La prima giornata di consultazioni dà la misura dell’opposizione che aspetta Giorgia Meloni, qualora alla fine diventasse davvero premier. E la prospettiva per quella che sarebbe la prima donna a palazzo Chigi non è nerissima, anzi. Complice la crisi energetica, le future opposizioni si mostrano divise, nonostante le loro linee rosse coincidano quasi totalmente, e in parte pronte a mettere da parte «l’opposizione senza sconti» (copyright Carlo Calenda) per mostrarsi collaborativi con Meloni su singoli temi.

Le autonomie

La prima crepa sulle intenzioni delle opposizioni è aperta con le autonomie. La senatrice Julia Unterberger ha spiegato di essere orientata a negare la fiducia al nuovo governo. Ma la porta non è totalmente chiusa: più chiaro di Unterberger è il suo collega alla Camera Manfred Schullian. «Vogliamo valutare e valuteremo quella che sarà la lista dei ministri e i segnali che potrebbero arrivarci. Comunque siamo disponibilissimi a un confronto costruttivo con questo governo».

È vero che le Autonomie hanno un numero di seggi piuttosto limitato, ma poterli considerare un asso nella manica potrebbe tornare utile in prospettiva a Meloni, soprattutto al Senato.

Il Terzo polo

Le autonomie non sono le sole a mostrarsi disponibili con il nascituro governo. Anche il Terzo polo promette per bocca del leader Carlo Calenda «un’opposizione senza sconti» ma «non pregiudiziale». L’ex ministro pone come condizioni il rispetto della posizione internazionale dell’Italia e dei diritti civili, ma pur escludendo un sostegno stabile alla maggioranza apre a una collaborazione su singoli temi.

«Da noi non arriverà un sostegno sula fiducia a questo governo ma se presentano il rigassificatore di Piombino o un pacchetto per le bollette noi lo votiamo». Calenda esclude invece categoricamente la possibilità di far parte di un’opposizione “contro” «che non gioverebbe né alla causa delle opposizioni né al dialogo fra opposizioni e governo che si deve instaurare in una democrazia matura». Piuttosto, dice Calenda, meglio concentrarsi sulle «questioni concrete e pratiche» nella collaborazione.

I Cinque stelle

Paradossalmente, quasi tutte le formazioni di opposizione condividono gli stessi capisaldi su cui annunciano di non voler cedere. Alleanza Verdi Sinistra, Terzo polo e Cinque stelle promettono battaglia se il futuro governo dovesse provare a mettere in dubbio diritti civili e posizione atlantista, M5s e Avs insistono anche sulle disuguaglianze.

Con parole diverse, anticipano che «non permetteranno passi indietro sul diritto all’aborto» (Eleonora Evi, Verdi) o che «troveranno in noi un muro» (Giuseppe Conte, M5s) se la maggioranza dovesse toccare le conquiste sui diritti civili. Esprimono tutti «viva preoccupazione per le parole di Berlusconi» (Calenda, Azione) e la possibile nomina di un azzurro alla Farnesina.

Eppure, anche Giuseppe Conte certifica che «un’opposizione unitaria non è nell’ordine delle cose» in attesa del congresso del Pd. Conte è meno disponibile alla collaborazione con la maggioranza. «A ciascuno il suo ruolo» dice, ma non esclude «un contributo costruttivo», per esempio per quanto riguarda le misure per contrastare il carobollette.

Il Pd

A chiudere la giornata è stata la delegazione dem, che pure ha promesso «un’opposizione rigorosa e ferma» e un fronte compatto su lavoro, diritti e ambiente. Ma anche nel caso di Enrico Letta va registrata una sfumatura sulle possibili modifiche alla Costituzione che Meloni ha in programma di fare: «Abbiamo intenzione di essere la difesa della Costituzione, il che non vuol dire che non siamo disponibili a una discussione per migliorare la carta».

Sull’opposizione comune, diversamente da Conte, pronto a cavalcare la piazza pacifista in solitaria, Letta tenta un timidio avvicinamento: «I primi passi li abbiamo fatti, ora lavoriamo per costruire una maggiore intesa tra le opposizioni».

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