La vittoria alle primarie del Pd rischia di essere la parte più facile del lavoro di Elly Schlein. Ora dovrà governare un partito riottoso che ha già fatto dimettere un segretario, Nicola Zingaretti, e sopravvivere al fuoco di fila del blocco di interessi che si compatta ogni qual volta un leader di sinistra prende la guida di un partito socialdemocratico – il caso di Jeremy Corbyn è emblematico.

Per non fare la fine di chi l’ha preceduta, Schlein ha bisogno di portare nuovi iscritti dentro il Pd, costruirsi la forza di un movimento dal basso che la protegga sia dagli avversari interni che dagli alleati di oggi che potrebbero diventare i rivali di domani. Schlein sembra esserne perfettamente conscia. «Vogliamo lavorare da subito per aprire il prima possibile il nuovo tesseramento», ha detto appena eletta.

Il modello Corbyn

I numeri parlano di una realtà importante. Circa 150mila iscritti al Pd hanno partecipato ai congressi di circolo, di cui 52mila hanno votato per Schlein. Alle primarie, secondo i dati ufficiali del Pd, hanno votato un milione di elettori, di cui quasi 600mila per Schlein. Portarne dentro il partito anche solo uno su dieci significherebbe avere una base di potere interna difficile da scalfire.

Sono numeri alti, ma non impossibili. Nello spazio di pochi mesi, subito dopo la sua vittoria al congresso dei Laburisti, Corbyn ha raddoppiato gli iscritti al partito, portandoli da 2 a 400mila e creando un cuscinetto che gli ha permesso di superare tutte le sfide che gli ha lanciato la minoranza interna.

Non è un compito che Schlein può fare da sola e deve cercare di resistere alla tentazione di affidarsi a realtà sostanzialmente incorporee, come le cosiddette “Sardine”. Gli alleati dentro il Pd potranno aiutarla con le loro strutture partitiche, ma Schlein avrà bsiogno di un suo gruppo sufficientemente radicale e fidato, organizzato in un movimento politico trasversale al Pd, con i suoi organizzatori, i suoi militanti, media amici e political influencer. Il modello a cui ispirarsi c’è già: l’organizzazione Momentum che ha sostenuto la candidatura di Corbyn.

Un esercito da mobilitare

Non bisogna farsi illusioni. Schlein ha vinto con molti alleati e fare la pace con gli avversari sarà costoso. Molti favori andranno restituiti e molti compromessi andranno fatti. Schlein non deve fare l’errore di Corbyn e rimanere tetragona, bloccata in un personaggio, spezzandosi pur di non piegarsi. I nemici vanno perdonati e riaccolti. Gli argomenti controversi non vanno affrontati subito. Se un punto va tenuto dev’essere quello di un’intensa campagna per il tesseramento.

Una volta consolidato il controllo sul partito, quello sarà il momento di affrontare le questioni di linea politica e di policy. Ma prima dei manifesti, prima delle battaglie simboliche, prima della rincorsa frenetica dei sondaggi, Schlein ha bisogno di prendersi il Pd. Le primarie hanno dimostrato che fuori dal partito c’è un esercito di 20-40enni che non aspettano altro che essere chiamati a mobilitarsi per quella che considerano una giusta battaglia. 

Per molto tempo noi osservatori abbiamo dato per scontato che il Pd fosse un corpaccione ormai troppo stanco per riuscire in questa impresa di mobilitazione. Schlein ha l’occasione di smentirci, ancora una volta.

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