L’opposizione non ha i numeri, ma l’assedio alla maggioranza in corso in questi giorni porta a qualche risultato. Ieri mattina alla Camera, nel corso del voto sul ddl Fiscale, il governo è andato sotto. Battuto dalla sua maggioranza. È Successo su un tranquillo ordine del giorno proposto da Gianni Cuperlo che chiedeva di «programmare una campagna di opinione utilizzando il servizio pubblico radio-tv» per «sensibilizzare sull’impatto dell’evasione fiscale su servizi pubblici come sanità, scuola e infrastrutture». Una di quelle pubblicità-progresso che non si negano a nessuno, insomma. E infatti l’esecutivo, attraverso il sottosegretario all’Economia Federico Freni, ha dato parere positivo. E invece l’occhiuta Augusta Montaruli di FdI (che da sottosegretaria si è dovuta dimettere causa sentenza definitiva per le sue spese particolari con i soldi della regione Piemonte) è subito intervenuta a correggere il governo.

Risultato, l’odg è stato bocciato (148 no, 131 sì). Poi il capogruppo Tommaso Foti ha spiegato che la maggioranza non ha gradito la citazione cuperliana al «pizzo di stato», formula usata da Giorgia Meloni per definire le tasse. Già che c’era, Foti ha attaccato Domani, che ieri ha pubblicato una nuova puntata sugli affari della famiglia Santanchè: stavolta si tratta di una villa comprata e rivenduta dal suo fidanzato e dalla moglie di Ignazio La Russa, operazione avvenuta a gennaio nel giro di 58 minuti per una plusvalenza di un milione di euro.

L’assedio

Il governo è in confusione, i deputati ammettono lo sbando ma solo off the record. Davanti ai giornalisti i deputati di FdI e FI sostengono che Daniela Santanchè, Andrea Delmastro e Ignazio La Russa non hanno alcun motivo di dimettersi. Al Senato, alla riunione dei capigruppo, il presidente La Russa riaggiorna la calendarizzazione della mozione di sfiducia contro la ministra depositata dai Cinque stelle. «Ne riparliamo la prossima settimana», risponde a Stefano Patuanelli. M5s promette di tornare all’attacco. In realtà la mozione ha i voti contati. E, peggio, la sua bocciatura ricompatterà la maggioranza a difesa della ministra. Che Giorgia Meloni ha difeso a fatica da Vilnius, spiegando che in sostanza non può dimetterla per non dare ragione a chi lo chiede.

Più insidioso il pressing del Pd. Negli ultimi giorni la segretaria Elly Schlein ha cambiato marcia e ha chiesto ai gruppi parlamentari di non lasciare niente di impunito delle intemperanze della maggioranza. Così è arrivato il cannoneggiamento sul fisco nell’aula di Montecitorio, sulla carta “Dedicato a te” (Schlein: «Una mancetta, una cifra che non cambierà la vita di nessuna famiglia in difficoltà»), l’insistenza sul salario minimo (sarà calendarizzato alla Camera il 28 luglio, ieri in commissione il testo unitario delle opposizioni – tranne Iv – è passato con l’astensione della destra), sui mutui (oggi al Senato una conferenza stampa Pd). Sul caso Delmastro: martedì i dem sono usciti dalla commissione Giustizia, e così faranno – promettono – finché il sottosegretario non chiederà scusa per quella frase velenosa sui deputati che avevano fatto visita ad Alfredo Cospito in carcere («Spieghino quell’inchino ai mafiosi», disse). Sul caso Facci: il Pd moltiplica gli sforzi, dentro l’azienda e fuori, per impedire che conduca un programma in Rai, dopo le sue ineffabili parole sulla giovane che ha denunciato per stupro il figlio cadetto del presidente del Senato («una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa»). Sulla vicenda va segnalata la carburazione lentissima del M5s: ha cominciato a denunciarla con sospetto ritardo, causa trattative con la Rai meloniana per aggiudicare a un conduttore in “quota” almeno un altro talk in Rai.

Schlein moltiplicato gli sforzi per coprire, e far coprire ai suoi, tutti i fronti. «È davvero triste per il paese che dopo molti, troppi giorni di silenzio la presidente del Consiglio intervenga in una conferenza stampa a margine di un’importante vertice internazionale, dove peraltro il governo ancora una volta non ha toccato una palla, solamente per difendere i suoi sodali dalle inchieste giudiziarie che li riguardano. Non c’è stata una parola sola sui bisogni delle persone e sui bisogni del paese. La trovo una cosa grave», ha detto ieri commentando le parole di Meloni da Vilnius.

Oggi la segretaria sarà a Roma, all’inaugurazione della Festa dell’Unità, che apre ufficialmente la stagione delle feste dell’«estate militante» del Pd. Lunedì la segreteria è convocata in Emilia-Romagna, per riportare i riflettori sull’inadeguato finanziamento alla ricostruzione del post-alluvione.

Intanto al Senato pendono altre due interrogazioni sui debiti della società Visibilia, una al ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, e una a quello dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Ieri il Pd ha chiamato la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, a rispondere in aula alla Camera su «quali iniziative intenda adottare al fine di verificare i comportamenti della Visibilia Editore in merito all’utilizzo della cassa integrazione durante il periodo della pandemia». Calderone ha alzato bandiera bianca, spiegando che i controlli spettano all’ispettorato e non al suo ministero. Nella replica Arturo Scotto ha incalzato sulla «funambolica speculazione immobiliare in Versilia» raccontata dal nostro giornale, «che coinvolgerebbe moglie e marito, sia Santanchè, sia l’amico del cuore La Russa», «Se hai giurato sulla Costituzione non puoi mentire al Parlamento e restare un minuto in più al tuo posto». Dimissioni, dunque. Non sfugge però la difesa imbarazzata di Calderone: «Il ministero resta a disposizione della magistratura». Pavido segnale di un’incertezza, forse di un dubbio, che raggiunge anche le zone più periferiche del governo.

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