Goethe, vagheggiando il sud nel Wilhelm Meister, parlava di limoni. Qui osserviamo più da vicino un‘altra fioritura, quella della stella alpina, anch‘essa legata al sud, ma a un sud molto particolare e poco conosciuto: il Sudtirolo. Soprattutto se pensiamo che la stella alpina è il simbolo di un partito, la Südtiroler Volkspartei (Svp, il Partito popolare sudtirolese), operante in modo sorprendentemente longevo (la sua fondazione risale al 1945) in un ambito, quello della politica italiana, altrimenti contraddistinto da trasformazioni e rivolgimenti profondissimi.

Ecco come lo storico Hans Heiss – già membro del consiglio provinciale di Bolzano per tre legislature con i Verdi – ne tratteggia la fisionomia: «Il simbolo della Svp, la stella alpina, è sinonimo di vitalità anche in condizioni avverse, un fiore che prospera su terreni rocciosi e può sopravvivere a temperature inferiori allo zero».

E di rimando, Lucio Giudiceandrea, giornalista della locale sede Rai, rimarca come il profilo di questa strana formazione (descritta come partito fenomeno, partito etnico, partito di raccolta) non sia sufficientemente noto in Italia – persino agli italiani che vivono in Alto Adige/Südtirol –, tanto da meritarsi l‘appellativo di “stella aliena”, vale a dire diversa, estranea, che non “ci” appartiene.

I fiori di un potere alieno

I nomi di Heiss e Giudiceandrea non sono casuali. Si tratta infatti dei due autori ai quali Aldo Mazza, editore di alphabeta, si è affidato per lumeggiare la storia, le dinamiche, i successi, ma anche le innegabili difficoltà nelle quali sembrerebbe adesso dibattersi l’Svp. Difficoltà tali da far addirittura pensare a un incipiente tramonto delle sua pluridecennale egemonia, e dunque alla fine di un‘intera epoca.

Due autori e due libri convergenti con lingue diverse, cioè in tedesco e in italiano, su un tema di solito esaminato perlopiù in sedi separate, come se insomma, pur nella condivisione di un mondo di piccolissime dimensioni, certi fatti e la loro percezione venissero quasi automaticamente scomposti o disarticolati in cliché non comunicanti.

Die Blüten der Macht. Die Südtiroler Volkspartei zwischen Wunder und Widerspruch (I fiori del potere. Miracolo e contraddizioni della Südtiroler Volkspartei), è il titolo scelto da Heiss, e Stella aliena. La Südtiroler Volkspartei spiegata agli italiani, il contributo di Giudiceandrea. Offrono una cartografia esaustiva e complementare al fine di orientarsi in un argomento che potrebbe interessare anche chi non ritenga superfluo conoscere l‘evoluzione di un territorio così a lungo marcato dalla dialettica tra minoranze linguistiche e popolazione nazionale.

Colonialismo mancato

Veduta su Bolzano da castel Firmiano (Foto Andre Seale / VWPics via AP Images)

Se volessimo un filo conduttore per rendere conto di tale dialettica, si potrebbe parlare per l’Alto Adige di “colonialismo mancato”. A farlo, per esempio, fu già un intellettuale toscano immigrato in Sudtirolo poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Antonio Manfredi, in un libro del 1963 (Alto Adige segreto, anch‘esso ripubblicato di recente da Edizioni alphabeta Verlag) utilissimo per comprendere il plesso topografico e psicologico del quale ci stiamo occupando.

Un brano significativo: «Il fascismo scambiò l‘Alto Adige per una terra da colonizzare. E proprio dove vigeva il mito germanico in secolare frizione con quello latino, dette fiato alle trombe romane. Occorreva tatto, ordine, comprensione: adottò la maniera forte. Ma neppure con quella precisione che il tirolese è uso, se non proprio apprezzare, almeno a temere e ammirare nei tedeschi. (...) Ora che abbiamo rinnegato l‘inconsistenza fascista con lo statuto autonomo, siamo costretti a rimontare lo svantaggio in condizioni aggravate dalla malafede volkspartista e dalla generale diffidenza tirolese».

In questo passaggio, a saperlo leggere bene, c‘è già tutto, perché in poche righe afferriamo il senso di un trauma che solo grazie a una faticosa mediazione diplomatica poté essere riassorbito dalla legislazione autonomistica elaborata dall‘Italia repubblicana, e la strategia di controllata distanza (qualcosa di più complesso della semplice “malafede” o della “diffidenza” rilevate da Manfredi) adottata dalla Svp, cioè il partito di quasi esclusivo riferimento delle minoranze di lingua tedesca e ladina, intento a cementare la posizione di chi continua a volersi difendere dai “tentativi di colonialismo”.

