Il governo Draghi chiude la sua stagione di “unità nazionale” mettendo in sicurezza l’autunno per l’esecutivo che verrà, con un pacchetto di altri 14 miliardi contro il caro energia, il terzo decreto Aiuti, dichiarando «forte» la democrazia italiana, che «non si fa  battere dai nemici esterni, e dai loro pupazzi prezzolati», e lanciando un appello perché «tutti vadano a votare». 

Anche nel consiglio dei ministri di ieri però la Lega ha riservato al premier l’ultimo, ormai rituale, strappo, votando contro all’operazione trasparenza sulle concessioni balneari, dopo aver già tentato di affossare la delega fiscale su cui ha detto Draghi «non ha mantenuto la parola». 

Lo strappo leghista

Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia ieri ha dichiarato di essere pronto a dimettersi se il governo avesse approvato il decreto delegato sulla mappatura delle concessioni delle spiagge. Il consiglio dei ministri ha approvato, Garavaglia si è detto contrario, i ministri leghisti hanno lasciato la riunione, ma nessuno si è dimesso.

Il decreto, pensato da Draghi come operazione verità sulle spiagge, per cui oggi vengono pagati canoni irrisori e non esiste una banca dati nazionale – le concessioni possono essere persino rivendute tra privati come le licenze dei taxi -, prevede che gli enti che gestiscono le concessioni, come i comuni, forniscano tutti i dati al ministero dell’Economia. Entro quando non è dato da sapere. Il decreto rimanda a linee guida del Mef che saranno pubblicate sul sito del ministero. Ma tra otto giorni si vota, nelle fila del parlamento la rappresentanza dei balneari sarà cospicua, i partiti che ne difendono le rendite a costi di far pagare a tutti noi salate multe europee per una procedura di infrazione pendente, sono dati in enorme vantaggio. Il ministro Franco, ringraziato da Draghi per la manovra «esemplare» realizzata senza scostamento di bilancio, sta per lasciare il suo posto. E l’operazione verità rischia di trasformarsi in un ultimo atto politico di Draghi e poco altro.

Atteraggio più morbido

In compenso l’esecutivo con il decreto di ieri prepara un atterraggio più morbido per il governo che entrerà in carica in autunno. Giancarlo Giorgetti, ministro leghista per lo Sviluppo economico, rivendica di aver chiesto e ottenuto di concentrare gli aiuti per far fronte alla crisi energetica su ottobre e novembre: dal primo di ottobre, infatti, le aliquote del credito di imposta a cui le imprese possono accedere aumentano e vengono estese a tutte le aziende che consumano gas: per le fabbriche energivore il credito di imposta sale al 40 per cento e le altre imprese che impiegano energia con una potenza dai 4,5 kw in su potranno accedere a un credito del 30 per cento. Gli extraprofitti sull’elettricità accumulati dal Gse sono inoltre destinati in maniera prioritaria a estendere la misura per i mesi a venire. 

Contributi per tutti

Soprattutto il governo modifica il sistema delle garanzie statali sui prestiti destinati a tutte le aziende, condizionando le banche a potervi accedere solo nel caso in cui i prestiti siano a tassi favorevoli in linea con quelli dei buoni del tesoro pluriennali: il risultato, ha detto Draghi, è una rateizzazione delle bollette per le imprese, senza costi aggiuntivi per lo stato e limitando i guadagni degli istituti di credito. 

E poi ci sono milioni di contributi settore per settore, 400 per il servizio sanitario nazionale e anche per le Rsa private, 200 per gli enti locali, 190 per il settore agricolo, 120 per le associazioni e gli enti del terzo settore che si occupano di persone con disabilità che hanno visto i costi crescere del 30 per cento, 100 per il trasporto pubblico, e poi 50 milioni alle federazioni sportive, 40 per cinema, teatri, fondi per le scuole paritarie e per l’autotrasporto. Per chi guadagna fino a 20mila euro, è previsto un bonus di 150 euro, mentre altri 10 milioni sono destinati a rifinanziare il bonus trasporti (per chi guadagna fino a 35 mila euro).  Questa, ha detto il presidente del consiglio, è «l’agenda sociale del governo che ho presieduto», rievocando la tensione con il leader del Movimento cinque stelle, Giuseppe Conte che ha portato dopo una “sfortunata” serie di eventi alla sua caduta. L’esecutivo lascia in eredità altri obiettivi del Pnrr centrati: la riforma degli istituti tecnici superiori, il fondo da 660 milioni per gli alloggi studenteschi e le assunzioni per i tribunali. Viene licenziata anche la riforma dei servizi pubblici locali, imponendo finalmente l’incompatibilità tra chi ricopre incarichi nelle partecipate che offrono servizi e le authority che quei servizi regolano.

Garantito il rigassificatore 

Dopo il no del comune di Piombino al rigassificatore in porto, nel decreto Aiuti ter si corre anche ai ripari prevedendolo come opera prioritaria e strategica anche in caso «sopravvengano fattori che impongano modifiche sostanziali o localizzazioni alternative».  Infine il ministro Andrea Orlando ha ottenuto la riscrittura della norma anti delocalizzazioni: le aziende avranno non uno, ma tre mesi per presentare un piano di compensazione – riconversione dopo la chiusura di uno stabilimento, e in caso di mancata approvazione da parte dei sindacati potranno essere sanzionati fino a 30mila euro per lavoratore.  

In conferenza stampa Draghi ha anche spiegato che nonostante l’opposizione del partito di Salvini il governo ha chiesto alla presidenza del Senato di fare un ultimo tentativo di calendarizzare la delega fiscale: «Un filo di speranza c’è». E a chi gli chiedeva  un commento sulla difesa dell’Ungheria di Viktor Orban  da parte di Lega e FdI, ha risposto citando non solo i valori europei, ma gli interessi degli italiani, a cui le destre si dicono sempre sensibili. «Chi conta di più» e ci può aiutare,« tra Ungheria o Germania e Francia? «Datevi le risposte voi». Arriveranno le risposte, il 25 settembre. 

© Riproduzione riservata