«Andare a votare è ancora la cosa più importante per dire la nostra e fare la differenza». Da Città della Pieve la segretaria del Pd Elly Schlein spinge sul tasto della guerra all’astensionismo. Martedì 21 maggio in Umbria ha toccato quota 70 del tour della campagna per le europee. L’obiettivo è fare cento tappe: capoluoghi di regione, città più grandi dove catturare il contesissimo voto di opinione, ma anche e soprattutto piccoli centri e aree interne.

La scommessa del suo Pd, che è anche la sua personale, è di convincere ad andare ai seggi quelli che da tempo li disertano. Una battaglia tutta in salita: analisti e sondaggisti sostengono che stavolta, l’8 e il 9 giugno, per la prima volta andrà a votare meno del 50 per cento dell’elettorato. E non è detto che questo danneggi il Pd. Comunque la segretaria, che nella circoscrizione Centro e in quella delle Isole è capolista, prosegue il suo giro d’Italia: «Chiedo a tutte e tutti l’impegno per convincere le persone ad andare a votare. La partecipazione al voto serve per la democrazia, serve che i cittadini e le cittadine sappiano che c’è ancora chi mette al centro l’interesse collettivo».

Lo schema delle primarie

È stato così che Elly Schlein ha vinto le primarie nel suo partito, nel febbraio 2023: riportando al Pd una quota di quelli che lo avevano abbandonato; una quota maggiore degli iscritti che, nel congresso, avevano scelto lo sfidante Stefano Bonaccini. Il presidente dell’Emilia-Romagna, capolista nel Nord Est, e presidente del partito, si sfila dalla nuova competizione interna. Chi prenderà più voti tra lei e la segretaria?, gli chiedono su Radio 1, a Un giorno da pecora. «Non lo so, il segretario lo fa Elly Schlein perché ha vinto le primarie, non è che ogni anno dobbiamo fare un congresso. Spero di prendere più voti di Vannacci e che il Pd prenda molti più voti della Lega».

Questo il clima, anche da parte dell’ala riformista. Non che manchino le critiche e persino quelli che, a pochi giorni dal voto, sembrano quasi sgambetti. Il commissario europeo Paolo Gentiloni, in un libro in uscita scritto dal giornalista Paolo Valentino, ha sottolineato «la retorica italiana» sulla conquista dei soldi del Pnrr ai tempi del governo Conte, alimentata dall’allora premier. Una sottolineatura agra sui meriti, veri o presunti, del presidente M5s, che certo sono un colpo di carta vetrata sulla futuribile coalizione. L’ex premier Romano Prodi chiede per l’Europa «proposte forti che non ho ancora sentito». E non è neanche questa una carezza alla segretaria, alla quale già non ha risparmiato critiche per essersi candidata a Bruxelles senza intenzione di fare l’europarlamentare. Infine, dentro il partito c’è ancora una quota di gruppo dirigente che aspetta il risultato del 9 giugno per chiedere o imporre una nuova fase: o più probabilmente subirla. Inutile chiedere commenti alla segretaria o ai suoi. «Stiamo facendo la campagna elettorale», taglia corto un deputato fra i più vicini. Che è come dire: la segretaria sta facendo un’altra partita, ed è una partita in cui le polemiche interne suonano lunari.

Mercoledì 22 maggio sarà nelle Marche, domani in Sicilia. A rinnovare il suo appoggio, sul Corriere della sera, è stato Dario Franceschini, suo sostenitore e fin qui taciturno: «Gli elettori delle primarie hanno eletto Schlein come segretaria fino al 2027, e così sarà». Franceschini indica una strada, ed è tutt’altro che pessimista rispetto alle prospettive: con il premierato la destra «fa un atto di autolesionismo, il referendum arriverà non prima del 2026, quindi a fine legislatura, quando, come è noto, in tutto il mondo, i governi in carica sono in un momento negativo».

Le Note di viaggio

Per la war-room della segretaria, schema che vince, non si cambia: dunque anche la campagna per le europee, la prima vera prova da leader, è basata sul trittico «social, tv, e più di tutti territori». «È la sua cifra», viene spiegato. Territori, e periferie: da dove il Pd cerca di strappare voti se non a Giorgia Meloni, almeno a un concentratissimo Giuseppe Conte, in questa fase penalizzato dai sondaggi che raffreddano la speranza di far avvicinare il suo M5s al Pd.

Per l’ultimo miglio del tour elettorale – che toccherà tutte le regioni – il Nazareno ha programmato una nuova iniziativa che mette insieme la voce «social» con quella «territori». Da domani sul canale WhatsApp del Pd – un canale inaugurato da poco e fin qui con 26mila iscritti – partiranno le “Note di viaggio”: a fine giornata, al termine di ogni tappa, la segretaria manderà un «vocale» sull’incontro o gli incontri della giornata. Mettendo avanti a tutto le proposte concrete, quelle che dovrebbero parlare a un elettorato di centrosinistra.

La sanità pubblica. «Sfidiamo la destra a votare con noi la legge che permetterebbe all’Italia di arrivare alla media europea del 7,5 per cento di Pil destinato alla spesa sanitaria», ha detto martedì nel corso dell’incontro del ciclo «I have a dream. Europa del futuro: giovani e leader a confronto», moderato da Paolo Liguori, direttore editoriale di Tgcom24, davanti a una cinquantina di studenti medi e universitari che la interrogavano. Il salario minimo: su cui è partita una raccolta di firme per una legge popolare che riproponga i 9 euro orari di salario legale, cancellati dalla destra in parlamento. Il lavoro: Schlein ieri ha elencato le proposte per «attrarre investimenti per creare nuove opportunità di lavoro».

Ma nella campagna pesa, non si può negare, la raccolta di firme della Cgil sul referendum per la cancellazione del Jobs act. La segretaria ha firmato, «a titolo personale» e senza impegnare l’intero partito. Ma «il partito» si sta mobilitando. E martedì è arrivata anche la firma «pesante» del presidente della Puglia Michele Emiliano ai banchetti del sindacato. No all’autonomia differenziata e no al premierato, da ieri in dirittura d’arrivo al Senato. E la pace: non in senso disarmista.

«Vogliamo un’Europa che prende una sola voce e forte anche in politica estera e di difesa comune per contribuire a percorsi di pace di cui oggi c’è un disperato bisogno». Come corollario, la segretaria è contro la proposta leghista di ripristino dell’obbligo della leva militare obbligatoria: «Noi siamo per vedere nelle mani dei giovani il futuro, non il fucile».

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