Il terzo mandato non è un problema soltanto per Fratelli d’Italia, Lega e Partito democratico. È un guaio anche per il Movimento 5 stelle. Non tanto però quello che riguarda sindaci e presidenti di Regione (sull’emendamento della Lega i grillini non avrebbero problemi a sostenere il voto contrario della premier), ma parlamentari ed europarlamentari. A cui Beppe Grillo ha appena negato ogni speranza in un terzo giro con un post. 

Puntuale come prima di ogni elezione, infatti, si ripresenta il dilemma del vincolo dei due mandati, che continua a gravare sugli eletti grillini fin dalla fondazione del Movimento. Grillo non accenna a mollare e, con l’eccezione di alcune piccole aperture verso ulteriori incarichi a livello comunale, il tetto resta in piedi e infrange regolarmente i sogni di chi vorrebbe continuare l’esperienza nelle istituzioni.

A differenza delle altre volte, Conte a questo giro non potrà però promettere deroghe da negare all’ultimo minuto: il fondatore del M5s gli ha sfilato questa possibilità con un post pubblicato in mattinata. «La regola del doppio mandato è uno dei motivi fondanti per cui è nato il MoVimento 5 Stelle. La politica non deve diventare una professione.

I due mandati sono l'interpretazione della politica come servizio civile. Auspico che il nostro paese possa farne Legge di Stato», illustrato da due atleti che si passano il testimone. Il messaggio è chiarissimo, ma sotto il post del fondatore non ci sono like di grillini di peso nella nuova legislatura. Spunta solitario il commento dell’ex ministro Danilo Toninelli che – tornato ormai alla sua vita precedente – scrive entusiasta «Ti adoro Beppe Grillo!»

Considerato che il fondatore si è ormai ritirato quasi del tutto dalla politica attiva, le interpretazioni del post da parte di chi conosce bene il M5s sono due: o a sollecitarlo è stato lo stesso Conte, che voleva spegnere sul nascere eventuali rivendicazioni, oppure la questione è stata segnalata all’attenzione di Grillo da chi ha notato che la campagna elettorale sarda ha creato un precedente enorme nella storia del Movimento.

Alessandra Todde, infatti, si è candidata a mandato in corso senza la certezza di come sarà conteggiata un’eventuale elezione. Se dovesse candidarsi qualcuno che sta svolgendo il secondo mandato, come andrebbe interpretato il tetto?

In attesa di una risposta univoca, a via di Campo marzio si lavora per compilare liste che garantiscano meno defezioni di quello eletto nel 2019. A contribuire allo scontento che ha provocato tanti addii anche la mancanza di una famiglia di appartenenza, circostanza che ha limitato parecchio lo spazio di manovra dei grillini a Strasburgo e Bruxelles.

Da quel punto di vista, per altro, non ci sono miglioramenti in vista: le trattative con i Verdi sono congelate se non peggio, e nessun altro per ora ha dimostrato interesse per il Movimento o attirato il suo. 

Effetto valanga

In più, a poche settimane dal voto a Bruxelles hanno lasciato il Movimento in due: il vicepresidente del parlamento Fabio Massimo Castaldo – già in odore di addio da parecchio – e la deputata Federica Onori, entrambi approdati in Azione.

Castaldo porta con sé un certo seguito nel Lazio, ma era da tempo entrato in rotta di collisione con Giuseppe Conte. Ma soprattutto, è al secondo mandato. Fino all’ultimo ha atteso un cenno da Roma, ma di fronte al silenzio ha preferito vagliare altre strade che potessero garantirgli la rielezione. 

Il fatto che si sia mosso insieme a Onori ha aperto però una breccia anche nei finora granitici gruppi parlamentari a Roma, com’era successo nella XVII legislatura con Walter Rizzetto, che aveva dato il via all’emorragia dei Cinque stelle, o ancora peggio nella XVIII. E, a distanza di pochi giorni, ecco che il senatore Raffaele De Rosa (primo mandato) decide l’addio e si rivolge a Forza Italia, mentre si starebbe avviando verso l’uscita anche un altro deputato al secondo mandato.

Le defezioni però paradossalmente fanno il gioco di Conte, che può proporre alla base di scegliere lui stesso candidati più affidabili da inserire in lista. L’ha già fatto alle ultime regionali, figurarsi se non succederà alle europee, per cui ha già individuato il suo capolista per il meridione, nientemeno che Pasquale Tridico, l’inventore del reddito di cittadinanza.

Si tratta di un esempio calzante di come Conte non abbia remore a fare piazza pulita degli uscenti: a pagare le spese della candidatura dell'ex presidente dell’Inps, infatti, è Mario Furore, europarlamentare uscente pugliese.

Negli ultimi mesi si è mostrato attivissimo per coordinare la strategia del M5s alle elezioni comunali di Foggia – città d’origine di Conte – e in generale non ha lesinato approvazione nei confronti del presidente. Con Tridico capolista, Furore è automaticamente confinato dalla regola dell’alternanza di genere al terzo posto in lista, dove le sue possibilità di essere eletto si riducono in maniera rilevante. 

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