Il Movimento 5 stelle non ha ancora deciso a chi donare 7 milioni e mezzo di euro che i parlamentari hanno versato su un conto dedicato. Non è una novità. L’ultima donazione risale a marzo 2020. Da allora, tutto è fermo. 

Una volta, infatti, agli inizi del Movimento, i soldi restituiti dai parlamentari finivano automaticamente al Fondo per il microcredito che, nella classifica delle destinazioni, è al secondo posto con 26 milioni di euro stanziati. Prima destinazione rimangono le casse dello stato che negli anni, grazie al M5s, hanno risparmiato oltre 49 milioni di euro in indennità e rimborsi elettorali. Non poco, anche se al Senato l’indennità di chi ha incarichi in aula o in commissione può essere sempre recuperata e non è escluso che qualche parlamentare possa approfittare di questa possibilità prima della fine della legislatura.

Più di recente si è deciso che fossero gli iscritti a scegliere a chi donare i soldi. Così tra i beneficiari sono comparsi l’iniziativa Facciamo Ecoscuola e la Protezione civile, che hanno ottenuto rispettivamente 3 e 2 milioni di euro, ma anche la lotta all’emergenza Covid-19 (3 milioni). A seguire il Fondo di ammortamento dei titoli di stato (1,6 milioni di euro), il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile (1,2 milioni di euro), il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (700mila euro), il supporto alle famiglie delle forze dell’ordine (600mila euro), il Fondo contro la violenza sulle donne (500mila euro). 

Lo stallo

L’ultima donazione, però, risale a inizio 2020, poi tutto si è bloccato. Una votazione degli iscritti era prevista per metà settembre. I vertici del Movimento avevano già raccolto, in un documento condiviso, i suggerimenti di deputati e senatori per le destinazioni. L’elenco era stato poi vagliato dai direttivi dei gruppi parlamentari. Ma la risposta non era arrivata in tempo per la data fissata per il voto, il 16, e quindi la consultazione è stata rinviata a data da destinarsi. E pensare che una consultazione degli iscritti aiuterebbe Conte a risolvere il problema dei fondi bloccati regalando visibilità al Movimento, ma soprattutto invoglierebbe gli eletti a tornare a donare il contributo mensile.

Il nuovo corso del M5s prevede che deputati e senatori diano ogni mese 2.500 euro al Movimento, 1.000 per le spese interne del partito e 1.500 in beneficenza. Fin dall’inizio dell’èra contiana le restituzioni degli stipendi dei parlamentari hanno raggiunto livelli decisamente inferiori rispetto alle origini del Movimento e ultimamente sono sempre di meno gli eletti in regola, anche perché il sito tirendiconto.it, dove tutti i versamenti erano registrati da Rousseau, non esiste più.

Attualmente deputati e senatori stanno versando solo la fetta destinata al Movimento. «Donare dei soldi che poi stanno fermi in un conto in banca anche no. Se almeno si votasse saprei che quel che ho versato finora verrebbe destinato a qualcosa di utile, a quel punto potrei anche essere più incline a pagare», dice un deputato. Ma tutto tace. Il conto intestato ai due capigruppo, Ettore Licheri e Davide Crippa, e a Vito Crimi, l’ex capo politico, è ancora lì, intonso. 

Ed è improbabile che la situazione evolva a breve. Non è prevista la possibilità che i soldi depositati sul conto siano destinati ad altri usi se non la beneficenza e per lanciare la votazione serve un cenno di Conte. È il capo del Movimento che deve scegliere la data e dal direttivo della Camera spiegano che tutti sarebbero felici di votare al più presto. 

La promessa

E pensare che il 19 agosto Giuseppe Conte  aveva promesso che parte dei fondi delle restituzioni sarebbero state destinate all’accoglienza dei rifugiati afghani. «Ci siamo già mossi come Movimento 5 stelle, perché voi sapete che noi abbiamo le restituzioni dei parlamentari e anche dei consiglieri regionali. Ecco, chiederò, e sono sicuro che ci sarà una grande disponibilità da parte di tutti, che parte di quei soldi siano destinati a finanziare corridoi umanitari e accoglienza per tutte queste persone». Una parte dei parlamentari aveva criticato la proposta sottolineandone la scarsa resa elettorale, ma poi le parole del leader, come dimostra quello che è accaduto in questi mesi, sono cadute nel vuoto. 

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