L’annuncio delle elezioni anticipate ha portato i parlamentari a fare per la prima volta i conti con la loro paura più grande: non essere rieletti.

Gli effetti dell’inedita crisi estiva preoccupano soprattutto i partiti di centro, come Italia viva e Insieme per il futuro. Ma anche Forza Italia rischia. E poi c’è il Movimento 5 stelle, vincolato dal limite del secondo mandato, che taglierebbe fuori dalle liste elettorali tanti maggiorenti Cinque stelle. I sondaggi più recenti non premiano le formazioni centriste.

Gli azzurri sono al 7,4 per cento, Italia viva è al 2,7 per cento, Insieme per il futuro di Luigi Di Maio non riesce a scavalcare il recinto delle “altre liste”. Il Movimento, prima dell’escalation della crisi, era all’11,2 per cento, lontanissimo dal 32 per cento del 2018. I sondaggi sfavorevoli, la legge elettorale che premia i partiti più grandi e organizzati, il taglio dei parlamentari e gli addii di peso mettono a rischio la rielezione di parecchi eletti. Tanti, tra l’altro, sono arrivati in parlamento grazie a partiti diversi rispetto a quelli con cui affronteranno le elezioni tra un paio di mesi.

Italia viva

È il caso dei parlamentari di Italia viva, che hanno cominciato la legislatura tra le file del Pd. Ora i 31 deputati e i 15 senatori rischiano di non vedere rinnovato il loro incarico. Iv attualmente è ancora sotto il 3 per cento, la soglia di sbarramento per i partiti parte di una coalizione. Ad oggi, poi, non è chiaro se Iv farà parte dell’alleanza di centrosinistra, anche se la rottura del campo largo di Pd e Cinque stelle faciliterebbe le cose in questo senso.

Se anche ci dovesse essere un apparentamento in vista del voto, però, non è detto che le collocazioni dei candidati renziani nelle liste li favoriscano, anzi. Enrico Letta ieri ha detto ai parlamentari Pd che «dobbiamo pensare a noi»: difficile che i dem vogliano condividere i pochi posti disponibili in parlamento con gli alleati. L’alternativa è creare una formazione di centro, ma i lavori su questa possibilità sono ancora molto indietro. E quindi Renzi e i suoi fedelissimi sono a rischio. Guardano al voto con timore l’ex ministra oggi capogruppo Maria Elena Boschi e il direttore di Radio Leopolda Roberto Giachetti.

Preoccupati anche il presidente della commissione Finanze Luigi Marattin, il presidente dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Gennaro Migliore e l’uomo di Renzi su Roma, Luciano Nobili. Dovranno giocarsi bene le loro carte l’ex sottosegretario Ivan Scalfarotto e il vicepresidente della Camera e presidente del partito Ettore Rosato. Pure al Senato tanti aspettano di essere ricompensati per i loro sforzi: dal capogruppo Davide Faraone al braccio destro di Renzi Francesco Bonifazi, storico membro del giglio magico, così come l’ex ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova e Riccardo Nencini, che con il simbolo del Psi ha permesso al gruppo di Italia viva di formarsi a palazzo Madama.

I dimaiani e il Movimento

Anche i membri di Insieme per il futuro hanno iniziato la legislatura con un’altra casacca, quella del Movimento 5 stelle. Ora che il campo largo non c’è più, i dimaiani sperano di potersi inserire nell’alleanza al posto degli ex colleghi. Un’opzione che metterebbe al sicuro chi ha seguito Luigi Di Maio.

Il piano originario era quello di creare una cosa ecologista con Beppe Sala, ma la campagna elettorale lampo l’ha fatto fallire. Serve un piano b. Lo sanno bene il Primo Di Nicola, la viceministra Laura Castelli e l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Cercano nuove certezze anche l’ex direttore di SkyTg24 Emilio Carelli, che dopo una breve esperienza nel centrodestra è tornato con Di Maio, Manlio Di Stefano, suo braccio destro alla Farnesina, Carla Ruocco, presidente della commissione d’inchiesta sulle Banche e Vincenzo Spadafora, influente ex ministro per lo Sport.

Ma se i dimaiani sono in difficoltà, anche i Cinque stelle non possono stare tranquilli: c’è ancora da decidere sul vincolo dei due mandati. Beppe Grillo ha ribadito che per lui la regola non è negoziabile. Vale lo stesso per Alessandro Di Battista, se dovesse decidere di riprendere il suo posto nel Movimento. L’applicazione della norma senza deroghe metterebbe fuori gioco una serie di maggiorenti di primo piano, come l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, la pasionaria Paola Taverna, l’autore della videorubrica social Controinformazione Danilo Toninelli, l’ex capo politico Vito Crimi, il senatore Ettore Licheri. Esclusi poi il presidente della Camera Roberto Fico, Giancarlo Cancelleri, fino a poche settimane fa dato come possibile candidato per le regionali in Sicilia, e il ministro Federico D’Incà, autore degli ultimi tentativi di salvataggio della maggioranza.

Forza Italia

È in sofferenza anche il partito di Silvio Berlusconi, che sta subendo addii di peso. La prima a lasciare è stata giovedì sera Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari regionali. Nella sua nota, l’ex ministra dell’Istruzione ed ex coordinatrice regionale in Lombardia è stata durissima: «Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini». Ora Gelmini deve scegliere dove collocarsi. Intanto, l’ex deputato azzurro Elio Vito le ha già chiesto su Twitter se «facciamo una cosa insieme».

Ieri l’ha seguita Renato Brunetta, l’altro punto di riferimento dei moderati. Nel partito in pochi scommettevano sui loro nomi nelle prossime liste elettorali, ma i due ministri hanno anticipato la campagna elettorale. Berlusconi non perdona: «Riposino in pace, sono esponenti senza seguito né futuro politico». Fuori anche Andrea Cangini, il senatore che giovedì ha votato la fiducia a Draghi. L’ultima a prendere le distanze è stata ieri sera Mara Carfagna, che si impone una «riflessione politica». Nel 2018 Forza Italia era oltre il 14 per cento: oggi viaggia sulla metà dei consensi. Il numero dei collegi uninominali che potrebbe ottenere nella trattativa con i forti alleati del centrodestra, poi, è tutto da vedere.

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