Mario Draghi ha detto che da una parte c’è la transizione ecologica, e dall’altra i costi sociali «che potrebbero essere, come stiamo vedendo ora, l’aumento delle bollette». Al momento però se sale il prezzo della bolletta è colpa del gas metano, non della transizione, anche se Matteo Salvini invoca le trivelle e rapporti più stretti con la Russia, il maggiore esportatore di metano al mondo. Un’impennata che pagheremo tutti e peserà di più su chi ha meno.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha dichiarato lunedì scorso che la bolletta della luce salirà da ottobre del 40 per cento. Sulle prime si era detto preoccupato dalla «sostenibilità» della transizione. Giovedì ha cambiato idea: «La vera cosa importante è accelerare il nostro processo di installazione delle rinnovabili e così ci sganciamo il più rapidamente possibile dal costo del gas».

Nel dare l’annuncio dell’aumento dei prezzi, infatti il ministro veva puntato il dito dalla parte sbagliata. Pur menzionando l’aumento del prezzo del gas, aveva sottolineato il peso del sistema di tassazione della CO2 - che serve per spingere al taglio delle emissioni – e ribadito che «la transizione» deve essere rapida «senza penalizzare le famiglie». Ma quello che pesa sono ancora una volta le fonti fossili.

Secondo un conteggio di Selectra Italia, società che si occupa di comparare le offerte sul mercato, l’aumento del prezzo dell’elettricità negli ultimi 3 mesi infatti è al 97 per cento dovuto a fattori non legati alla CO2, ma principalmente all'aumento dei prezzi del gas, quasi raddoppiati rispetto alla fine di giugno.

Negli ultimi 3 mesi i crediti per la compensazione di CO2 hanno fatto aumentare la produzione dell’elettricità di soli 2-3 euro per megawattora, mentre il prezzo dell’energia nello stesso periodo è salito di oltre 40 euro per megawattora (l’anno scorso abbiamo consumato 302,7 milioni di megawattora).

Per compensare, il governo sta pensando di intervenire in vari modi: dall’estensione del bonus per le famiglie meno abbienti, al taglio dell’Iva o, come già fatto in passato, scontare gli “oneri di sistema”, un’altra componente della bolletta che normalmente “pesa” circa il 20 per cento dell’importo totale.

Spesa e oneri

La resa dei conti arriverà con l’aggiornamento del primo ottobre del mercato tutelato, quello a cui aderiscono 15 milioni di famiglie italiane – il 44,68 per cento del totale dei punti attivi – e si conoscerà l’effettivo aumento del costo finale dell’energia per i consumatori. Il dato è reso noto dall’Autorità per l’energia (Arera), ma il governo interverrà prima che il nuovo prezzo venga comunicato, ed è probabile che molti se non tutti i consumatori vengano salvati dall’inevitabile aumento finale della bolletta tagliando altrove.

L’Arera spiega infatti che le voci di spesa indicate su tutte le bollette nel riepilogo sono essenzialmente quattro: spesa per la materia energia – sui cui ricadono anche quelli per la CO2 -, spesa per il trasporto e la gestione del contatore, spesa per oneri di sistema e infine le imposte. In casi particolari possono essere presenti anche altre voci di spesa: ricalcoli; altre partite; bonus sociale.

Il presidente dell'Autorità per l'energia, Stefano Besseghini

Si aggiunge infine una voce che più si discosta dalle altre: il canone Rai, inserito da Matteo Renzi nel 2016 nelle fatture. Nelle bollette in cui viene addebitata una quota del canone di abbonamento TV è presente anche la voce di spesa “Canone di abbonamento alla televisione per uso privato”.

Allo stesso modo tutte le risposte sul tema “oneri di sistema” si trovano sul sito Arera. Questa voce serve a coprire i costi relativi ad attività che sono state ritenute di interesse generale per il sistema elettrico, e che vengono pagati da tutti i clienti finali.

Il prezzo complessivo comprende, dal 1 gennaio 2018, le componenti Asos, relative al sostegno delle energie da fonti rinnovabili e alla cogenerazione, e Arim, rimanenti oneri generali. Di questi fanno parte l’incentivazione dei termovalorizzatori; la messa in sicurezza del nucleare – il cosiddetto “decommissioning” che va nelle casse di Sogin, la società di stato che si occupa dello smantellamento delle centrali nucleari – e misure di compensazione territoriale; agevolazioni tariffarie riconosciute per il settore ferroviario; sostegno alla ricerca di sistema elettrico; il bonus elettrico (quota che ai clienti cui è stato riconosciuto il bonus viene compensata); integrazioni delle imprese elettriche minori e promozione dell'efficienza energetica.

Il costo delle varie componenti sale perché vengono spalmati su tutti gli altri gli sgravi per gli energivori, le aziende che per produrre consumano molta energia, voluti nel 2018 dall’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda.

