La via che porta alla formazione del nuovo consiglio d’amministrazione Rai pare una partita di Monopoly. Però con più possibilità di pescare un cartoncino di imprevisti che probabilità.

La presentazione dei curriculum degli aspiranti consiglieri che saranno eletti dal parlamento procede pigramente verso il termine di fine aprile. Ma i nomi sono quasi tutti già fatti, tanto che a viale Mazzini contano di chiudere tra il 20 e il 30 maggio, la finestra pre vacanze elettorali che è l’unica possibilità per il parlamento di chiudere le selezioni prima delle europee. Si parla di Simona Agnes per Forza Italia (con aspirazioni da presidente, sembra con l’appoggio dei Cinque stelle in commissione Vigilanza), Alessandro Casarin in area Lega e Alessandro di Majo per difendere gli interessi del M5s. Restano in ballo Pd e FdI.

La parola d’ordine è cherchez la femme: a tormentare i sonni dei dirigenti dem e di quelli meloniani è una direttiva europea che impone alle aziende quotate di avere un cda composto per il 40 per cento da donne.

Non è ancora chiaro se si debba applicare anche alla Rai, che ha natura ibrida. Nel dubbio i meloniani Rai sarebbero orientati verso una professionista esterna all’azienda. Sembra superato il nome della vicedirettrice del Secolo d’Italia Annalisa Terranova, mentre nelle ultime ore è stata evocata Lorenza Lei, oggi responsabile cinema della Regione Lazio, già direttrice generale della Rai tra il 2011 e il 2012: un po’ troppo “interna” rispetto alle aspettative.

Per quanto riguarda i dem la questione è se scegliere un dipendente dell’azienda o una competenza al di fuori. Anche il genere è ancora da definire, parrebbe. Non si parla più molto della filosofa Chiara Valerio, ma anche Antonio Di Bella non sarebbe più il favorito del Nazareno.

Questione dg

Ancora più intricata è la partita per il direttore generale, mentre iniziano a trapelare i dati del bilancio 2023, che si chiuderebbe dopo un anno di tandem Sergio-Rossi con un indebitamento inferiore alle aspettative. Forza Italia alla presidenza e FdI che propone l’ad, la Lega aspirerebbe a un dg di area: l’ad uscente Roberto Sergio è ancora in pista, ma il suo sarebbe un nome condiviso, che raccoglie anche il favore dei moderati di Noi con l'Italia, del Movimento 5 stelle e ha rapporti con parte del Pd. Uno scenario in cui per saldare il conto il partito di Matteo Salvini potrebbe chiedere un’altra direzione di peso: gli approfondimenti o addirittura la fiction. Anche se di mezzo c’è sempre il voto, con un rischio importante per i nomi in quota Carroccio.

Da ambienti di Fratelli d’Italia ci tengono a precisare però che la scelta del nome del prossimo dg sarà nelle mani del futuro ad, quindi con ogni probabilità Giampaolo Rossi. Quindi, è il ragionamento, nulla è ancora deciso, anche se Sergio può contare su una sponda da parte di Rossi, con cui aveva ricucito (almeno fino a questa settimana) dopo un difficile anno di coabitazione, nonostante ci sia in Rai chi non gli perdona un attivismo considerato da alcuni eccessivo. La certezza è che si va verso la scelta di un tecnico, visto che anche Sergio potrebbe comparire in quota mista oppure come nome scelto dal ministero dell’Economia: c’è chi evoca anche candidati alternativi, come Felice Ventura – capo del personale – oppure Marco Brancadoro, chief financial officer di viale Mazzini.

Ventura conosce Rossi dai tempi di Rainet e l’ha avuto dalla sua parte nella scalata al posto che ricopre oggi, mentre di Brancadoro – che andrebbe però in pensione tra appena un paio d’anni – si elogiano le capacità manageriali che Rossi ha apprezzato nel lavoro condiviso sul piano industriale, anche se in zona Lega giurano che è l’unico che sa mettere mano ai complicatissimi conti Rai e vorrebbero tenerlo al suo posto.

Come se non bastassero le tensioni intorno al rinnovo, si aggiungono altri imprevisti, come la notizia delle dimissioni irrevocabili di Andrea Vianello a San Marino. La ragione sarebbe nei conti dell’azienda, in condizioni precarie già prima del suo arrivo: addirittura la settimana scorsa non è stato approvato il bilancio. L’ex direttore del Gr era stato spostato a dirigere il servizio pubblico della città stato – che è in coproprietà tra Rai e lo stato del Titano – con il cambio della governance, per affidare il suo posto all’ex democristiano neoleghista Francesco Pionati. Dicono non senza una certa soddisfazione dei nuovi vertici per aver allontanato da Roma un volto non in linea con la narrazione in chiave meloniana.

Difficile che ora possa sperare in un posto di peso con il clima che si respira a viale Mazzini. A sollevare polemica è anche il sempiterno Paolo Petrecca: secondo il cdr di Rai News 24, il direttore non avrebbe voluto mandare in onda i commenti del procuratore Nicola Gratteri alla volontà del governo di introdurre i test psicoattitudinali per i magistrati. Un’altra notizia troppo problematica per il melonismo televisivo.

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