L’Italia di Draghi è in prima fila nella crisi russo-ucraina, il rischio di un’esplosione del conflitto non è scongiurato e il suo Pd non ha preso granchi, neanche quando si è schierato a fianco di cortei zeppi di indipendentisti filonazisti. È la versione di Piero Fassino, già ministro del commercio estero e ultimo segretario dei Ds, su come la Nato difende le democrazie.

Fassino, in Ucraina sta per scoppiare una guerra mondiale?

La tensione è altissima, le dichiarazioni dell’una e dell’altra parte sono molto aspre, ma si continua a tessere una rete di colloqui e contatti per cercare una soluzione politica. Biden ha incontrato Putin tre volte, Blinken e Lavrov si sono incontrati ripetutamente e hanno annunciato un altro incontro. L’Osce ha riunito a Vienna tutti i protagonisti della regione, l’Ue attraverso Macron, Scholz e Draghi si è mossa. E lo stesso Zelensky ha chiesto a Draghi di intermediare un faccia a faccia con Putin. È la conferma che tutti si rendono conto che la guerra nel cuore dell’Europa sarebbe una catastrofe. Naturalmente in situazioni così delicate possono accadere eventi non previsti che fanno scappare di mano la situazione. Per questo è necessario che nessuno compia atti inutilmente dimostrativi che possano innescare spirali ingovernabili.

L'Italia di Draghi è un protagonista tardivo?

No. Siamo stati della partita sin dall’inizio. Macron è andato a Mosca come presidente di turno del Consiglio europeo avendo consultato tutti i principali leader europei, fra cui Draghi. Scholz è stato in contatto con Draghi prima del suo viaggio. La richiesta di Zelenski a Draghi di promuovere un incontro con Putin e la reiterata richiesta di Mosca di incontrare Draghi dimostrano che l’Italia è considerata un paese della partita. Naturalmente ci muoviamo in coerenza con le posizioni assunte nell’Ue, in modo che tutti i leader europei parlino una sola lingua, e in continua consultazione con Washington.

Un’Europa con una voce sola, davvero?

Fino a ora sì. Le posizioni che l’Ue ha sostenuto sono: la necessità di non mettere in causa l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina; la richiesta alla Russia di ridimensionare la presenza militare ai confini con l’Ucraina, perché schierare 150mila uomini è un atteggiamento minaccioso, e se si vuole dimostrare che non si vuole invadere la prima cosa è ridurre la presenza militare; l’inaccettabilità di riedizioni fuori tempo di aree di influenza o teorie di sovranità limitate su tutto lo spazio dell’ex Urss perché non siamo più in epoca bipolare, viviamo in un mondo multilaterale e ogni paese deve essere riconosciuto nella sua sovranità; e infine, le questioni di sicurezza che la Russia pone si risolvono ricostruendo un’architettura di sicurezza in Europa, una sorta di Helsinki 2, che ridefinisca parametri, obiettivi e strumenti in cui tutti si riconoscano e da cui tutti si sentano garantiti.

È la Nato che si è espansa nelle aree di influenza dell’ex Urss, anche se qualche decennio fa questa dottrina era considerata un errore.

Ma l’Europa centrare non può essere un’area sottoposta all’influenza russa. L’Ungheria, la Polonia, i Paesi baltici o la Romania hanno il diritto di scegliere la propria affiliazione internazionale. Peraltro chiediamoci che cosa sarebbe l’Europa centrale senza l’adesione alla Ue e alla Nato. Un’area grigia, senza identità, esposta a ogni influenza e invasività.

La Nato ha incluso democrazie non precisamente liberali.

Si deve avviare un cantiere della sicurezza europea a cui tutti partecipino, e che definisca un’architettura che garantisca a ogni paese di sentirsi sicuro e libero. C’è un consiglio Nato-Russia creato esattamente per avere un’interlocuzione e perché si sa benissimo che con la Russia bisogna fare i conti. E ricordo che quando l’Ue fece l’allargamento ai paesi dell’Europa centrale, che la Russia non voleva, nello stesso tempo Bruxelles sottoscrisse il primo accordo di partenariato con Mosca, per dimostrare che l’allargamento non era un atto ostile. Il tema, ripeto, è un sistema in cui tutti si sentano sicuri, liberando la Russia dalla sua storica sindrome dell’accerchiamento, tema oggi fuori tempo. Nessuno vuole accerchiare la Russia e per questo la Russia non può pretendere sfere di influenza.

