Una campagna di comunicazione sulla pasta, con una spesa di oltre mezzo milione di euro, mentre i produttori italiani di grano attendono risposte da un anno. In bilico tra i vecchi problemi del settore e le incognite sui prezzi legati alle questioni geopolitiche, a cominciare dalla guerra in Ucraina. La sovranità alimentare del ministro Francesco Lollobrigida si ferma agli slogan, mettendo a bilancio dei costi per l’auto-promozione, scaricati sull’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), ente pubblico controllato dal ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare (Masaf), recentemente affidato al commissario Livio Proietti. Un volto storico della destra ex missina nel Lazio, uomo di fiducia del ministro.

Pasta per Lollobrigida

A maggio non è iniziata la semina del grano, bensì della «promozione dei prodotti appartenenti alla filiera della pasta». L’iniziativa dell’Ismea, ribattezzata “pasta integratore di felicità”, ha messo in conto un esborso di oltre 500mila euro attraverso tre diverse delibere. La prima prevede una collaborazione con la Federazione italiana pallavolo fino al 30 settembre 2023, con estensione dei diritti sino al 31 dicembre 2024, per una spesa di oltre 200mila euro.

I campioni del mondo della nazionale saranno testimonial della bontà della pasta che, raccontano dall’Istituto, «è alla base della piramide alimentare, cardine della dieta mediterranea, gratifica il nostro gusto ed è amata da nutrizionisti e sportivi, perché al tempo stesso energetica e leggera».

A questa prima cifra si aggiungono i 26mila euro messi a disposizione per le promozioni social, su Facebook e Instagram, e oltre 300mila per l’acquisto di spazi pubblicitari, su radio, televisione e web. La principale beneficiaria dell’operazione, grazie a un’intesa da 100mila euro, sarà la creatura berlusconiana Publitalia ’80, concessionaria che gestisce gli spazi sulle reti Mediaset, Canale5, Italia1, Rete4, più canali meno noti come La5 e Italia2. A Rai pubblicità ne andranno 10mila per la campagna radiofonica sull’emittente Radio Italia solo musica italiana.

Grano incolto

Mentre il ministro sventolando in favore di telecamera anche le misure bandiera contro il divieto di carne coltivata, i produttori di grano duro italiano arrancano. A un anno dall’insediamento ci sono stati solo passi indietro. Il prezzo della pasta aumenta e di pari passo cresce la richiesta di importazione del prodotto, indebolendo il made in Italy. Il motivo? Molti campi restano incolti, perché i proprietari preferiscono non affrontare l’incertezza di un settore sempre meno remunerativo.

Il tavolo convocato lo scorso 3 agosto al ministero, alla presenza di Lollobrigida e del sottosegretario Patrizia La Pietra, si è chiuso con un nulla di fatto. I produttori hanno chiesto l’istituzione della commissione unica nazionale (cun), che dovrebbe individuare la giusta formazione dei prezzi e garantire la trasparenza per scongiurare fenomeni di speculazione nella filiera della pasta. Un meccanismo che garantirebbe un controllo su tutti i livelli, evitando rialzi che vanno oltre le reali esigenze del mercato.

Ci sarebbe così una tutela per le produzioni italiane con effetti a cascata sulla qualità e sul costo, meno caro, per il consumatore sempre più alle prese con una tracciabilità deficitaria. Insomma, con minori preoccupazioni legate al conflitto in Ucraina

Appena insediato, Lollobrigida ha sospeso la sperimentazione della commissione. Dopo la riunione al Masaf, il ministro si è limitato a dichiarare «la disponibilità a riprendere in via sperimentale la cun». Nei fatti si tratta è un rinvio: la commissione deve superare la «fase sperimentale e diventare effettiva», hanno chiesto i produttori durante il vertice. L’eccezione? La Coldiretti, che ha sostenuto la posizione del ministro sulla sperimentazione della cun, confermando un sodalizio inscindibile.

«Non si può perdere tempo sulla regolamentazione di un mercato fondamentale per la nostra alimentazione quotidiana», attacca l’ex senatore Saverio De Bonis, presidente dell’associazione Granosalus. «Il ministro - aggiunge - indichi una data e faccia partire subito la commissione , senza fare melina». Ma non è questo il solo problema: è fermo pure il registro telematico dei cereali, strumento pensato per monitorare le scorte di grano a disposizione. L’introduzione, prevista per il 2023, è slittata al 2025.

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