Dalla maggioranza, soprattutto lato Lega e Fratelli d’Italia, ripetono il mantra sugli effetti del Superbonus difficili da assorbire per i conti pubblici nei prossimi anni. Ma già nell’immediato sarà complicato lo smaltimento delle scorie politiche prodotte dal decreto Agevolazioni fiscali, nome asettico che riporta proprio al Superbonus firmato Conte. La spaccatura della maggioranza è nei fatti.

Dall’inizio della legislatura c’è stato il primo vero caso di sfilacciamento della coalizione di governo. Un pretoriano del pensiero di Giancarlo Giorgetti, il senatore leghista Massimo Garavaglia, non ha avuto parole concilianti verso gli alleati, anche dopo il via libera in commissione al Senato: «L’emendamento (sulla retroattività dello spalma detrazioni, ndr) del governo è passato, nonostante tutto, nonostante l’atteggiamento di Forza Italia».

Mentre il capogruppo di FI al Senato, Maurizio Gasparri, ha punzecchiato i colleghi della maggioranza: «Senza la nostra decisa azione la sugar tax sarebbe entrata in vigore tra pochi giorni».

Tattica di salvataggio

Certo, poi in aula a Palazzo Madama il provvedimento è stato blindato con il voto di fiducia, quindi approvato senza pathos aggiuntivo. Ma i più smaliziati osservatori hanno messo a referto un’annotazione: quando i toni salgono a questo livello, c’è qualcosa che si è rotto. «Queste tensioni parlamentari si sa come iniziano, ma non si sa quando e come finiscono», osserva a microfoni spenti un parlamentare di Forza Italia.

Non si arriva a caso sul filo del rasoio dell’incidente parlamentare, come accaduto in commissione in questa settimana, tanto da dover far ricorso a piccoli sotterfugi “salva maggioranza”, come l’assenza tattica del senatore autonomista, Pietro Patton, o, peggio, al soccorso esterno di forze attualmente all’opposizione come Italia viva di Matteo Renzi, che a parole si scaglia contro il governo, ma al momento del bisogno ha teso la mano. Garantendo i numeri alla destra. Le note stampa dei vari esponenti renziani critici verso Meloni fanno parte dello storytelling, agli atti resta l’aiuto di Italia viva.

Il clima è questo ed è difficile immaginare un rapido superamento delle tensioni. Perché – se da un lato è vero che sono settimane di campagna elettorale – non è detto che alla chiusura delle urne per le europee la situazione tra i partiti di governo possa rasserenarsi. Giorgia Meloni è già in modalità “pieni poteri”, pronta a passare all’incasso elettorale facendo il pieno di preferenze alle europee.

Sulle nomine per società pubbliche vuole lasciare le briciole agli alleati. E la stravittoria moltiplicherebbe i malumori nell’alleanza. Con un fatto nuovo: Antonio Tajani ha dimostrato di poter far traballare le fondamenta dell’alleanza, anche più di Matteo Salvini.

Passaggi delicati

Intanto prima delle elezioni sono in calendario alcuni passaggi delicati, utili a misurare la temperatura nella maggioranza. Lo sguardo è rivolto ai prossimi Consigli dei ministri. Sono attesi decreti, da quello sullo sport voluto da Andrea Abodi al mini condono edilizio chiesto da Salvini: tutti testi dalla carica altamente divisiva. Un esempio? Sullo sport il senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, è il nemico numero uno del ministro, nonostante siano nella stessa coalizione. Il presidente della Lazio è pronto a ripartire in contropiede per mettere in affanno il “suo” ministro. I progetti di riforma sportiva di Abodi non sono così semplici da realizzare.

Discorso altrettanto complicato è quello che riguarda il “salva casa” voluto da Salvini, prossimo terreno del derby tra Forza Italia e Lega. Un condono mascherato buono da spendere in campagna elettorale. Tajani non è aprioristicamente ostile, ma aveva già fissato dei paletti, chiedendo di puntare a una «rigenerazione urbana». Con l’aria che tira anche le etichette possono fare la differenza.

Si torna così al punto di partenza, al casus belli del Superbonus. Forza Italia continua a tenere alta la tensione, perché alla Camera non ci saranno modifiche: il governo porrà la fiducia per evitare trappole. Ma nelle dichiarazioni di voto i forzisti sono pronti a rimarcare le distanze all’insegna del «Siamo leali ma insoddisfatti».

Per tracciare la rotta, Tajani si è palesato mercoledì in Transatlantico, in ampio anticipo rispetto all’orario del question time, facendo il paio con l’iper attivismo del capogruppo alla Camera, Paolo Barelli. E ieri, mentre al Senato si votava il decreto, il ministro degli Esteri ha ribadito il concetto: «Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di legge retroattiva in ogni settore. È una questione di principio. Non rinunciamo alla difesa dei nostri principi». Per Forza Italia, spiegano fonti interne a Domani, la scelta del governo «è un tradimento» del patto tra stato e cittadini.

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