La Russia non può chiedere che la Nato si impegni a non ammettere l’Ucraina?

Il tema non è all’ordine del giorno. L’Ucraina non ha presentato domanda di adesione. Nella Nato si entra per consenso unanime, e questo consenso non c’è. Se l’Ucraina non aderirà alla Nato o vorrà essere neutrale dovrà essere una sua libera scelta, non l’imposizione di un veto.

Il riavvicinamento Mosca-Pechino, una saldatura che neanche il comunismo era arrivato a fare, è un tema reale?

Credo che da parte russa questo riavvicinamento sia strumentale, un elemento di pressione, un messaggio all’Occidente. La Russia non ha nulla da guadagnare dal rapporto con la Cina, di cui Mosca finirebbe per essere vassallo. Il primo partner commerciale della Russia è l’Ue, il principale acquirente dei prodotti energetici è l’Ue, quindi la Russia ha un interesse strategico ad avere un rapporto con l’Ue, non con la Cina.

Anche l’Unione ha interessi economici e strategici con la Russia.

Certo. I flussi di investimento e esportazione sul mercato russo sono europei. Se dovessero venire meno, l’economia russa soffrirebbe duramente. E viceversa, la Russia è il principale fornitore energetico dell’Europa. E mai dimenticare che la Russia è parte integrante del continente europeo. Ha due terzi del territorio in Asia, ma due terzi della popolazione in Europa.

L'Unione sta facendo i suoi interessi?

Gli interessi sono corposi, ma non possono essere subordinati ai valori. E i nostri, quelli delle democrazie liberali, sono irrinunciabili. La sovranità di una nazione, la sua integrità territoriale e indipendenza sono principi non negoziabili.

Vale anche per l’Afghanistan?

Certo. Lì siamo andati a combattere i talebani. E le donne afghane avevano diritti e libertà che oggi sono repressi.

Allora perché ce ne siamo andati da Kabul, visto che dopo vent’anni in sistema talebano si è ripresentato intatto?

L’esito non è stato positivo e sono stati commessi errori. Ma in quei vent’anni la società afghana è stata più libera.

A proposito di Afghanistan, forse proprio dopo il ritiro da Kabul Biden è diventato interventista, smentendo la sua stessa campagna e anche le amministrazioni precedenti?

Biden, fin dal suo insediamento, ha posto un accento forte sul tema dei diritti umani. E non a caso. In questi anni sono cresciute nel mondo le autocrazie e le democrazie illiberali. La difesa degli standard democratici oggi ha un rilievo più forte che in altre fasi. E se prima perfino i dittatori dicevano si dichiaravano democratici, oggi nel mondo si assiste a una crescita di autocrati che in modo esplicito contestano i valori della democrazia liberale. C’è anche questo dietro la vicenda di queste settimane, perché quando parliamo di Russia parliamo del paese del caso Navalny, dello scioglimento di Memorial, della legge sugli agenti stranieri che è stato un modo per ridurre gli spazi per le organizzazioni della società civile, e di norme elettorali discutibili. Lì la democrazia soffre.

La democrazia soffre anche nei paesi Nato. Secondo il presidente Draghi il turco Erdogan è un dittatore.

Anche se eletto, ha certamente un modo di governare autocratico e illiberale.

Ma non lo attacchiamo militarmente per questo.

L’uso della forza è un’extrema ratio e a precise condizioni. Le crisi non si risolvono con le armi. Infatti ciò che si sta facendo nel conflitto russo-ucraino è scongiurare la precipitazione bellica perché acutizzerebbe i problemi. E proseguire sulla strada dal confronto e del dialogo critico. E lo stesso atteggiamento che bisogna tenere con l’attuale governo turco.

Il suo Pd si è messo al fianco delle manifestazioni indipendentiste ucraine. Ma il rischio è, com’è successo, di elogiare le piazza di nazionalisti e anche filonazisti.

Noi non ci siamo mai messi a fianco di manifestazioni filonaziste o ultranazionaliste. Sosteniamo il diritto dell’Ucraina a vedere rispettata e riconosciuta la sua sovranità e la sua integrità territoriale. E con noi ci sono milioni di democratici di tutto il mondo.

Il rischio non è finire con il favorire nuovi autocrati o altre democrazie illiberali?

No, l’Ucraina oggi non è un’autocrazia e in ogni caso noi difendiamo l’indipendenza e la sovranità di quel paese. Poi, da chi quel paese è governato lo scelgono gli ucraini con le elezioni, non noi.

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