Uno dei motivi che ha facilitato la crisi di governo secondo i commentatori è stata la certezza dei parlamentari di essere nel periodo di tempo garantito per la maturazione del diritto alla pensione. Tante volte nei mesi precedenti gli scontri interni alla maggioranza hanno fatto subodorare la possibilità di una crisi, ma una soluzione si è sempre trovata e il rischio è sempre rientrato.

Stavolta, Movimento 5 stelle, Lega e Forza Italia hanno fatto sul serio, facendo saltare il governo Draghi non partecipando al voto di fiducia sulla mozione proposta dal senatore Casini e sostenuta dal centrosinistra. 

Ora, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrà decidere come procedere: dopo gli incontri di questo pomeriggio con Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico, potrebbe già sciogliere le camere e indire nuove elezioni, anche se le riunioni dei capigruppo dei due rami del parlamento hanno previsto lavori anche per i giorni a venire. 

Il termine

Per i parlamentari, però, la data cerchiata di rosso era il 24 settembre, a quattro anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura, un tempo che sembrava bastasse per ottenere, quando ne avranno diritto, la pensione.

A controllare bene le regole di Camera e Senato, però, si scopre che quel giorno i deputati al primo mandato maturano soltanto il diritto a continuare a versare di tasca propria i contributi dallo scioglimento fino alla scadenza naturale della legislatura, cioè marzo. Quindi, per i prossimi otto mesi, dovranno metterci i loro soldi, oppure non vedranno un euro, quando matureranno il diritto alla pensione. 

L’importo dipende dal tempo che intercorre tra lo scioglimento delle camere e la scadenza naturale della legislatura: calcolatrice alla mano, un parlamentare li stima intorno ai 5mila euro. Una cifra decisamente alla portata per un deputato o un senatore, il cui stipendio si aggira sui 15mila euro mensili. 

Certo, c’è il tema di quanti stipendi mensili verranno meno con lo scioglimento anticipato. «Io un lavoro a cui tornare ce l’ho, il problema è per quelli che non hanno né arte né parte» dice ai colleghi una deputata del centrodestra in transatlantico, la mattina che Mario Draghi viene a dimettersi. Il riferimento è chiarissimo. 

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