Quando Nichi Vendola era governatore della regione Puglia nel 2013 decise che era giusto rinunciare alle indennità di fine mandato e impose ai consiglieri regionali dell’epoca il taglio di alcuni privilegi. Ora quella scelta è stata cancellata, esattamente dagli stessi consiglieri a cui fu imposta.

I capigruppo di tutte le liste presenti in consiglio regionale hanno depositato un emendamento in cui si ripristinano in maniera retroattiva gli indennizzi di fine mandato. 

Il tutto è accaduto nella riunione del 27 luglio, con un emendamento presentato in relazione all’approvazione di un debito fuori bilancio, provvedimento diventato di ordinaria amministrazione nell’era della pandemia.

Resta da capire in che modo il reinserimento del Tfr e gli stanziamenti emergenziali della regione siano collegati. Secondo Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia, tra i presentatori dell’emendamento, si tratta di un atto di routine «I debiti fuori bilancio vengono approvati per legge ma nell’ambito della nostra attività di consiglio regionale non abbiamo quasi mai seguito l’oggetto specifico di una norma – spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia – molto spesso noi abbiamo inserito in leggi che parlavano di un oggetto anche norme che riguardavano altre questioni».

Si parla di un indennizzo di circa 7100 euro lordi all’anno per ogni consigliere. Per cinquanta componenti significa 355mila euro all’anno di spesa per le casse della regione. Quasi due milioni a legislatura.

Con valore retroattivo

Nell’emendamento è poi specificato che la modifica ha valore retroattivo e dunque sono coinvolti tutti i consiglieri eletti, o subentrati, per un periodo minimo di sei mesi e facenti parte di tre legislature. La prima in cui a guidare la regione c’era Nichi Vendola, tra il 2010 e il 2015, durante la quale l’indennità fu cancellata. La seconda, nel corso del primo mandato di Michele Emiliano, tra il 2015 e il 2020 e la terza sempre con l’ex sindaco di Bari, cominciata a maggio dello scorso anno che si concluderà nel 2025.

Ai beneficiari è poi riservato un ulteriore comfort di tipo fiscale, ovvero quello di poter pagare tasse per il solo 1 per cento sugli emolumenti. Pressione di cui nessun altro lavoratore può beneficiare nella vita professionale.

Quando a Zullo, sostenitore di Giorgia Meloni in regione, si fa notare che c’è stata un’inedita convergenza di tutte le forze politiche sulla proposta lui non entra nel merito. “E’ una norma approvata dal Consiglio regionale, di cui ovviamente facciamo parte tutti quanti – spiega il capogruppo della fiamma tricolore – è una responsabilità collettiva”. E alla domanda sull’opportunità di una spesa, la risposta è chiara: è stata approvata dagli uffici della Regione, quindi è tutto legittimo.

A firmare l’emendamento sono stati Filippo Caracciolo (Pd), Gianfranco Lopane (Con Emilano), Davide Bellomo (Lega), Stefano Lacatena (Forza Italia), Paolo Pagliaro (La Puglia domani), Ignazio Zullo (Fratelli d’Italia), Paolo Soccorso Dell’erba (Misto), Massimiliano Stellato (Popolari con Emiliano) e Grazie Di Bari (M5S).

Tra i depositari i capigruppo di Lega e Fratelli d’Italia oltre a ripristinare un beneficio per tutti, intervengono anche sui loro personalissimi conti. Bellomo fu una delle “vittime” della decisione di Vendola, lui ricopriva la carica di consigliere regionale nella legislatura 2010-15, mentre il consigliere di Fratelli d’Italia è immarcescibile: siede tra gli scranni del Consiglio dal 2005.

L’unica voce di dissenso è quella che arriva da Antonella Laricchia, assente alla votazione per motivi di salute. Lei che è stata eletta nelle fila del Movimento Cinque Stelle ed è legata alla frangia integralista che fa capo all’ex Alessandro Di Battista, rimane l’unica opposizione penstalleata in Consiglio. Gli altri eletti all’indomani delle elezioni hanno subito afferrato la mano tesa di Michele Emiliano che da anni ormai lavora all’accordo in regione con il Movimento.

Laricchia ha affidato ai social la rabbia per una decisione che ha visto protagonisti anche i suoi colleghi ormai divenuti ex dopo l’ennesimo atto di rottura con le origini del partito. «Già nella scorsa legislatura avevano provato a reintrodurre il Trattamento di Fine Mandato, per il quale non avevano versato un solo euro, non riuscendoci grazie all’opposizione del M5S (che nella scorsa legislatura seguiva ancora i principi per i quali è nato)».

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