In attesa di capire la portata delle conseguenze del conflitto ucraino anche sull’Italia, il governo continua a non esporsi in maniera particolare nella mediazione che circonda i combattimenti. Per prevenire effetti negativi contingenti e futuri, anche peggiori, il governo si è mostrato però per la prima volta disponibile ad aumentare la spesa nel settore della difesa, come hanno già fatto altri paesi europei.

L’indicazione più concreta del governo sulla strategia da seguire nella gestione del conflitto arriva paradossalmente dal meno incisivo degli strumenti a disposizione dei parlamentari, l’ordine del giorno. Un testo che dà indicazioni generali, ma non vincolanti, all’azione del governo. La proposta della Lega, presentata dal responsabile difesa Roberto Ferrari e poi sottoscritta da tutti i partiti a eccezione di Alternativa, chiede di far arrivare la spesa pubblica per la difesa al 2 per cento del Pil.

È la misura che dovrà essere raggiunta entro il 2024 da tutti i paesi della Nato e che è stata adottata pochi giorni fa anche dalla Germania. A far notizia però è il parere positivo del governo, che indica la volontà di far seguito alla richiesta. Già la prima legge di Bilancio firmata da Draghi aveva visto l’aumento delle spese militari, così come quelle del Conte II. I gialloverdi a inizio legislatura invece le avevano ridotte.

Dal ministero dell’Economia spiegano però che l’aumento della spesa, che oggi si aggira sui 25 miliardi di euro (e dovrebbe dunque, di fronte a un Pil di oltre 1.800 miliardi, raggiungere i 37 miliardi) non dovrebbe avere ricadute sul documento di economia e finanza (Def) che anticipa la legge di Bilancio e che il governo ha intenzione di presentare in parlamento entro la fine del mese.

Se per il momento non è facile immaginare quindi come il governo possa dare seguito all’ordine del giorno approvato ieri, l’iniziativa porterebbe le spese in difesa nelle vicinanze di quella della Francia, che sta aumentando da anni gli stanziamenti in questo settore e nel 2022 ha superato i 40 miliardi di euro. Certo, cifre ancora lontane dal maxi investimento di Olaf Scholz, che ha destinato alla Bundeswehr 100 miliardi di euro.

Gli interventi dei tecnici

L’aumento della spesa militare accoglie anche la richiesta del capo dell’aeronautica Luca Goretti, che, audito in commissione, ha illustrato la situazione dei piloti italiani di stanza in Romania per proteggere i cieli della Nato: gli eurofighter italiani sono collocati a pochi chilometri dalla frontiera con l’Ucraina. «Basta niente per sconfinare e trovarci in guerra», ha detto Goretti.

A fare il punto sulla gestione dei profughi in arrivo dall’Ucraina ha pensato invece il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, che ha spiegato ai parlamentari come la rete dell’accoglienza territoriale e nazionale in sinergia con il terzo settore si sta preparando a offrire assistenza alle persone in cerca d’aiuto. Per il momento ne sono arrivate 47mila, ma soltanto 2mila sono finite nella rete d’accoglienza. Gli altri si sono arrangiati con conoscenti che erano già in Italia.

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oltre a riepilogare le iniziative prese a sostegno del popolo ucraino, con stanziamenti ad hoc e l’adesione ai piani internazionali per intervenire contro Putin, ha ribadito l’impossibilità di realizzare una no-fly zone senza coinvolgere la Nato in un conflitto più ampio. Ha annunciato ulteriori confronti con i partner europei, Nato e del G7. Poi ha fatto un accenno ai suoi ultimi viaggi alla ricerca di alternative al gas russo insieme all’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. Il ministro ha infine anticipato la volontà del governo di stanziare risorse per le imprese in sofferenza a causa del conflitto e la volontà di chiedere a Bruxelles di allentare i vincoli sulle regole che limitano gli aiuti di stato alle imprese.

Intanto, per non offrire il fianco a una possibile offensiva cibernetica russa, il governo si sta muovendo per risolvere il problema della dipendenza delle amministrazioni pubbliche dai software di protezione dell’azienda russa Kapersky. Già nei giorni scorsi sia il sottosegretario con delega ai servizi segreti, Franco Gabrielli, sia il direttore dell’Agenzia per la cybersecurity, Roberto Baldoni, avevano raccomandato di dismetterlo. Ora la stessa indicazione è stata inoltrata anche alle amministrazioni regionali dalla ministra per i Rapporti regionali Mariastella Gelmini.

In parallelo, il governo ha ripreso in mano anche la norma del golden power: in una riunione a palazzo Chigi presieduta dal sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli i ministri di Economia, Sviluppo economico e Transizione digitale hanno ragionato su come proteggere le reti e il sistema economico italiano. «Il delicato equilibrio tra l’esigenza di attrarre capitali stranieri e quella di mantenere il controllo su operatori strategici in alcuni settori economici vitali va perseguito ridefinendo alcuni aspetti e assicurando una maggiore adeguatezza delle strutture amministrative preposte» ha detto Garofoli ieri.

Mentre il governo cerca di prevenire le possibili conseguenze della guerra sul paese, dopo i viaggi della rappresentanza Osce e la trasferta del leader della Lega Matteo Salvini, alcuni parlamentari continuano a sperare di poter vedere con i propri occhi le condizioni del conflitto. Nonostante il ministro Di Maio abbia infatti raccomandato ai parlamentari di non aderire al viaggio proposto dall’associazione papa Giovanni XXIII in Ucraina, gli organizzatori restano fermi nel loro proposito e intendono portare un centinaio di parlamentari a Leopoli entro il prossimo fine settimana.

«Dato che in questo modo i numeri stanno salendo davvero tanto, pensiamo di fare un viaggio di 24 ore evitando di dormire lì» ha detto il segretario generale.

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