L’esplosione politica del Quirinale sta creando problemi in tutte le formazioni politiche, da destra a sinistra. L’ultimo a intervenire è stato Matteo Renzi, che ha rivendicato nella sua enews di aver puntato sul nome del presidente della Repubblica rieletto già sette anni fa.

«Io la dico semplicemente: avere Draghi a Chigi e Mattarella al Quirinale dà stabilità e sicurezza al Paese. E di questi tempi non è poco» scrive. «La scelta di sette anni fa è stata confermata anche da chi sette anni fa si era messo di traverso. Guardate, ad esempio, questo tweet di Matteo Salvini del 31 gennaio 2015 o questo video di Luigi Di Maio del 27 maggio 2018. Bella soddisfazione vedere i populisti costretti a tornare sui propri passi e riconoscere il valore delle nostre scelte».

Ma c’è movimento nel resto del centro, dove i protagonisti fanno sentire le proprie voci.

Aperture centriste

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Intanto, sono alla ricerca di un’organizzazione nuova anche le formazioni di centro. A farsi sentire è soprattutto Giovanni Toti, fondatore, insieme a Luigi Brugnaro, di Coraggio Italia, una delle formazioni più scettiche sia sulla candidatura di Silvio Berlusconi, sia su quella di Maria Elisabetta Casellati.

«Più avessimo avuto la possibilità di eleggere un presidente del centrodestra con piccoli numeri, una “spallata”, più i parlamentari non lo avrebbero votato perché avrebbe significato un'immediata crisi di governo, la fine del governo Draghi in mezzo alla pandemia, ad una crisi economica e alla gestione del Pnrr. Era un tentativo del diavolo» ha detto il presidente della Liguria a Radio 24. 2

«Se il tentativo fosse riuscito, avrebbe comportato la fine del governo - ha osservato Toti - se non fosse riuscito, avrebbe comportato un'incrinatura del centrodestra. Averlo perseguito e' stato qualcosa di poco sensato».

Sui giornali interviene anche Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia viva: «Per il Quirinale ci sono stati dei momenti importanti di convergenza, ma Forza Italia deve decidere cosa fare da grande. Vuole rimanere alleata di Meloni e Salvini? Comunque anche con il Pd il confronto e' stato molto positivo in questi giorni» dice al Messaggero.

Ma la deputata guarda anche a sinistra: «Il Pd sulla Belloni ha recuperato ai tempi supplementari, avendo inizialmente sottovalutato lo strappo istituzionale e anche l'asse giallo/verde con la Meloni da cui nasceva quel nome. Il Pd dovrà fare una scelta: continuare a stare dietro a Conte e ai grillini o trovare il coraggio di tornare al riformismo».

Guai a Cinque stelle

27/10/2021 Roma. Rai. Programma televisivo Porta a Porta, nella foto Luigi Di Maio ministro degli affari esteri e della cooperazione sullo sfondo un' immagine di Conte

Dopo due giorni di scambi e dichiarazioni sul post Quirinale, anche il lunedì mattina si apre con numerose dichiarazioni di Luigi Di Maio e i suoi fedelissimi all’indirizzo del leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte. Nei giorni scorsi, Di Maio aveva cercato di intestarsi la soluzione della crisi per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, vantando anche il merito di aver evitato il blitz gialloverde tentato da Matteo Salvini e Conte sul nome di Elisabetta Belloni. 

Secondo Federico D’Incà, ministro per i Rapporti col parlamento e da sempre grande mediatore nel partito, «il M5s con Giuseppe Conte ha provato a dare una figura nuova al nostro paese proponendo per il Quirinale una donna di altissimo profilo. Abbiamo cercato la condivisione ma non è stato possibile trovare l'accordo con le altre forze politiche».

Ma il ministro è consapevole della necessità di un chiarimento. «Se qualcuno all'interno del Movimento ha commesso degli errori, ha espresso dissenso o non ha ben compreso i vari passaggi delle cabine di regia lo verificheremo con un confronto interno, così com'è giusto che sia».

Ad aprire di prima mattina le danze con il suo solito post del lunedì mattina su Instagram è il presidente della Commissione affari costituzionali alla Camera Sergio Battelli, annoverato tra i fedelissimi di Di Maio: «Luigi Di Maio ci ha messo sempre e per primo la faccia (mentre altri hanno preferito non prendersi alcuna responsabilità profetizzando sui social) con intuizioni incredibili e, per carità, anche errori, ammettendo poi di aver sbagliato (cosa rara in politica) e soprattutto ha sempre tenuto rapporti umani con le persone (mentre altri nemmeno ti rispondono al telefono)» osserva.

«Detto ciò, oggi abbiamo un problema: molti, io per primo, vogliono spiegazioni. Spiegazioni, non teste rotolanti. Parlare di ciò che è successo nella lunga settimana appena trascorsa. Io non ho accuse da fare ma sicuramente dubbi da dirimere. Il MinCulPoP interno l'ho sempre detestato e non inizierò certo a farmelo piacere oggi. Perché il non detto e il subìto possono fare danni enormi», scrive il deputato.

Nello scontro tra Conte e Di Maio interviene anche Alessandro Di Battista, che ufficialmente non fa più parte dei Cinque stelle. «Credo che a Luigi interessi più salvaguardare il suo potere personale che la salute del Movimento», dice intervistato da Il Fatto Quotidiano. «O si arriva a una resa di conti, o faranno prima a cambiare il nome del M5s in Udeur. I Cinque stelle che mi chiamano sono preoccupati. Ma ciò che sta accadendo io lo avevo già previsto due anni fa». 

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