La morte di Silvio Berlusconi ha congelato l’Italia, almeno quella istituzionale. Mercoledì alle 15 il Duomo della sua città, Milano, ospiterà il funerale del leader di Forza Italia: 2mila persone dentro la chiesa – tra cui Giorgia Meloni, Matteo Salvini e 32 esponenti del governo oltre al capo dello Stato Sergio Mattarella – 20mila attese in piazza. Come previsto dal protocollo per i funerali di Stato, celebrerà l'arcivescovo Mario Delpini e scorteranno il feretro sei carabinieri in alta uniforme, con gli onori militari all’ingresso e all’uscita.

Anche nel ricordo di Berlusconi, però, il governo ha scelto la stonatura: le esequie ufficiali non sono sembrate sufficienti a omaggiare l’ex premier. E allora ecco la proclamazione di tre giorni di lutto nazionale, dal 12 al 14 giugno. Nove in meno di quelli tributati nel Regno Unito alla regina Elisabetta, ma mai concessi a nessun ex presidente del Consiglio italiano e nemmeno dopo le stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Un eccesso di zelo che è già un unicum nella storia della repubblica: negli ultimi trent’anni era accaduto solo per Giovanni Leone e Carlo Azeglio Ciampi, che però erano anche ex presidenti della Repubblica. «Inopportuno» secondo il Pd, visto anche il profilo controverso del Cav, ma tant’è. Via tutto: agende dei ministri e anche visite diplomatiche già organizzate, in ossequio ad una celebrazione a reti unificate che supera ogni prassi.

Camera e Senato

Nulla è sembrato fuori luogo ad una maggioranza evidentemente sotto shock. Camera e Senato sono andate anche oltre: troppo poco il classico minuto di silenzio, si è scelta l’immediata interruzione dei lavori parlamentari, con un cambio di calendario senza precedenti per il parlamento. A Montecitorio l’aula tornerà a riunirsi venerdì e a palazzo Madama addirittura lunedì prossimo. Con il rischio di arrivare con tempi strettissimi alla conversione del decreto sulla Pubblica amministrazione – che contiene le controverse norme che limitano la Corte dei conti – in scadenza il 21 giugno. In entrambe le camere, poi, si terrà anche una ulteriore commemorazione.

La reazione fuori dalle righe, pur nel lutto per una comunità politica, lascia intuire come la scomparsa del Cavaliere – attesa ma improvvisa – abbia colto tutti impreparati. Anche se si tenta di ibernarla, infatti, la politica non si ferma e va trovata una nuova geometria di governo.

Sebbene tutti - dalla premier a Matteo Salvini fino al facente funzioni Antonio Tajani – continuino a ripetere che nulla cambierà, il futuro è lastricato di incognite: Forza Italia era il cuscinetto moderato che serviva da foglia di fico per continuare a definirsi centrodestra anche in Ue e in vista delle elezioni europee, Berlusconi era padre putativo e mediatore tra Salvini e Meloni, entrambi cresciuti alla sua ombra. Crollato uno dei pilastri, le fondamenta del castello traballano.

«Forza Italia potrà continuare formalmente, ma senza leader...», dice una fonte azzurra, convinta che senza il fondatore il partito si trasformerà in un tempio pieno di mercanti. Chi pronto a traghettarsi nella Lega, chi a bussare alla porta di Fratelli d’Italia, che pure Meloni avrebbe già chiuso. Nessuno si muove, almeno per i prossimi mesi, sarebbe l’indicazione della premier.

L’unica a muoversi

Invece, l’unica a muoversi in questo momento è Forza Italia, dove le trombe che annunciano la guerra hanno già iniziato a squillare. Il lutto nazionale ha azzerato le agende ma non ha impedito ai vertici del partito ancora sotto shock di convocare un ufficio di presidenza assolutamente inatteso. All’ordine del giorno l’approvazione del rendiconto di esercizio 2022 (l’avanzo di un milione, ma un credito di 90 milioni con il defunto leader e dunque ora con gli ereti), a cui è stata aggiunta improvvisamente anche la ratifica delle «recenti nomine effettuate dal presidente».

Vale a dire, il colpo di mano di Marta Fascina che ha piazzato i suoi fedelissimi in alcuni incarichi ciave, spazzando via l’ex fedelissima Licia Ronzulli. Tutto approvato all’unanimità e senza interventi col ricordo ancora fresco di Berlusconi, ma che ha già provocato i primi veleni. La mossa, infatti, ha irritato – inascoltata – la minoranza e molti esponenti, tutti formalmente chiusi nel silenzio luttuoso, hanno parlato di «stupore» per una scelta che esacerba gli animi.

Considerata inutile, per altro, visto che l’unica certezza è che il futuro del partito è nelle mani della primogenita Marina Berlusconi. Anche il ruolo di Marta Fascina è legato a questo: la sua crescente influenza interna era dovuta al riflesso del Cav, ora che è venuto meno nessun generale intende più piegarsi a meno che su di lei non cali l’imprimatur della famiglia, e anche in quel caso non sarebbe così semplice.

Intanto un primo segnale sugli equilibri arriverà, come per la morte di ogni monarca assoluto, dalle immagini del funerale: chi siederà dove e quanto vicino al feretro.

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