Ci sono infine le imposte, che comprendono le voci relative all’imposta di consumo – accisa - e all'imposta sul valore aggiunto (Iva). L'accisa si applica alla quantità di energia consumata mentre  l’Iva si applica sull’importo totale della bolletta. Attualmente, per le utenze domestiche è pari al 10 per cento, per le utenze non domestiche è del 22 per cento.

Il rincaro

Selectra ha fatto i conti sia che cresca del 40 per cento la bolletta complessiva, sia che che aumentino di quella percentuale i soli costi della componente energia. Nel primo caso la bolletta media mensile salirebbe di 20 euro, dagli attuali 52 a 72 euro circa. Nella seconda, l’impatto sulla bolletta sarebbe minore, ma comunque molto forte: aumenterebbe del 30 per cento. Per un consumatore medio si tradurrebbe in circa 15 euro al mese in più.

In ogni caso il prezzo dell’energia sul tutelato per il quarto trimestre del 2021 dettato esclusivamente dai fattori del mercato (quindi senza tener conto di eventuali manovre del governo e decisioni politiche, specificano) dovrebbe aggirarsi sui 125 euro megawattora: un aumento di circa il 30 per cento per un incremento della bolletta finale del 24 per cento, quindi di poco più basso di quello previsto dal ministro. Una famiglia media dovrebbe perciò spendere per l’elettricità dagli attuali 52 euro a circa 64 euro al mese.

Dove intervenire

L’hanno chiamata «la tempesta perfetta». Durante il Covid-19 il prezzo del gas è diventato bassissimo a causa della produzione in calo per via la pandemia. Il Covid ha portato anche a investimenti ritardati e difficoltà di produzione. Con la ripresa è arrivato il boom della domanda a livello globale con stoccaggi in Europa bassi in congiuntura «con l’inverno e l’accensione dei termosifoni, in arrivo», sottolinea Antoine Arel, co-fondatore di Selectra. La società ha tenuto traccia dell’aumento dei prezzi: il Pun, Prezzo Unico Nazionale, relativo al mercato all'ingrosso dell’energia elettrica, segnalano, è più che triplicato dall’inizio dell’anno, passando da circa 50 €/MWh ai valori record di adesso, che si aggirano sui 150 €/MWh.

l costi della produzione delle centrali a gas, ricordano, sono quelli che di fatto stabiliscono il prezzo dell’energia sul mercato. Di fronte a questo, ha detto Arel, «le rinnovabili purtroppo pesano ancora troppo poco nel mix produttivo, mentre gli incentivi chiaramente costano, ma sono rimasti stabili negli ultimi anni, per cui – sottolinea – non spiegano minimamente l’aumento delle bollette».

Le disuguaglianze

«Essere così dipendenti dal metano ci ha esposto a questo rischio» aggiunge Matteo Leonardi, analista e fondatore del think tank per il clima Ecco. La testata specializzata Staffetta Quotidiana ha descritto la situazione come «una sorta di stallo tra il vecchio paradigma fossile ancora dominante (anzi in ripresa) ma dalle prospettive incerte per le decisioni di policy che a parole lo danno già per sepolto, e il nuovo paradigma “zero carbon”, che non è ancora qui a sostituirlo».

A fronte della volatilità del prezzo del metano su cui il governo non può intervenire nell’immediato, la risposta rischia di acuire le disuguaglianze, con benefici a pioggia che vengono però pagati da tutti: «Già nello scorso trimestre il governo aveva sborsato 1,2 miliardi dalle aste della CO2 per abbassare il costo degli oneri di sistema e compensare l’aumento dello scorso trimestre del prezzo dell’energia».

Che si tagli l’Iva o si intervenga sugli oneri – che costano circa 3 miliardi a trimestre - cancellare questi costi indiscriminatamente (soprattutto gli oneri) rischia di trasformarsi in «una regalia per tutti quanti»: «Il taglio non ha a che vedere con i più poveri o con chi ne ha effettivamente bisogno», spiega Leonardi.

Il primo esempio sono le seconde case, che appartengono a persone mediamente più abbienti. Anche per queste ci sarà il taglio degli oneri, ma è difficile che i proprietari risentirebbero dell’aumento dei prezzi dell’energia, visto che in quel contesto si consuma molto di meno.

Ampliare il bonus sociale, d’altra parte, non è una garanzia: «Già oggi non è un meccanismo che raggiunge tutti i consumatori che hanno questa necessità», conclude Leonardi. Di fronte all’emergenza bisogna però cominciare a pensare al futuro. L’economia, spiega, deve diventare «resiliente»: «Adesso è ripartita la domanda di energia, le rinnovabili non sono state fatte. In un mondo di crisi come il Covid il metano non può continuare a essere un bene critico. La policy deve finalmente diventare coerente».

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