«La sinistra è un ostacolo al miglioramento delle condizioni delle persone che vorrebbe rappresentare e viene percepita come un problema con P maiuscola. Bisogna ripartire dalle fondamenta: chi siamo? Cosa vogliamo? Tornare a una narrazione del noi, della comunità».

Aboubakar Soumahoro, 42enne di origine Ivoriana eletto deputato nella coalizione di centrosinistra con la lista Europa Verde dopo anni di impegno nella lotta per i diritti delle braccianti e dei braccianti, delle persone rese invisibili e dimenticate, risponde al telefono mentre sta facendo il biglietto per un treno diretto a Modena, dove era candidato all’uninominale ed è stato battuto dalla candidata di Fratelli d’Italia.

Dice che prenderà il prossimo, così possiamo parlare. Non del Pd, però, che non gli sembra corretto entrare nel merito di questioni interne a un partito che non è il suo ma ha le idee chiare sul perché la sinistra non si sente tanto bene: «La rincorsa a chi sarà il prossimo capotreno non funziona, intanto tracciamo la direzione del treno». In sottofondo chiacchiericcio, rumori metallici. La stazione come luogo fisico e ideale.

Aboubakar Soumahoro, che fotografia ci lascia l’Italia del voto?

Teniamo presente un dato, che secondo me è importante: parliamo delle elezioni politiche con la minore partecipazione nella storia della Repubblica.

Astensionismo altissimo con 16,5 milioni di cittadine e cittadini che non hanno votato, un dato in crescita di 9 punti rispetto al 2018 quindi 4milioni in più.

Non possiamo sottovalutarlo perché dimostra la crisi dell’autorevolezza del sistema di partecipazione del Paese, tendenza che si è verificata anche in Francia e si manifesta un po’ ovunque.

C’è una disaffezione rispetto alla politica in relazione alle sofferenze, bisogni, desideri e aspettative delle persone. Questo è un problema per la democrazia.

Donne e giovani sono quelli che hanno votato meno. Un caso?

Ovviamente no. Partiamo dal fatto che ci sono tante disuguaglianze diverse: se pensiamo alle disuguaglianze termiche, abbiamo 3,2 milioni di persone che non si possono riscaldare, e tra questi la maggior parte sono donne e giovani, che sono anche tristemente protagonisti delle disuguaglianze salariali, di genere e di generazione.

La politica celebra l’8 marzo ma poi lascia le donne sole, stessa cosa per i giovani: eco-ansia oppure problematiche legate all’adolescenza, quali risposte? Non c’è connessione con questa parte di società, non c’è un’idea di futuro.

È un dato che oggi la sinistra non goda di buona salute, qual è la sua idea?

Se osserviamo - e io ho girato casa per casa, strada per strada - oggi la sinistra è un ostacolo al miglioramento socio-lavorativo e al benessere psico-fisico delle persone che vorrebbe rappresentare.

È vista come il problema da 4,3 milioni di lavoratrici e lavoratori che percepiscono un salario da fame, da 5,6 milioni di persone sotto la soglia di povertà, dai giovani che lottano per la crisi climatica e per l’uguaglianza dei diritti.

E’ un ostacolo per l’affermazione di quell’idea di politica che deve ripartire dalla capacità di ascoltare, calandosi nel fango della miseria e della sofferenza, per interpretare temi e processi come le migrazioni e l’idea di una politica della pace.

Se come alternativa alla Legge Bossi-Fini e ai blocchi navali si propone il Memorandum di intesa Italia-Libia, abbiamo un problema.

Come puoi chiamare sinistra chi definisce i giovani che vanno all’estero cervelli in fuga invece di ragionare sulle motivazioni?

Non è con gli esercenti che affrontano bollette triplicate, con il mondo operaio o delle partite Iva abbandonati a loro stessi, con le donne che non riesco a conciliare i tempi di vita e di lavoro, con chi vive il dramma di non avere una casa.

Non ha la capacità di costruire idea di comunità, non riesce a respirare la parola immaginazione e si è ridotta a svolgere la funzione di manutentrice o manutentore di un edificio che sta crollando. Chi ci vive dentro, sa che il manutentore è il problema.

