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Securitaria sui rave ma con un ministro garantista, statalista sul Covid ma con un alleato autonomista, draghiana in Ue ma con una base sovranista. Su tutti i dossier gli alleati sabotano le decisioni della premier.
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Sul reintegro dei medici no vax, annunciato senza consultare la conferenza Stato-regioni, fa emergere l’inconciliabilità dell’impianto presidenziale e accentratore che è nel dna di Meloni con il progetto autonomista, che è la spina dorsale della Lega.
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Nella fase delle nomine era possibile usare la ghigliottina del «decido io» davanti all’inconciliabilità degli alleati e passare oltre, ora arrivano i guai di un governo che deve scegliere cosa fare e farlo in modo concertato.
Giorgia Meloni ha un problema e a farlo emergere sono bastati una settimana di governo e un disastroso consiglio dei ministri. La presidente del Consiglio non è stata in grado di fare una sintesi politica su nessuna delle prime questioni che lei stessa ha posto all’ordine del giorno – giustizia, Covid e soluzioni economiche – e ogni volta che fa un passo avanti la sua maggioranza la costringe a farne due indietro. Dopo due giorni di silenzio ha rivendicato «con orgoglio» il nuovo reato anti-



