Quattro anni fa la leader di Fratelli d’Italia denunciava la trasmissione come megafono del governo Conte II: oggi, da presidente del Consiglio, la usa per fare propaganda a una settimana dal voto nelle Marche
Il 21 settembre Giorgia Meloni, da presidente del Consiglio, entra finalmente nel salotto che durante il governo Conte II bollava come «Corea del Nord».
Nel 2020, a una settimana dal voto per il referendum sul taglio dei parlamentari e dalle elezioni regionali, Giuseppe Conte era ancora presidente del Consiglio. Il 13 settembre si diffuse la notizia che avrebbe mandato un videomessaggio per l’inizio dell’anno scolastico all’interno di Domenica In. Una scelta che scatenò le ire dell’opposizione. A guidarle fu proprio Giorgia Meloni. Dalle sue pagine social bollò la decisione come «uno scandaloso utilizzo del servizio pubblico. Benvenuti nella Corea del Nord». A ruota seguiva il leader della Lega, Matteo Salvini: «La tv pubblica concede i suoi microfoni al capo del governo? Di certo farà lo stesso per l’opposizione. Altrimenti partiranno le denunce». Alla fine Conte scelse di declinare: «per evitare che la scuola diventi occasione di polemiche».
Un anno dopo la scena si ripete, ma con un accento ancora più acceso. È il maggio 2021 Meloni torna all’attacco diretto alla trasmissione condotta da Mara Venier, colpevole a suo dire di non garantire spazio ai leader dell’opposizione. L’affondo arriva con un tweet: «Continua il tentativo di silenziare l’opposizione. Da mesi, esponenti del governo si alternano senza contraddittorio tra gli ospiti di Domenica In ma quando si tratta di dare spazio all’opposizione rispondono che non invitano politici. Benvenuti in Corea del Nord».
Il bersaglio è preciso: la trasmissione più popolare del pomeriggio domenicale, accusata di essere megafono del governo Conte II e di negare pluralismo. Sul banco degli imputati c’è la presenza fissa di Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, che da settimane aggiorna i cittadini sull’emergenza coronavirus. Un habitué, secondo Meloni, trasformato in ospite di casa.
Lo scontro diventa caso politico. Daniela Santanchè, allora capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Vigilanza Rai, alza il tiro: «Continuano i tentativi di censura contro Fratelli d’Italia unica opposizione rimasta in Italia. Perché Domenica In rifiuta di dare spazio a Giorgia Meloni e alle sue opinioni? Perché ogni settimana nella trasmissione più importante del pomeriggio domenicale del servizio pubblico viene dato ampio spazio alla voce del governo senza mai concedere all’opposizione un contraddittorio?». E poi la domanda: «Domenica In non è di proprietà del governo o del Movimento Cinquestelle? La Rai è pagata da tutti, il pluralismo è dovuto!».
Erano gli anni in cui Meloni costruiva la sua immagine da oppositrice intransigente. Ogni palcoscenico concesso al governo diventava per lei il simbolo di un sistema chiuso e squilibrato, un «regime» mediatico che metteva all’angolo la sua voce. La leader di FdI martellava sul concetto: la Rai non appartiene al governo, ma ai cittadini, e quindi deve dare spazio a chi contesta l’esecutivo.
In questi quattro anni tutto nel mondo è cambiato. Meloni non è più l’opposizione che denuncia la Rai come «Corea del Nord», ma la Presidente del Consiglio che sfrutta il palcoscenico di quella che molti chiamano Telemeloni. Così il 21 settembre su Rai 1 la leader di Fdi si collega proprio il criticatissimo contenitore condotto da Mara Venier. Tema: la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
Il tono è cambiato, il linguaggio pure. «Vogliamo prendere una delle cose più straordinarie che abbiamo, che raccontano meglio tanto la nostra cultura, la nostra identità, la nostra tradizione, la nostra forza, ma anche la nostra economia», dice la premier. E aggiunge numeri: «La cucina italiana vale circa 250 miliardi di euro nel mondo, e vogliamo farlo riconoscere». Poi il ricordo privato, la nota sentimentale: «Io di solito passavo il pranzo della domenica con i nonni e per me, ma penso per molte famiglie italiane, è legato alle pastarelle. Mi ha legato moltissimo ai miei nonni materni il pranzo della domenica».
Dal lessico della denuncia al registro dell’intimità: l’opposizione del 2021 che urlava «Benvenuti in Corea del Nord» ha lasciato il posto alla premier che, nel salotto buono della Rai, ricorda i nonni e celebra la tavola domenicale. Dove allora vedeva propaganda di regime, oggi scorge un’occasione per raccontare «il pezzo fondamentale della comunità, della convivialità» italiana. Un’influencer più che una politica, proprio a 24 ore dalla pubblicazione sulle colonne di Repubblica del sondaggio Demos sugli orientamenti elettorali degli italiani, alla vigilia delle regionali dove la premier e il suo governo, risultano bocciati da sei italiani su dieci. Resta sospeso l’eco di quelle parole di allora, scolpite nei social: «Benvenuti in Corea del Nord».
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