. L’adesione ad Azione è maturata in tempi non sospetti, nel 2020. Fin dall’inizio della legislatura, è stato il contraltare del giustizialismo di Alfonso Bonafede.

Costa è un forzista della prima ora: già nel 2006 è stato eletto alla camera nelle liste di FI e successivamente è tornato a Montecitorio grazie all’adesione al Popolo delle libertà, sempre in quota Forza Italia.

Nel 2014 ha seguito Angelino Alfano nella nascita del Nuovo centrodestra, diventando anche ministro per gli Affari regionali nei governi Renzi e Gentiloni. Ma dopo aver cercato una nuova collocazione, nel 2018 è tornato alla casa-madre nelle braccia di Silvio Berlusconi.

Nell’agosto 2020 è passato ad Azione, aprendo la breccia per tracciare una traiettoria seguita da tanti ex compagni di partito. Certo, c’è stato un intervallo temporale, legato alla fase pandemica.

E così, ben prima che le ministre lasciassero Berlusconi, un’altra esponente di Forza Italia, Barbara Masini, ha scelto Azione. La senatrice toscana, campionessa di preferenze alle Comunali a Pistoia del 2017, ha mollato il partito che l’ha portata a palazzo Madama nel 2018, abbracciando il progetto di Calenda, che in segno di riconoscenza le ha apparecchiato un posto in segreteria come responsabile dei diritti umani.

L’accelerazione

Dalla primavera l’accelerazione è diventata vigorosa. A marzo nella componente di Montecitorio, formata da Azione e +Europa, è approdato Claudio Pedrazzini, ex consigliere regionale in Lombardia di Forza Italia. Ancora prima, con il Pdl di Berlusconi è stato assessore provinciale a Lodi.

A seguire Calenda ha accolto anche Osvaldo Napoli, deputato piemontese con alle spalle una lunga esperienza politica. Ma con una marchio di fabbrica indelebile: la lealtà al leader di Arcore, tanto che ha aderito a Forza Italia già nel 1994. Sette anni dopo, nel 2001, c’è stata la prima elezione alla camera.

Un credo politico che non è stato mai messo in discussione, tranne in questa legislatura, quando Napoli ha optato per l’ingresso in Coraggio Italia. Poi ha preso atto che il progetto di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti non è mai decollato e ha deciso di passare con Calenda, portando con sé la fedelissima Daniela Ruffino, che è stata erede di Napoli nel ruolo di sindaca di Giaveno, paese in provincia di Torino.

La sua storia politica non è pluridecennale, come quella del suo mentore, ma pur sempre portata avanti nell’alveo azzurro. Fino all’approdo all’interno di Azione. Con una scelta di insofferenza, ma anche di «coraggio» per dirla con le parole della ministra Gelmini. 

© Riproduzione riservata