La legge per regolamentare l’attività di lobbying magari sarà approvata, come è stato richiesto dalle stesse società che svolgono il lavoro di rappresentanza di interessi particolari. Ma di sicuro non a breve. Il centrodestra vuole prendersela con calma, dilatando i tempi, tanto che sarà difficile avere un testo base su cui lavorare prima della pausa estiva.

Nonostante siano già state depositate quattro proposte di legge tra Camera e Senato, due del Movimento 5 stelle, una del Partito democratico e una di Italia viva, bisognerà attendere la fine dell’indagine conoscitiva appena annunciata. Una decisione che accantona definitivamente il provvedimento che nell’ultima legislatura era arrivato quasi in dirittura d’arrivo e attendeva solo il via libera del Senato. Ora si riparte dall’inizio.

L’indagine conoscitiva inizierà dalla prossima settimana con un ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali della Camera. Il termine ultimo per acquisire i documenti è il 30 giugno 2023. L’obiettivo, secondo quanto si legge dal documento che ha annunciato l’indagine, è di «approfondire i diversi profili attinenti alla regolamentazione della materia, anche attraverso un’analisi delle discipline in altri paesi europei ed extraeuropei, e nell’ambito delle istituzioni dell’Unione europea».

Una lunga lista di audizioni

In questi quattro mesi i deputati ascolteranno di nuovo gli attori interessati, come era accaduto – più volte – in passato. Già nei giorni scorsi era circolata una bozza che annunciava le intenzioni della maggioranza sull’indagine conoscitiva. La scelta definitiva allunga ulteriormente i tempi prevedendo un aumento del numero di persone da sentire in commissione.

Di sicuro depositeranno le proprie memorie il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, e quello della Giustizia, Carlo Nordio. Nell’elenco ci sono poi le autorità amministrative indipendenti, i rappresentanti delle regioni e degli enti locali, i rappresentanti delle istituzioni europee, professori universitari di diritto costituzionale e di diritto pubblico, istituti di ricerca – che si occupano dello studio della rappresentanza di interessi – gli operatori del settore e, per finire, gli esperti della materia.

Difficile immaginare che l’attività istruttoria possa essere celere. Dal momento dell’acquisizione dei vari documenti alla stesura del testo, poi, passerà di sicuro qualche mese visto che di mezzo c’è la pausa estiva.

La notizia dell’indagine conoscitiva non è stata accolta con grande favore dagli operatori del settore. Certo, c’è la soddisfazione per il fatto che il parlamento abbia ripreso in mano un argomento che era finito nel dimenticatoio. «La legge non era presente nel programma dei partiti di maggioranza che, anche quando si è discusso il testo nella precedente legislatura, sono state timide, se non ostili alla riforma», dice Federico Anghelé, direttore di The good lobby e responsabile della campagna che richiede proprio un intervento normativo in tal senso.

«Avrebbe avuto più senso», aggiunge, «ripartire dalla legge che era stata già approvata alla Camera e doveva essere solo discussa al Senato. Si potevano risolvere le questioni più controverse e avviare da lì il dibattito. Sarebbe stato meglio rispetto alla decisione di ripartire da zero». Il materiale da cui attingere abbonda: era sufficiente rileggere le memorie delle audizioni svolte negli anni precedenti. Del resto non si tratta certo di un tema sconosciuto visto che, nella storia repubblicana, sono quasi cento le proposte di legge presentate in materia.

Quadro disomogeneo

Tuttavia, il presidente della commissione Affari costituzionali, Nazario Pagano (Forza Italia), sembra intenzionato a realizzare la riforma cercando la massima convergenza. Sarebbe questo, almeno ufficialmente, l’obiettivo alla base della lunga lista di audizioni che andranno organizzate.

Dal punto di vista tecnico il tavolo sarà seguito da Davide Ambroselli che, fino alle ultime elezioni, ha lavorato come responsabile dell’ufficio legislativo nel gruppo di Italia viva al Senato, prima di accettare l’incarico offertogli da Pagano. Al netto di questi aspetti gli esperti del settore insistono per arrivare quanto prima una riforma organica. «Il Qatargate ha dimostrato che sono necessarie delle regole per garantire processi decisionali più trasparenti e partecipati», sottolinea Anghelè.

La certezza è che nel frattempo i lobbisti continueranno a muoversi in un quadro disomogeneo: alla Camera esiste formalmente un registro per indicare l’attività dei vari attori, dalle società di rappresentanza di interessi alle imprese, fino ad arrivare alle associazioni di categoria. Ma la novità, introdotta dall’ex presidente Roberto Fico, è stata un flop: quasi nessuno indica i contatti con i deputati per la farraginosità dell’iter. Così ognuno si muove a proprio piacimento. Peggio ancora al Senato che non ha mai predisposto nemmeno uno strumento pro forma.

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