Il Viminale ha cominciato a mandare le lettere, i gruppi sono quasi pronti e il terzo polo che riunisce Azione e Italia viva si prepara a entrare in parlamento con 21 deputati e 9 senatori. «Siamo metà e metà», dice Luigi Marattin di Italia viva parlando dei due partiti che compongono la coalizione. Nella metà di Carlo Calenda è già certo che rientreranno anche le ministre che hanno lasciato Forza Italia, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, l’ex forzista Giusy Versace, il “ras dei voti” alfaniano Giuseppe Castiglione. Vicini a Calenda da quando è finito il governo Draghi, mentre sui banchi targati Matteo Renzi ci saranno tutti i fedelissimi.

Il terzo polo non ha vinto nemmeno una sfida uninominale e Italia viva, che fino alla nascita dell’alleanza veniva data tra le forze che sarebbero rimaste fuori dal parlamento, adesso ci tornerà con l’ex sottosegretaria Maria Elena Boschi, l’ex tesoriere del Pd Francesco Bonifazi e parlamentari renziani di primo piano come Ettore Rosato o Roberto Giachetti. Andando a occupare lo stesso spazio dei “calendiani”.

Un unico partito

La lista del Senato è definitiva. Per Italia viva ci sono Raffaella Paita, ligure eletta in Lazio; Ivan Scalfarotto nato a Pescara, residente a Milano ed eletto nel collegio in Piemonte; Daniela Sbrollini, vicentina eletta in Veneto; infine lo stesso Matteo Renzi, ex sindaco di Firenze nominato senatore in Campania (era passato in tre collegi, anche in Toscana e in Lombardia, ma secondo la legge prenderà quello dove la sua lista ha avuto meno voti).

Secondo i sondaggi di agosto, Italia viva era al 2,6 per cento. «Strepitoso. Due mesi fa ci accusavano di non fare il 3 per cento, eppure siamo all’8 in sei settimane. Ora che abbiamo tempo per lavorare insieme con metodo e disciplina faremo la differenza. È un inizio», ha detto Renzi al Corriere della Sera dopo una campagna elettorale in sordina.

Ma sotto al 3 per cento si parlava di Italia viva quando correva da solo. Dopo l’accordo e la scelta di Renzi di fare un «largo passo di lato» – come lo racconta Silvia Fregolent, renziana della prima ora anche lei pronta a entrare a palazzo Madama – per lasciare spazio a Calenda come leader, il terzo polo è nato e ha continuato a crescere. Arrivando comunque quarto con il 7,8 per cento delle preferenze, non al numero a due cifre a cui puntava Calenda, dicono i risultati.

Il clima resta idilliaco: «C’è il progetto di un unico partito, il nome sarà l’ultima cosa che decideremo. Lavoriamo per le Europee del 2024», spiega Marattin (che andrà alla Camera). D’altronde, Renzi volato a Tokyo subito dopo aver votato, prima ancora di commentare l’esito ha messo in bella vista sul suo profilo Facebook il simbolo del gruppo europeo Renew Europe. Nel frattempo ci saranno però elezioni regionali e comunali, prime fra tutte le regionali in Lombardia e in Lazio. L’unione fa la forza, dicono i deputati e senatori del nuovo parlamento, e l’intenzione di presentarsi uniti c’è: «Speriamo», dice Fregolent.

Il lato divisivo

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La presidenza dei gruppi in parlamento intanto ricalcherà lo schema di questo matrimonio: «Uno andrà ad Azione e uno a Italia viva» prosegue. Un accordo molto chiaro, anche se Renzi finora quanto a unioni ha lasciato molto a desiderare. Che anzi il suo lato «divisivo» sia il suo aspetto più apprezzato lo ammette anche lui, che dopo ore di silenzio per il funerale di stato dell’ex presidente giapponese Shinzo Abe, è tornato con la sua e-news: «A proposito, ho ricevuto tra ieri e oggi già quasi 700 inviti/email soprattutto di giovanissimi che mi chiedono di far cadere il governo: ragazzi, capisco che è diventata la mia specialità, ma prima di buttare giù il governo bisogna che almeno lo facciano!».

Per il momento la nuova coalizione vuole crescere grazie ai litigi del centrodestra, che sono certi arriveranno: «Superata questa contrapposizione da campagna elettorale – dice Fregolent – arriveranno da noi quelli che non vogliono morire di destra o di sinistra». E il Terzo polo li aspetta.

Matteo Renzi finora, sottolineano i suoi, non ha mostrato manie di protagonismo, anzi, «ha lasciato spazio a Calenda per essere leader del Terzo polo». Ma non sarà strategia? Renzi, imputato nel processo per la fondazione Open con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, con frequentazioni con il principe saudita Mohammed bin Salman, e voli in jet privato da tonnellate di CO2, non è propriamente popolare: «Non è un leader amato – dice Fregolent – ma io gli voglio bene. Sarà una persona divisiva, ma gli riconoscono un fiuto politico senza eguali». E ai suoi sta benissimo: «Fino a ieri non pensavo nemmeno di essere eletta – dice Fregolent – adesso mi godo la riconferma».

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