- La commissione Giustizia al Senato è particolarmente problematica, con una maggioranza “mobile” che spesso oscilla per un solo voto e un presidente – il leghista Andrea Ostellari – confermato con quello che da Pd e Movimento 5 Stelle è stato definito «un colpo di stato».
- Per questo è considerata un congelatore di disegni di legge: quello che qui arriva tende ad andare a rilento, con un ostruzionismo che nei casi di bassa conflittualità è silenzioso, in altri – come è stato il caso del ddl Zan – diventa lampante.
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Viene convocata normalmente, ma con ordini del giorno lunghissimi e in cui i provvedimenti si intersecano. In questo modo non si svolgono i lavori in modo organico, senza che sia possibile intuire la fine dell’esame dei singoli ddl. Una strategia che si riverbera nei numeri, con appena 11 ddl di natura parlamentare approvati dall’inizio della legislatura e 6 conversioni di decreto legge.
Esiste una tendenza, in parlamento: far passare i disegni di legge alla Camera, così che il Senato diventi un luogo quasi esclusivamente di ratifica e senza possibilità di cambiamento dei testi. E’ così per ragioni numeriche e vale oggi per la maggioranza spuria del governo Draghi ma è stato così anche prima, negli esecutivi dai numeri risicati come il Conte II: quella di Montecitorio è l’aula più controllabile. Quindi il lavoro di commissione corre più agevole, il testo viene modificato e vota