La radice e il sistema

Bolzano (Foto LaPresse/Matteo Groppo)

Ecco perciò di cosa è fatta la radice della stella alpina che in tutti questi anni ha potuto affondare nel terreno roccioso della politica locale, consentendole di alimentare un robusto consenso, nonostante le rigide temperature alle quale la pianta è stata esposta.

Scrive Giudiceandrea: «La ragione fondante della Svp si può riassumere in poche parole: difendere la minoranza sudtirolese dal centralismo dello stato italiano. (…) La stella aliena non gravita intorno alla città eterna e non si lega a nessuna forza nazionale se non per convenienza tattica. Fondamentalmente è rimasta in tutti questi anni blockfrei, libera dai blocchi, sia pure mostrando una maggiore affinità con il centrosinistra».

Libertà d‘azione, dunque, e saldissima presa sul territorio – anche grazie alla quantità di denaro disponibile (la provincia trattiene circa il 90 per cento delle tasse versate in loco) –, riducendo in pratica a una mera questione di differenze interne al suo bacino elettorale il bisogno di “democrazia”.

A questo proposito Heiss cita la battuta del cabarettista tedesco Gerhard Polt, riferita alla Csu bavarese, che si adatta benissimo anche alla Svp: «A cosa ci può servire l‘opposizione, se abbiamo già la democrazia?», mentre Giudiceandrea evoca addirittura il “centralismo democratico” di matrice leninista.

Un sistema di potere contraddistinto da una “capillarità corporativa” (la formula è ancora di Heiss), intrinseco alla quasi totalità dei corpi intermedi, e orchestrato da un partito percepito alla stregua di una vera e propria holding, vale a dire una società finanziaria per la quale l‘affiliazione (ancorché decrescente: dal picco del 1988, quando gli iscritti erano 80mila, si è passati agli attuali 26mila, dato del 2019) è garanzia di riconoscimento sociale e successo economico.

Stella cadente?

Eppure, come argomentano i due libri con dovizia di particolari, negli ultimi tempi qualcosa è cambiato anche nel piccolo mondo sudtirolese, e in quello pressoché sovrapponibile della Svp. A partire da alcuni scandali, emersi nelle scorse settimane: uno per tutti, quello relativo al tentativo da parte di un gruppo di potere, facente capo all‘ex Landeshauptmann (governatore) Luis Durnwalder e all‘assessore provinciale Thomas Widmann, di non mettere a gara il trasporto pubblico provinciale per non intaccare gli interessi di un’azienda locale, la Sad.

E poi ancora: i costanti litigi, le indecisioni su temi quali le norme da adottare nell‘ambito dell‘edilizia abitativa agevolata, l‘aumento dell‘Imposta municipale immobiliare (Imi) per i comuni con più carenza di alloggi, ma anche il riequilibrio della rappresentanza di genere, arduo da ottenere in una società ancora costitutivamente patriarcale. 

E la spinosissima questione della limitazione dei posti letto nel turismo, a certificare la difficoltà di orientare in senso ecologico un modello di sviluppo da tempo rivelatosi sinonimo di sfruttamento accentuato delle risorse ambientali. Tutto questo ha sconfessato a più riprese l’immagine che l’Svp ha sempre dato di sé, basata sul motto imperativo del Zomholten!: qualsiasi cosa accada, dobbiamo restare uniti.

Ha evidenziato crepe potenzialmente devastanti, tanto da far baluginare l‘idea che il trinomio indissolubile “Svp-autonomia-sistema sudtirolese” dimostri di non essere più al passo con le sfide che si pongono.

Arno Kompatscher, membro dell'Svp e governatore dell'Alto Adige/Südtirol (Foto Sven Hoppe/picture-alliance/dpa/AP Images)

In apparenza superato lo scoglio della ricandidatura dell‘attuale governatore, Arno Kompatscher, accreditato di un sufficiente gradimento della base ma non ben visto da influenti segmenti della nomenklatura del partito, i nodi verranno definitivamente al pettine allorché si tratterà di smussare i contrasti interni e comporre la lista da proporre alle elezioni regionali del prossimo autunno.

È in questo campo di forze percorso da tensioni non più sopite, e non più alla luce dello storico contrasto etnico ormai sbiadito a sfondo di cartapesta, che potrebbero esasperarsi linee di frattura in grado di creare uno scenario inedito, cioè di far cadere o perlomeno appassire in modo significativo la stella. 

L’Svp schiacciata sulla percentuale del 35 per cento, sarebbe costretta a includere nella maggioranza di governo non solo il consueto e ininfluente partito “italiano”, così come previsto dallo Statuto di autonomia, ma un partner “tedesco” di coalizione, quindi estraneo alle logiche di potere consolidate. In qualsiasi altro luogo sarebbe una cosa normale, in Alto Adige/Südtirol sarebbe una specie di terremoto.

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