Che cosa è successo?

C’è stato un divorzio sentimentale e linguistico: non sono più stati in grado di immedesimarsi nelle sofferenze, nei drammi, nei desideri e nei bisogni delle persone.

Non vivono quei luoghi, c’è una rottura sentimentale e fisica. Poi il divorzio linguistico, perché non si capisce il linguaggio, non trasferisce emozione, empatia ed entusiasmo. Non si capisce. Questo è il punto. Parla all’io e non al noi, parla all’istante e non al futuro. Ha cessato di parlare al presente.

La sinistra si è arroccata su se stessa ed è diventata invisibile anche a se stessa. Non la si vede in giro: non nelle fabbriche, non accanto agli imprenditori, non è con i giovani alle manifestazioni per la giustizia climatica e non è accanto alle donne. La sinistra ha smarrito se stessa rincorrendo il nuovismo ma il divorzio può esser recuperato dandosi un’identità.

I Wu-Ming dicono che la sinistra senza conflitto non esiste, cosa ne pensa?

Il conflitto è la capacità di interrogare il presente in termini di lettura e analisi, la capacità di interrogare le necessità. Sento in sottofondo che hai un bambino che piange e tu in questo momento stai lavorando. Questo è un esempio concreto: quali risposte sta dando la sinistra alle madri che lavorano? Che risposte sta dando a te? Chiediamoci anche che cos’è oggi la classe sociale, è statica o complessa?

Gli invisibili e gli ultimi delle periferie respingono la sinistra perché è considerata la pianta che causa l’allergia, intesa come disuguaglianze, povertà, mancanza di futuro.

Torniamo alla politica del noi, con una sinistra che fa sorridere ogni persona e non che dice facciamo piangere i ricchi. L’obiettivo è far uscire le persone dalla povertà, sia materiale sia immateriale”.

Da dove ripartire per ricostruire una sinistra in grado di riconquistare la fiducia - e quindi il voto - delle persone?

Dalle fondamenta: chi siamo? Cosa vogliamo? Darsi un’identità e un’anima. Oggi la sinistra è impegnata nella manutenzione di un esistente inesistente.

Si dovrebbe ripartire dal collettivo, dal noi, parlando il linguaggio di chi ha fame o subisce discriminazioni, di chi ha problemi sul lavoro, degli immigranti, dai diseredati, che sono quella parte di società che si sveglia la mattina e cerca di dare un futuro al paese. Calarsi in modo radicale nel fango delle incertezze, ascoltare, che è un esercizio di resistenza.

Non si può fare in tre settimane di campagna elettorale ma è necessario esserci tutti i giorni. Poiché tutto questo a volte sembra impossibile io penso che bisogna rimettersi all’opera, e, come diceva Antonio Gramsci, ricominciare dall’inizio”.

In questa ricerca di identità e anima, come si posiziona l’idea di partito?

L’idea di sinistra ha bisogno di organizzazione perché non si riduca a spirito spontaneista e deve essere capace di farlo superando il burocratismo politico e partitico, evitando la corsa al presentismo e pensando alle generazioni future.

Non confondiamo le tante anime ed energie che sul territorio si muovono e lavorano ogni giorno, portando avanti l’idea del fare politica con abnegazione e generosità.

Ne ho incontrate e sono tantissime. E’ necessario però fare una sintesi. Riabbracciamo il noi, dove dentro ci sono le pluralità di energie, l’associazionismo laico e religioso, le forze del lavoro, ci sono i giovani e le donne, la comunità lgbtq+. Dentro questa prospettiva si deve trovare un’idea di domani e di futuro, un respiro lungo, un sogno collettivo. I manutentori non possono portare nuove energie. Il punto risiede lì dentro.

Che cosa farà Aboubakar Soumahoro, deputato in parlamento?

Andrò casa per casa, strada per strada, continuerò ad ascoltare mettendomi al servizio di questa prospettiva del noi come essenza della politica autenticamente nuova.

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